Quando si parla di tassazione di tabacco, alcol e cibi nutrizionalmente poveri, sarebbe bene abbandonare l’espressione “fiscalità comportamentale”, che è inappropriata e andrebbe sostituita con quella di “contributo alla salute pubblica”. Si tratta di una modifica lessicale, che eliminerebbe un aspetto morale e colpevolizzante, e che dovrebbe essere accompagnata da una chiara evidenza, sinora mancante, del legame tra questo contributo fiscale e i costi sanitari e finanziari dei consumi che si intende disincentivare.
Lo afferma un rapporto redatto per conto della Commissione affari sociali del Senato francese dai parlamentari Catherine Deroche et M. Yves Daudigny, in cui si evidenzia come la fiscalità comportamentale dell’ultimo decennio, applicata a sigarette, alcolici e bevande zuccherate, non sia stata accompagnata da alcuna politica attiva di salute pubblica.
Fatta questa premessa, il rapporto afferma che non sembra logico che quasi tutti i prodotti alimentari godano di un’aliquota Iva ridotta, compresi quelli che non contribuiscono alla salute pubblica, come le bevande zuccherate e gli energy drink, che dal punto di vista fiscale sono posti sullo stesso piano dell’acqua minerale e dei succhi di frutta fresca.
In conclusione, il rapporto chiede di aggiornare la lista degli alimenti che possono beneficiare dell’aliquota Iva ridotta, tenendo conto delle loro caratteristiche nutrizionali, e di ripensare i messaggi relativi alla salute delle pubblicità alimentari.
Beniamino Bonardi
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