Dimmi cosa mangi e ti dirò quanta attività fisica fare: la proposta di nuove etichette per controllare il consumo calorico. Dubbi di dietologi e persone con disturbi alimentari
Dimmi cosa mangi e ti dirò quanta attività fisica fare: la proposta di nuove etichette per controllare il consumo calorico. Dubbi di dietologi e persone con disturbi alimentari
Beniamino Bonardi 28 Aprile 2016In un articolo pubblicato dal British Medical Journal (BMJ), la Chief Executive della britannica Royal Society of Public Health, Shirley Cramer, rilancia la proposta di inserire nelle etichette delle bevande e degli alimenti un’indicazione su quanto tempo di attività fisica sarebbe necessario per smaltire le calorie. In questo modo i consumatori sarebbero indotti a scelte alimentari più sane o a fare più esercizio fisico. Secondo una ricerca della stessa Royal Society of Public Health, il 63% delle persone sarebbe favorevole all’indicazione e il 53% cambierebbe i propri comportamenti. Confrontando la reazione dei consumatori di fronte alle etichette con il riferimento all’attività fisica, rispetto a quelle a semaforo (adottata in Gran Bretagna a livello volontario), lo studio osserva che le persone sono tre volte più disponibili a impegnarsi in un’attività fisica se vedono l’indicazione sulle calorie.
La proposta suscita alcune perplessità. Secondo la dietologa ed esperta di comunicazione alimentare, Christy Brissette, interpellata dalla tv canadese CTV Channel, la gente tende a sottovalutare le calorie ingerite rispetto a quelle consumate. Il rischio è che l’informazione venga utilizzata per giustificare il mangiare in eccesso, ipotizzando qualche minuto in più in palestra. Sul britannico The Guardian è intervenuta Caroline Jones, che da giovane ha combattuto per dieci anni con la bulimia dicendo che il nuovo sistema è in realtà parte del problema stesso e cioè l’ansia che circonda il mondo del cibo. Per chi soffre di bulimia, le indicazioni sull’attività fisica potrebbero essere vissute come un’altra indicazione colpevolizzante della mancanza di autocontrollo.
Secondo Caroline Jones bisognerebbe allontanarsi dalle etichette e tornare ai concetti base: fare tre pasti bilanciati al giorno, includendo carboidrati, grassi e proteine. Inserire uno spuntino se si ha fame e non escludere categorie di alimenti. La Chief Executive della Royal Society of Public Health, Shirley Cramer, replica alle preoccupazioni sulle possibili implicazioni negative per le persone che soffrono di disturbi alimentari, sottolineando che da una parte bisogna continuare a diffondere i messaggi sull’importanza di una sana e variegata alimentazione, dall’altra «abbiamo la responsabilità di promuovere misure contro le più grandi sfide della salute pubblica della nostra società, come l’obesità».
vorrei ripetere ciò che ho già espresso altre volte: bisognerebbe insegnare gli elementi base per una sana nutrizione , comprese nozioni essenziali di merceologia, a tutti gli studenti delle scuole, perché è solo con una buona formazione che gli adulti di domani cresceranno consapevoli del valore del cibo.