Destreggiarsi tra i vari tipi di ricotta venduta al supermercato non è semplice. Nel banco frigorifero si trovano latticini ottenuti con latte vaccino, di pecora, di capra, e anche le confezioni light in diversi formati (tema già affrontato sulle nostre pagine). Nonostante la ricotta sia considerata un prodotto magro e questo aspetto abbia favorito la diffusione negli ultimi anni, pochi sanno che non esiste uno standard unico di riferimento. Per questo motivo molti produttori aggiungono quantità di crema di latte a piacere per dare più gusto, aumentando così le calorie e vanificando le proprietà “light” che ne fanno il prodotto principe di molte diete dimagranti. Oltre a questo aspetto l’incremento del consumo è favorito anche dalla crisi economica che porta a un maggiore impiego in cucina di un alimento considerato molto versatile e a ridotto contenuto di grassi. Nel vasto assortimento a disposizione troviamo anche confezioni di ricotta light, anche in monoporzione, da consumare non come ingrediente, ma come secondo piatto vero e proprio a basso tenore calorico.
Per chiarire la situazione siamo andati nel supermercato Bennet di Torino, dove abbiamo trovato cinque diverse marche di ricotta. Il primo elemento che balza all’occhio tra le cinque ricottine è che le differenze di ingredienti sono poche: tutte sono preparate con siero di latte, crema di latte, sale e un correttore di acidità. Soltanto Santa Lucia non contiene la crema di latte. Anche le indicazioni sono simili, ma in alcuni casi le diciture sono scritte con caratteri tipografici talmente piccoli da risultare quasi illeggibili, come nel caso di Elda ricotteria e di Santa Lucia. Queste due ricottine sono vendute in confezioni singole, e il poco spazio a disposizione penalizza le informazioni nutrizionali. Nel formato da 2 pezzi in monoporzione, il supporto in cartone è in grado di ospitare agevolmente le diciture.
Dal punto di vista nutrizionale invece le confezioni presentano notevoli differenze soprattutto per quanto riguarda il contenuto di grassi che nella ricotta light rispetto a quelle tradizionali è effettivamente inferiore del 40-50%. Ma non tutto è proprio lineare, visto che la ricotta Elda ha una percentuale di grassi simile al prodotto light e un valore calorico del tutto confrontabile. Si arriva al paradosso che la ricotta Elda infatti è addirittura meno calorica della Santa Lucia in versione light. A questo punto viene spontaneo chiedersi se esiste una ricetta per la ricotta “tradizionale”, oppure se ogni azienda elabora a piacimento un prodotto standard e uno light.
Le stranezze continuano quando si scopre che Vallelata risulta campione di calorie e grassi: 165 kcal, pari al 13% in più rispetto alla tabella nutrizionale fornita dall’INRAN per la ricotta vaccina (146 kcal/100 g e 10% di grassi). Coop, qui non riportata in tabella, con le sue 142 calorie e 10 grammi grassi, si avvicina ai valori INRAN, mentre Esselunga con 154 kcal e 12% di grassi figura tra quelle meno leggere. Nonostante queste variazioni che tradiscono una scarsa uniformità del prodotto, la ricotta rimane un alimento magro, distante dai valori dei formaggi come la crescenza, che contiene mediamente 281 calorie per 100 g e il 23% di grassi.
Infine il prezzo: la ricotta più economica è quella marchiata Bennet (5,25 €/kg), le altre costano dal 9 al 12% in più, tranne Santa Lucia che svetta fino a 9 €/kg, ( il 70% in più). Attenzione però, come spesso capita quando sullo scaffale sono esposti prodotti di grandi aziende, la ricotta Santa Lucia viene venduta con uno sconto del 50%, per cui alla fine il prezzo risulta quello più conveniente di tutto lo scaffale (4,50 €/kg).
Valeria Torazza
Foto: photos.com
© Riproduzione riservata
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analisi di mercato
Uso la Vivi Verde della Coop ed è discreta, ma tutte le ricotte confenzionate non hanno niente a che vedere come consistenza e sapore con la ricotta fresca.
Buongiorno,
grazie Valeria perchè è sempre interessante vedere a confronto diverse marche di uno stesso prodotto.
L’articolo però non mi impressiona poi molto poichè la ricotta confezionata ha sempre avuto una quota parte di grasso, altrimenti nessuno la mangerebbe poichè dopo anche solo 2 settimane di conservazione sarebbe un prodotto secco e senza alcun tipo di gusto. Pensate alla ricotta “vera” che comprate dal salumiere del mercato il sabato mattina, già il giorno dopo non è quasi più buona.
Io credo che sia necessario rallentare un attimo e fermarci a riflettere che il mercato propone dei prodotti perchè noi li abbiamo richiesti così con il tempo e le nostre esigenze.
Il vero scandalo sta che un prodotto ottenuto da uno “scarto” di lavorazione costi 28-30 e/kg, questa è l’assurdità.
Prima cosa 28-30 euro al kg per la ricotta sono un po fantasiosi, basta guardare la tabella di confronto. Secondo, ma forse più importante, il siero di latte non è un prodotto di scarto, nemmeno tra virgolette, che nessuno sano di mente si sognerebbe di buttare. La trasformazione in ricotta ( o in derivati nobili come sieroproteine e lattosio)è un importantissimo recupero di nutrienti importanti
hai ragione, ho sbagliato a leggere, pensavo che il prezzo indicato fosse a confezione. Perdona l’errore. il siero di latte è un prodotto di scarto, io ho messo le virgolette di proposito proprio perchè porta degli elementi nutritivi importanti, ma di fatto è e rimane uno scarto di lavorazione del formaggio. nessuno ha mai accennato al fatto di buttarlo.
sul sapore diverso tra ricotta fresca sfusa e fresca confezionata non mi permetto di disquisire ma la percentuale di grasso è ( solitamente) maggiore in quella sfusa e la dimostrazione empirica è la consistenza più pastosa e “lucida”. Al siero di latte dopo la coagulazione viene quasi sempre aggiunta della panna (antica tecnica casearia dei produttori di grana padano e parmigiano)e quindi la ricotta non è un “formaggio magro” (tecnicamente non è nemmeno un formaggio perchè non c’è la caseina)
Una piccola precisazione: la ricotta non è un formaggio solo in base alla nostra antidiluviana definizione di formaggio (un regio decreto del 1925 la cui piena applicazione toglierebbe dalla lista dei formaggi molte centinaia di migliaia di tonnellate di prodotti anche DOP). La legislazione corrente Europea (sono regolamenti e quindi non se ne discute l’applicabilità diretta)mette la ricotta nella categoria dei “formaggi di siero” e le restituisce la dignità che le era negata. Da sottolineare che nel mondo è sempre stata un “whey cheese” con buona pace del Regio Governo del 1925.
Alla ricotta non è assolutamente aggiunto il grasso o la panna, la lucidità è data dal latticello che rimane all’interno delle maglie proteiche, il grasso viene introdotto solo nelle ricotte confezionalte, tant’è che se si spettano un paio di giorni a consumarla ha perso sia la lucidità che la morbidezza.
Una banale domanda: ma chi controlla la veridicità delle tabelle nutrizionali dichiarate dalle aziende?
Esiste un controllo esterno o è semplicemente lasciato all’ onestà (!!!!!) delle ditte produttrici, ben consapevoli di quanto i contenuti nutrizionali dichiarati influiscano ormai sulle scelte dei consumatori?
Grazie!