Un bovino affetto da dermatite nodulare contagiosa

Blocchi stradali, 150 km di autostrade paralizzate, scontri con le forze dell’ordine, in Francia l’epidemia di dermatite nodulare contagiosa (nota anche come Lsd, Lumpy Skin Disease) sta mettendo sotto pressione il governo che chiede di abbattere un milione e mezzo di capi bovini, circa il 10 per cento del patrimonio zootecnico nazionale. Gli allevatori insorgono accusando l’amministrazione di aver scelto la linea più dura che prevede l’abbattimento dell’intera mandria anche in presenza di un solo animale positivo.

Per arginare l’epidemia e tranquillizzare gli allevatori la ministra francese dell’agricoltura Annie Genevard, ha previsto la distribuzione di 750 mila dosi di vaccino.

D’altro canto la situazione è critica. Dall’inizio dell’estate i veterinari hanno individuato oltre 110 focolai in nove dipartimenti. I primi casi sono comparsi a giugno in Savoia e Alta Savoia, per poi estendersi rapidamente ad Ain, Rodano, Giura e Doubs, fino a raggiungere in autunno il sud-ovest del Paese. Secondo le autorità sanitarie, più di 3.000 bovini sono già stati soppressi in 75 allevamenti nell’ambito delle misure previste dalla normativa europea.

Cos’è la dermatite nodulare contagiosa

La dermatite nodulare contagiosa è una malattia virale dei bovini, non trasmissibile all’uomo né attraverso il contatto diretto né tramite il consumo di carne e latte. A renderla temibile non è il rischio per la salute umana, ma l’elevata contagiosità e l’impatto sugli animali e sulla produzione. A lungo circoscritta al continente africano, ha fatto irruzione in Europa nel 2014 e ha causato una vasta epizoozia nei Balcani nel 2016-2017, poi in Asia a partire dal 2019. Dopo alcuni anni di tregua, il virus è riapparso in Europa nel giugno 2025, in Sardegna e Lombardia per poi sbarcare in Francia.

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La metà degli animali infetti e contagiosi non presenta segni clinici

Gli animali colpiti sviluppano febbre alta, calo della produzione di latte, noduli cutanei dolorosi su pelle e mucose. Circa il 10% può morire, mentre un’ampia quota – stimata fino al 50% – può restare asintomatica ma contagiosa, rendendo estremamente difficile individuare e isolare gli animali malati. Questo vuol dire che la metà degli animali infetti e contagiosi non presenta segni clinici per cui gli allevatori sono alquanto contrariati dal dovere abbattere bovini apparentemente sani. Ma questa misura è necessaria per arginare l’epidemia: se non si abbattesse, ci sarebbero infinitamente più greggi infetti e molti più rischi. Il virus è trasmesso anche da insetti ematofagi, come alcune specie di mosche e zanzare, o zecche e questo fattore facilita la diffusione nei mesi caldi.

Perché l’Europa impone l’abbattimento

Il problema è che la normativa europea classifica la Lsd come malattia di categoria A, per la quale è previsto l’abbattimento immediato di tutti i capi presenti nell’allevamento. Il regolamento UE non consente abbattimenti selettivi perché anche gli animali apparentemente sani possono diffondere il virus per settimane.

Secondo le autorità veterinarie questo è l’unico modo per interrompere rapidamente la circolazione del virus, insieme alle restrizioni sulle movimentazioni, la disinfezione e la vaccinazione mirata. La strategia è già stata applicata in passato nei Balcani, dove campagne di vaccinazione di massa hanno portato a un crollo dei focolai del 95% in pochi anni. In Francia, però, la gestione sanitaria si è trasformata in una crisi sociale e politica. Molti allevatori denunciano la perdita delle mandrie, anche dopo l’avvio delle vaccinazioni, e parlano di misure sproporzionate.

Il caso italiano: la Sardegna

Ciò che oggi scuote la Francia è accaduto pochi mesi fa in Sardegna con decine di focolai registrati tra la primavera e l’estate. Anche sull’isola la risposta è stata l’abbattimento massiccio degli animali, il  blocco delle movimentazioni e la mappatura delle zone di restrizione. Il risultato è stato un clima di tensione, con proteste degli allevatori e strade bloccate. I focolai sono stati 58 e hanno interessato circa 2.618 capi bovini. Di questi circa mille sono stati abbattuti e 111 sono deceduti per la malattia. Sull’isola sono stati vaccinati il 90% dei bovini e da due mesi non si registrano focolai. Per questo motivo gli addetti ai lavori sono ottimisti e pensano che il problema sia in via di risoluzione.

Lo scorso giugno, in seguito a un trasferimento di animali in Lombardia, a Porto Mantovano (provincia di Mantova), subito dopo i primi casi sardi, si è registrato un caso di Lsd. Tutti i bovini dell’allevamento coinvolto sono stati immediatamente soppressi e lo stabile è stato sanificato, e il focolaio lombardo è stato considerato estinto già alla fine di giugno 2025.

Il caso sardo dimostra come la dermatite nodulare non sia solo una questione veterinaria, ma anche una miccia sociale. L’impatto economico e psicologico degli abbattimenti rischia di travolgere il consenso verso le misure sanitarie, anche quando queste sono supportate da evidenze scientifiche. Una lezione che la Francia sta imparando ora, mentre l’Italia l’ha già vissuta – quasi nel silenzio – sulle strade e negli allevamenti della Sardegna.

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos.com

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marco
marco
18 Dicembre 2025 22:13

In presenza di simili proteste, che creano problemi a tutta la nazione (150 km di autostrade bloccate…), le misure sanitarie DEVONO essere riconsiderate. La recente epidemia virale umana dovrebbe aver insegnato che provvedimenti troppo drastici e vessatori rischiano di essere controproducenti. La politica deve mediare tra la scienza (che non ha nessuna attenzione per il contesto) e il malcontento dei cittadini e trovare una soluzione. Per quello c’è un governo, questo si deve fare in democrazia; per ordinare ecatombi è sufficiente un freddo comitato scientifico. La scienza non è democratica, ma la politica dovrebbe esserlo.

giova
giova
Reply to  marco
19 Dicembre 2025 11:11

Più che mediare tra malcontento della popolazione e scienza, un buon governo dovrebbe, a mio parere, essere presente con le proprie istituzioni locali (servizi veterinari, servizi di igiene pubblica, confederazioni degli allevatori ed enti di settore) per fare prevenzione primaria (misure atte a ridurre o impedire i fattori di rischio) e fare formazione.
Con la prima riduci i fattori di rischio, con la formazione sensibilizzi gli allevatori e alla prevenzione secondaria (attuare il primo soccorso agli animali colpiti, attuare misure di contenimento, comunicare agli enti preposti il contagio).
Non è democrazia, a fronte di un’epidemia, permettere l’estensione del contagio, né rinunciare ad attuare delle misure di salute pubblica, per quanto economicamente dispendiose.

Federico
Federico
19 Dicembre 2025 07:24

Visto che la malattia non ha rischi per l’ uomo mi chiedo: gli animali abbattuti possono essere macellati e messi in commercio?

Roberto La Pira
Reply to  Federico
19 Dicembre 2025 09:33

No

Gabriella
Gabriella
19 Dicembre 2025 11:20

Sono contraria agli allevamenti intensivi da sempre sia per gli animali che per le culture…. ma in questo mondo hanno poco valore il rispetto e l’amore per il prossimo, figuriamoci per gli animali ….credo si voglia devastare il Creato a scopo di lucro ma tutto ciò si ritorcerà contro di noi.

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