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I ricercatori della Penn State University hanno condotto uno studio, pubblicato su The American Journal of Clinical Nutrition, che ha rivelato come un adeguato apporto di vitamina D durante il primo trimestre di gravidanza possa ridurre il rischio di parto prematuro e favorire una crescita ottimale del feto. Secondo quanto riportato da U.S. News, questa ricerca sottolinea l’importanza della nutrizione materna già nelle primissime fasi della gestazione.
L’importanza della vitamina D nella gravidanza
La vitamina D, spesso chiamata la “vitamina del sole” poiché viene sintetizzata dalla pelle tramite l’esposizione ai raggi solari, è essenziale per numerosi processi biologici. Tuttavia, molte persone non ne assumono/producono quantità sufficienti nella loro vita quotidiana, specialmente le donne in gravidanza. Studi precedenti hanno evidenziato che oltre il 25% delle donne in attesa presenta livelli inferiori alle raccomandazioni di questa vitamina.
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Nel nuovo studio, i ricercatori hanno analizzato i livelli di vitamina D nel sangue di 351 donne incinte durante il primo trimestre, misurando i livelli di 25-idrossivitamina D [25(OH)D], il principale indicatore dello stato della vitamina D nell’organismo. È emerso che circa il 20% delle partecipanti aveva livelli inferiori ai 50 nmol/L, soglia considerata inadeguata e indice di carenza.
Crescita fetale e parto prematuro
L’analisi ha mostrato che ogni incremento di 10 nmol/L nei livelli di vitamina D durante il primo trimestre era associato a un aumento nella lunghezza del feto, suggerendo un impatto positivo sulla crescita lineare. Tuttavia, non si sono rilevate associazioni significative con il peso o la circonferenza cranica alla nascita.
Un altro dato particolarmente rilevante riguarda il rischio di parto prematuro, definito come nascita prima della 37ª settimana di gestazione. Le donne con livelli inferiori a 40 nmol/L nel primo trimestre presentavano un rischio di parto prematuro 4,35 volte superiore rispetto a quelle con livelli pari o superiori a 80 nmol/L. Al contrario, i livelli di vitamina D nel secondo trimestre non hanno mostrato un impatto significativo sugli esiti della gravidanza.
Le implicazioni dello studio
Secondo Alison Gernand, coautrice dello studio e docente associata di scienze nutrizionali alla Penn State, questi risultati evidenziano l’importanza di un monitoraggio precoce dello stato della vitamina D nelle donne in gravidanza. “Non possiamo dare per scontato che tutte le donne siano carenti, ma è un aspetto nutrizionale che dovrebbe essere preso in considerazione già prima del concepimento”, ha dichiarato. Celeste Beck, autrice principale della ricerca, ha sottolineato come i risultati suggeriscano che la vitamina D possa svolgere un ruolo cruciale nello sviluppo fetale fin dalle prime settimane di gestazione. Tuttavia, poiché lo studio ha incluso un numero limitato di parti prematuri, saranno necessarie ulteriori ricerche per confermare i dati ottenuti.
L’assunzione di vitamina D potrebbe quindi rappresentare un fattore determinante per la salute del neonato, in particolare per la prevenzione del parto prematuro. Gli esperti consigliano alle future mamme di valutare, insieme al proprio medico, l’integrazione di questa vitamina, considerando fattori come dieta, stile di vita e livello di esposizione solare. Ricordiamo però che qualsiasi tipo di integrazione va sempre concordata con il proprio medico perchè come precisa l’Agenzia italiana del Farmaco (AIFA) “il sovradosaggio di vitamina D durante i primi 6 mesi di gravidanza può avere effetti tossici nel feto e pertanto anche in questo caso l’assunzione in gravidanza di tali medicinali non può prescindere dalla prescrizione medica”.
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Giornalista, redattrice de Il Fatto Alimentare, con un master in Storia e Cultura dell’Alimentazione