Ci sono voluti 25 anni dalla pubblicazione, e otto dallo scandalo dei cosiddetti Monsanto Papers, i documenti segreti nei quali era già scritto tutto quello che occorreva sapere, ma alla fine la rivista Regulatory Toxicology and Pharmacology ha ritirato lo studio fondamentale sull’innocuità del glifosato, sul quale si erano incentrate molte decisioni favorevoli. Giunge così a una conclusione almeno la parte scientifica della spinosa vicenda, perché da ora in avanti nessuno potrà più sfruttare quelle conclusioni inaffidabili per difendere l’erbicida ignorando le centinaia di studi che, al contrario, suggeriscono o dimostrano la pericolosità della sostanza, e i verdetti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
I fatti sul glifosato
È il 2000 quando un gruppo di ricercatori (Gary M. Williams del New York Medical College, Robert Kroes dell’università di Utrecht, Olanda e Ian C. Munro di Intertek Cantox, Canada) firma uno studio che sembra dimostrare la sicurezza del glifosato per la salute umana e, nello specifico, l’assenza di rischi oncologici. Negli anni seguenti diversi esperti avanzano dubbi su quelle conclusioni, ma lo scandalo scoppia nel 2017, quando sono resi noti i documenti interni della Monsanto, i Monsanto Papers appunto, che mostrano come quella pubblicazione sia frutto di un’operazione di Ghost Writing, cioè redatta dai tecnici dell’azienda e poi fatta firmare a quei tre ricercatori non dipendenti dall’azienda dietro un compenso economico la cui entità non è nota.

Già nel 2015, peraltro, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, attraverso la sua agenzia per il cancro, lo IARC di Lione, era giunta a conclusioni opposte e aveva dichiarato il glifosato probabile cancerogeno (gruppo 2A).
Tuttavia, su quello studio del 2000 sono state basate decisioni fondamentali prese dalle principali agenzie regolatorie come la statunitense Environmental Protection Agency (EPA) e la stessa European Food Safety Agency (EFSA), e quello studio è stato ripreso da Donald Trump nella memoria presentata alla Corte Suprema per dare un entusiastico sostegno al glifosato e alla Bayer, da opporre alle migliaia di cause legali al momento in atto. Il gesto è opposto da quelli fatti da Joe Biden sempre in sede di Corte Suprema, e va contro le guerre ai pesticidi dichiarate e mai iniziate dal Segretario alla salute Robert Kennedy jr nel suo programma Make America Healthy Again (MAHA).
Le motivazioni del ritiro
Nello specifico, ecco le motivazioni del ritiro da parte della rivista:
Cancerogencità: le valutazioni espresse allora erano basate esclusivamente su dati prodotti da Monsanto. Gli autori non avevano preso in considerazione i numerosi studi di segno opposto già disponibili allora e riassunti anche in una revisione del 1999, affermando di averne considerati altri non pubblicati, e quindi impossibili da consultare.
Indipendenza degli autori: la partecipazione occulta di dipendenti di Monsanto gettava ombre pesanti sulla trasparenza e l’attendibilità delle conclusioni.
Falsa rappresentazione dei contributi: gli autori stipendiati da Monsanto, veri redattori del lavoro, non erano citati neppure nei ringraziamenti e questo rafforza i dubbi.
Compensi economici: i Monsanto Papers mostravano che esistevano i compensi per gli autori, ma di tali pagamenti non c’è traccia ufficiale. Il conflitto di interessi è dunque palese, anche se celato, e non ignorabile.
Consumatori, ambiente e scienziati
Il ritiro del lavoro, accolto con grande soddisfazione dai gruppi a difesa dei consumatori e dell’ambiente di tutto il mondo, nonché da decine di esperti che negli anni si sono battuti per uno stop al glifosato, sarebbe potuto arrivare anni prima e non ci sono molte giustificazioni per questo ritardo. Anzi, nei presupposti c’erano già le motivazioni che avrebbero dovuto spingere la rivista a non pubblicare un articolo del genere, e questo chiama in causa tanto il board editoriale, che oggi si dice dispiaciuto, quanto chi allora eseguì la revisione.
Ma l’importanza del ritiro, come detto, va ben oltre, e ora potrebbero cambiare molte cose. La stragrande maggioranza della letteratura scientifica attendibile prodotta in tutti questi anni non giunge mai alla conclusione che il glifosato sia una sostanza sicura e neppure innocua, per nessun essere vivente come per l’ambiente, e per Bayer sarà complicato dimostrare il contrario, così come lo sarà per le agenzie regolatorie che hanno continuato a prolungare le autorizzazioni per una sostanza tanto ubiquitaria quanto pericolosa.
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Giornalista scientifica



Finalmente, direi
Le grandi compagnie non si interessano quasi mai dei propri consumatori o dipendenti, per spendere meno e far pagare di più.. indipendentemente da quanto danno fanno. Finché rispettano gli standard minimi (a volte da loro addirittura fabbricati come in questo caso), a loro non importa. Si svegliano soltanto quando o vengono messi a nudo, ma tanto il danno è fatto.
Premesso che nessun pesticida è un toccasana, compresi tutti quelli usati nel biologico, perché non viene data profondità al rischio? Con quali dosi di glifosato veniamo normalmente in contatto e a che dosi ed esposizioni ci potrebbero essere dei rischi? Ci sono molecole alternative più innocue? O la soluzione è il diserbo manuale?
La soluzione è il diserbo meccanico con le corrette pratiche agronomiche di rotazione delle colture, l’abbandono del massimo profitto in monocoltura che ha impoverito l’agricoltura per arricchire i fornitori di servizi, pesticidi, concimazione chimica, il ritorno al concetto che la produzione di cibo sano abbassa anche i costi poi scaricati in termini ambientali e sanitari e di salute della popolazione e di insterilimento dei substrati agricoli. Parola di agronomo. Augh!