ragazza adolescente con una bottiglietta di vetro di bevanda zuccherata tipo Cola, su una sdraio a bordo piscina d'estate; concept: sugar tax, bevande zuccherate, bibite

Sono passati sette anni da quando, nel 2018, il Regno Unito ha introdotto la sugar tax, una tassa sulle bevande zuccherate e gassate chiamata Soft Drinks Industry Levy (SDIL). È tempo quindi di bilanci, molto importanti per verificare se effettivamente stia funzionando, e se gli inglesi, grazie a essa, abbiano diminuito o meno i propri consumi di zucchero proveniente da quella fonte.

Per questo l’Office for Health Improvement and Disparities ha appena reso noti i numeri ufficiali degli ultimi dieci anni, e quindi da prima che la legge entrasse in vigore, al 2024. E sono quasi tutti positivi, senza alcuna ambiguità, con buona pace di chi afferma che la sugar tax è inutile.

La sugar tax

La tassa è entrata pienamente in funzione nel 2018, ma era stata annunciata nel 2016, per dare tempo alle aziende, cui era espressamente rivolta, di riformulare i prodotti. Tra gli obbiettivi vi era, in particolare, quello di diminuire del 5% la concentrazione di zuccheri nei succhi di frutta, e del 20% quella negli yogurt liquidi, entrati nel novero dei prodotti inclusi nel 2019.

La tassa esiste in due declinazioni, perché è progressiva: la rata standard, pari a 1,94 sterline (2,25 euro circa) ogni dieci litri, che si applica a prodotti che abbiano concentrazioni di zucchero tra i 5 e i 7,9 grammi (g) per cento millilitri (ml), mentre la seconda, di 2,59 sterline (circa tre euro) sempre ogni dieci litri, scatta per concentrazioni di zuccheri pari o superiori a otto su cento ml. Non si applica alcun sovraprezzo per livelli di zucchero pari o inferiori a cinque g/100 ml. L’idea era quella di spingere i produttori a rientrare nella “no tax area”, lasciando loro la possibilità di aggiungere quantità limitate di zucchero. Ha funzionato?

I dati, forniti da un’agenzia governativa, sono quasi tutti positivi, con buona pace di chi afferma che la sugar tax è inutile
I dati, forniti da un’agenzia governativa, sono quasi tutti positivi, con buona pace di chi afferma che la sugar tax è inutile

I risultati

Ci sono due parametri che, meglio di altri, aiutano a quantificare l’effetto: la media ponderata delle vendite o SWA per contenuto di zucchero (g/100 ml) e quella per calorie per porzione, per prodotti venduti in porzione singola. Nei prodotti a base di latte, oltre a queste sono stati aggiunti altri due parametri, e cioè la media semplice del contenuto di zucchero (g/100 ml) e percentuale di prodotti che soddisfano le linee guida per quanto riguarda le calorie massime per porzione.

In generale, dal 2018 i prodotti che sono rientrati nella tassazione sono aumentati del 13,5%, e lo zucchero venduto attraverso di essi è diminuito del 39,8%. Ciò è dovuto al fatto che sono stati venduti meno prodotti con elevate concentrazioni di zucchero, e più prodotti a basso tenore, e cioè che la tassazione ha spinto i consumatori verso le bevande meno dolci, ossia ha raggiunto il suo scopo. Sempre in generale, la SWA per contenuto di zucchero è scesa del 47,7%, quella per calorie del 42,2%.

La società

Dal punto di vista socioeconomico, la prima è diminuita del 51,8% nelle categorie medio-alte, tra i professionisti e le persone con grado di istruzione più elevato, mentre si è fermata al 45% per quelle dei ceti sociali più svantaggiati, segno che è necessario intensificare gli sforzi tra le classi sociali che più beneficiano della riduzione degli zuccheri.

Le categoria degli yogurt da bere e dei drink a base di latte hanno avuto un comportamento diverso, perché le vendite generali sono aumentate del 24,3% nel primo caso e del 53,2% nel secondo; allo stesso modo, sono aumentate anche le vendite dei sostituti aromatizzati del latte vaccino, del 18,7%. Pertanto, lo zucchero venduto attraverso questi prodotti è cresciuto del 12,5% per gli yogurt e del 30,4% per i latti, ma è diminuito del 4,7% per i sostituti, probabilmente perché in queste bevande ci sono state molte riformulazioni.

I succhi di frutta

Per quanto riguarda i succhi di frutta, il quadro è eterogeneo e molto dipende dal tipo e dal confezionamento (il rapporto contiene tutti i dettagli). Un ultimo dato molto interessante, infine, è la percentuale di prodotti che, tra il 2015 e il 2024 sono riusciti a evitare la tassa perché con zucchero uguale o inferiore ai 5 g/100 ml: è passata dal 67 al 91%. Il che significa che le aziende hanno rivisto drasticamente quasi tutti i prodotti, e solo una piccola percentuale continua a contenere elevate concentrazioni di zucchero.

Un altro forte elemento che indica che la tassa abbia raggiunto il suo obbiettivo principale.

Nel loro insieme, le cifre ufficiali, fornite da un’agenzia governativa, confermano quindi, ancora una volta, che la Sugar tax, se formulata correttamente e inserita in un programma complesso è efficace e contribuisce a modificare la formulazione dei prodotti peggiori, aumentando al tempo stesso la consapevolezza dei consumatori.

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Giallone 03.07.2025 dona ora

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luigiR
luigiR
15 Luglio 2025 13:10

forse in UK il governo lavora senza condizionamenti da lobby alimentari e, quindi, riesce a gestire con un certo giudizio questi problemi. superfluo fare paragoni…

giamic
giamic
14 Agosto 2025 08:59

Finalmente dati chiari, rigidi, che delineano senza incertezze la realtà che viene modificata dalle decisioni politiche.