Il biologico da molti è ancora considerato un cibo un po’ snob – quantomeno per i prezzi – apprezzato da persone attente all’ambiente, alla salute, alla ricerca di equilibri meno frenetici e consumistici. Quello che non tutti sanno è che il biologico ha modificato la concezione del settore agroalimentare, ha impresso una svolta, in chiave soprattutto economica.
“Il futuro del biologico“, di Fiorillo Vitaliano, edito da Egea, affronta questi concetti confrontando la crisi dell’agroalimentare con la crescita del biologico negli ultimi dieci anni. Cosa fare di questa crescita? Potrebbe essere un modello per trasformare tutto il settore, oppure essere osteggiato. Il consumatore, infatti, è cambiato: più attento alle qualità organolettiche, alla salute sua e dell’ambiente, alle capacità di chi sa fare il proprio mestiere. E di questo dovrebbe tenere conto il sistema produttivo.
Come si legge nell’introduzione, fino all’avvento del biologico «il principio fondante dell’industria alimentare è stato fornire ai consumatori prodotti molto complessi, a prezzi ragionevoli, in grandi quantità e quasi immediatamente disponibili. Coerentemente con questa impostazione, la qualità del prodotto alimentare industriale risiede in un processo trasformativo, dal procurement alla distribuzione, in grado di garantire sicurezza per il consumatore, performance, ripetibilità e caratteristiche organolettiche costanti». Ora questo paradigma sembra subire modifiche, sebbene senza scossoni che ne ribaltino del tutto l’impalcatura. Attraverso un’analisi fondata sul dialogo con i protagonisti del settore, il libro disegna le caratteristiche di un futuro modello di distribuzione in grado di consegnare al cliente il vero valore del biologico.
Prezzo: € 21,20 cartaceo – 13,99 € e-pub
© Riproduzione riservata
redazione Il Fatto Alimentare
Quando il grande business si accorge di un potenziale affare non si limita a realizzarlo, ma pretende di manipolarne i principi ispiratori pontificando ed appropriandosene, come se li avessro scoperti, mentre sono sempre in drammatico e costante ritardo sulle reali necessità della società e dell’ambiente.
Anche il bio ne è un esempio, dove i principi ispiratori ed i pionieri, attivi da almeno una trentina d’anni, stanno passando in secondo e terzo piano, soppiantati da moderni soloni del business.
Ho ancora presente un’affermazione imperante di un professore, leader nazionale della nutrizione mediterranea, che pretendeva di rappresentare il vero mondo del bio, che a suo dire era realizzabile solamente sotto controllo della sua ricerca universitaria, disconoscendo le vere origini tradizionali, sia dele coltivazionil biologiche, biodinamiche e della dieta mediterranea.
Il cappello filosofico e scientifico sui principi morali, etici, biologici della natura, è qualcosa di molto stonato se lo indossano i fautori della distruzione industriale pianificata dell’agricoltura, dell’ambiente ed in fondo alla catena, anche della salute e benessere delle persone e degli animali.