Dalla Nuova Zelanda e dall’Australia arrivano nuovi dati preoccupanti sull’esposizione di bambini e adolescenti alle pubblicità di cibo spazzatura. L’Università neozelandese di Auckland ha fatto una ricerca sulle pubblicità alimentari nelle cinque principali riviste rivolte a lettori tra i 10 e i 17 anni d’età, rilevando che quelle di cibi non sani sono le più frequenti, mentre sono rare (3%) quelle riferite ad alimenti sani, come frutta e verdura.
La distinzione tra cibi sani e non sani si è basata sulle indicazioni del Ministero della salute neozelandese. Stefanie Vandevijvere, ricercatrice del Dipartimento di Epidemiologia dell’Università di Auckland, osserva che i risultati dello studio sollevano preoccupazioni sull’efficacia dei sistemi di autoregolamentazione della pubblicità rivolta a bambini e adolescenti, evidenziando la necessità di norme governative.
Analogo scetticismo sull’efficacia dei codici di autoregolamentazione pubblicitaria viene sollevato da uno studio dell’australiano Cancer Council, che ha esaminato due settimane di pubblicità su tre canali televisivi di Sidney, dalle sei del mattino alle nove di sera. Se raffrontati con i criteri nutrizionali della Food Standards Australia New Zealand, oltre il 60% dei 116 spot alimentari rivolti ai bambini riguardano cibi che vanno considerati malsani.
Inoltre, l’autoregolamentazione consente una scappatoia ai fast food, perché prende in considerazione solo i menù per bambini, che però vengono esposti alla pubblicità degli altri prodotti non destinati specificatamente a loro.
Beniamino Bonardi
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