Quanto resveratrolo (*) è presente nei nutraceutici in vendita on line? Un gruppo di ricercatori dell’Università di Parma e di Ferrara ci aiuta a dare una risposta. Sulla rivista Molecules del 2012 hanno pubblicato l’articolo “trans-Resveratrol in Nutraceuticals: Issues in Retail Quality and Effectiveness“ in cui riportano dati riguardanti la valutazione dei livelli di questa sostanza in quattordici integratori di diverse marche venduti in internet.
Sotto la lente degli studiosi sono passate sia le capsule di resveratrolo puro, sia le formulazioni multi-ingrediente con quantità standardizzate del principio attivo abbinato ad altre sostanze fitochimiche.
Le analisi hanno permesso di quantificare i livelli di trans-resveratrolo e di altri fitonutrienti nei vari prodotti. Per la valutazione sono stati presi in considerazione i “requisiti di buona prassi di lavorazione” secondo cui la quantità effettiva di principio attivo presente nell’integratore, può variare del 5%, in più o in meno, rispetto al totale dichiarato in etichetta.
Che cosa è emerso? Solo cinque dei quattordici marchi avevano livelli di resveratrolo vicini a quelli dichiarati in etichetta (il contenuto effettivo variava dal 95 al 105% rispetto a quello indicato), quattro prodotti erano leggermente fuori del range di riferimento (il contenuto effettivo variava dall’83 al 111%) e tre confezioni contenevano livelli inferiori (dall’8 al 64%). In due campioni i livelli erano addirittura inferiori al limite di rilevazione, in poche parole il resveratrolo compariva solo in etichetta.
Un’ulteriore considerazione riguarda il rapporto qualità-prezzo. Dai risultati si è visto che uno dei supplementi migliori da un punto di vista qualitativo, aveva un costo accessibile mentre al contrario tra i peggiori si è piazzata una delle marche più costose. Molecules è una rivista open acess quindi la lettura è accessibile a tutti i lettori.
(*) Il resveratrolo è un tipo di fenolo naturale prodotto da diverse piante, oggetto di numerosi studi scientifici riguardo le sue presunte proprietà antiossidanti, anticancerogene e antinfiammatorie.
Gianna Ferretti
Autrice del blog Trashfood e docente presso l’istituto di Biochimica della Facoltà di Medicina e Chirurgia e della Scuola di Specializzazione in Scienze dell’Alimentazione dell’ Università Politecnica delle Marche
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docente Università Politecnica delle Marche
scusate, ma qual’è l’utilità di questo articolo se poi non c’è scritto quali sono i nomi dei prodotti e le relative quantità di principio attivo?
E’ l’autore dell’articolo citato che parla, cioè, commenta. I nomi delle marche produttrici sono stati anonimizzati per un motivo molto semplice: una pubblicazione scientifica non ha lo scopo di definire quale marca sia la migliore (quello è compito delle associazioni di consumatori), quanto piuttosto di evidenziare lo stato generale del mercato. Soprattutto di un mercato con molte meno norme e controlli come è quello degli integratori venduti online. L’articolo costituisce inoltre una segnalazione anche agli altri ricercatori: attenzione, quando organizzate dei trial clinici per dire se un prodotto funziona/non funziona, prima verificate puntualmente quello che somministrate ai pazienti.
La questione non è così capziosa, spesso compaiono lavori anche su riviste prestigiose in cui si dice che gli integratori monitorati funzionano (o non funzionano) semplicemente fidandosi di quello che hanno dichiarato i produttori. I quali, conviene aggiungere, non necessariamente sono fraudolenti ma semplicemente mal consigliati o incompetenti. Sicuramente molti dei prodotti valutati sono stati formulati opportunamente, inserendo la quantità di resveratrolo dichiarata in etichetta. Il problema è che se la conservazione non è fatta ad hoc e se non si adottano strategie adeguate di protezione del principio attivo questo si degrada nel tempo…
Scusate il mio intervento ma anche io ho qualcosa da dire. Sono un medico e ho quindi consapevolezza di quello che avviene nel mercato degli integratori in genere. Capisco che per motivi di opportunità non potete scrivere i nomi commerciali ma almeno mettete con precisione la quantità da controllore sulla confezione. Vi sono poi riviste che, una volta prodotto uno studio preciso e attendibile, come quello di cui parlate, i nomi li mettono eccome. Altrimenti come difendersi?
Grazie