In questi giorni è stato reso pubblico un video di Giulia Innocenzi (vedi sotto), autrice del docufilm Food for profit, che denuncia la situazione rilevata in due allevamenti intensivi di maiali in Emilia-Romagna all’interno della zona rossa, in cui sono stati riscontrati focolai di peste suina africana. Le immagini mostrano topi che scorrazzano su carcasse di maiali, piccoli suini morti e altri animali che vivono in condizioni di sovraffollamento con un livello igienico inaccettabile. Nel video, Innocenzi ricorda come topi, insetti e scarafaggi siano potenziali vettori della peste suina, e che la presenza di carcasse di suinetti abbandonate all’esterno del capannone costituisca un serio problema di biosicurezza.
Le immagini riguardano presumibilmente scrofaie, cioè allevamenti in cui i suinetti vengono svezzati e, dopo circa un mese, trasferiti in altre aziende, dove in 8-9 mesi raggiungono 150-180 kg e sono pronti per la macellazione.
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Allevamenti e peste suina africana
Il sovraffollamento potrebbe essere causato dall’impossibilità di trasportare i suinetti di un mese in altri allevamenti causata dal blocco della movimentazione degli animali, deciso dal Commissario straordinario alla peste suina africana (PSA) Giovanni Filippini, per arginare l’epidemia. Il divieto di spostamenti è necessario, ma diventa una criticità, perché i nuovi nati necessitano di spazio che non c’è, visto che i suinetti che hanno già raggiunto il mese di vita non possono essere ceduti agli allevamenti e aumentano ogni giorno di peso. In questa situazione le condizioni di vita diventano così molto critiche e le immagini della giornalista lo mostrano.
L’antecedente
“Ho visto situazioni analoghe e anche molto più gravi in Olanda nel 1997-98 a seguito di una grave epidemia di peste suina classica. In quel periodo ero responsabile delle malattie dei suini alla Commissione Europea – precisa Alberto Laddomada, uno dei responsabili dell’eradicazione delle peste suina in Sardegna. – Questi problemi sono del tutto prevedibili quando vengono stabilite le zone rosse e, ovviamente, scatta il divieto di movimentazione dei maiali per arginare la peste suina. La nuova ordinanza commissariale – prosegue Laddomada – dovrebbe aiutare a risolverle i problemi evidenziati nel filmato, ma intanto l’impatto mediatico è enorme. Purtroppo è l’ennesima dimostrazione dei tanti aspetti che non hanno funzionato in materia di prevenzione e controllo della peste suina”.
In effetti esiste una nuova ordinanza del commissario Filippini per autorizzare la movimentazione degli animali nei casi critici, ma solo dopo accurati controlli che garantiscono l’assoluta assenza del virus nei suinetti. Le riprese dell’inchiesta di Giulia Innocenzi sono state fatte a metà settembre, qualche giorno prima dell’ordinanza, e rappresentano un costo finora nascosto del contrasto alla peste suina.
La caccia
La notizia che invece i media non diffondono è un’altra e questo silenzio è scandaloso. Dal 4 ottobre 2024 il commissario straordinario Filippini, l’unico che ha dimostrato una certa competenza rispetto ai due precedenti commissari, ha vietato la caccia al cinghiale in tutte le zone II e III in cui sia stata evidenziata la presenza del virus nei cinghiali o nei suini domestici. Si tratta, nel solo nord Italia, di oltre 16 mila km quadrati. Un’area che spazia dalle province di Vercelli e Novara in Piemonte a quelle di La Spezia in Liguria e Massa Carrara in Toscana. Ma il provvedimento interessa anche alcune zone del Lazio, della Campania e della Calabria.
Il provvedimento che Andrea Mazzatenta (docente di fisiologia all’Università Gabriele d’Annunzio di Chieti-Pescara e docente di Psicobiologia e psicologia animale all’Università degli Studi di Teramo) aveva definito necessario per arginare l’epidemia in un’intervista rilasciata a Il Fatto Alimentare 30 mesi fa. Invece il divieto alla caccia è diventato operativo adesso. Le parole dell’ordinanza non lasciano spazio a dubbi. “È vietata l’attività venatoria collettiva con più di 3 operatori e con più di 3 cani verso qualsiasi specie e l’attività venatoria nei confronti della specie cinghiale di qualsiasi tipologia”.
Coldiretti e i cacciatori
Insomma, gli oltre 30 comunicati di Coldiretti diramati negli ultimi due anni che inneggiano alla caccia e all’eliminazione dei cinghiali come fattore decisivo per arginare la peste suina (dimenticando di avvertire i suoi aderenti di adottare misure di biosicurezza negli allevamenti), vengono sbugiardati e ridicolizzati. La principale associazione di categoria in Italia ha dimostrato di non capire nulla di un problema molto serio. Il rischio è che salti l’intera filiera del prosciutto di Parma. Oppure ancora una volta la lobby dei cacciatori è stata più forte del buon senso delle istituzioni.
Anche le dichiarazioni del ministro Lollobrigida che invita all’abbattimento, e le scelte di vari ministri di costituire una speciale squadra dell’esercito per affiancare i cacciatori nell’abbattimento dei cinghiali risultano inadeguate se non addirittura dannose stando alla nuova ordinanza del commissario. Insomma Filippini, insediato da poco più di un mese, sa come affrontare l’epidemia e ha preso decisioni che mettono in serio imbarazzo Coldiretti e i ministri. Il motivo dello stop alla caccia è che i cinghiali sono animali stanziali. Quando vengono cacciati scappano, diventano nomadi e trasportano il virus in altre zone come poi è avvenuto dal gennaio 2022.
La notizia del divieto di caccia evidenzia quanto sia negativo il lavoro di lobbisti come il presidente di Coldiretti Ettore Prandini, e mostra l’ingenuità del ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida (che in molte scelte svolge il ruolo di megafono di Coldiretti). Il divieto è comunque passato sotto traccia, come se fosse una delle tante decisioni riservate ai cacciatori. In realtà è un atto decisivo, insieme all’obbligo delle misure di biosicurezza da adottare negli allevamenti, per tentare di arginare l’epidemia, che ormai si è diffusa in otto regioni italiane.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Fermare la caccia al cinghiale per arginare la peste suina secondo voi è un provvedimento efficace? Lasciare cinghiali malati che vanno insieme a quelli sani ricordo che i cinghiali sono animali onnivori.. facendo così eliminiamo tutti i cinghiali nel.modo più cruento che ci sia facendoli soffrire
La logica prevede che quando si individua un focolaio di peste suina a carico di cinghiali, si recinti l’area e si eviti lo spostamento degli animali in altre aree per evitare il coinvolgimento di altre zone.
In Sardegna le compagnie di caccia che operavano nelle zone rosse avevano l obbligo di smaltire gli scarti di macellazione dei cinghiali in zone ad uopo preposte e segnalate oltreché inviare i campioni alle ASL di competenza per verificare la presenza di capi positivi alla PSA. In questo modo sono stati un valido supporto alla lotta andando a censire il numero di capi infetti e il grado di presenza della malattia sul territorio. Senza prelievo venatorio e, vista la prolificità dei cinghiali, per irraggiamento gli stessi si spostano in altre aree non perché cacciati. E hai voglia di fare recinti..ma di cosa stiamo parlando??
Ottimo video-denuncia di Giulia Innocenzi! Non mi sembra però di capire o ascoltare di quale allevamento si tratti. Non è possibile saperlo?
A mio modesto parere, in queste circostanze, dovrebbero uscire i nomi di chi commette tali efferati crimini. Grazie.
Penso che queste notizie non le pubblica nessuno per non dare fastidio alle associazioni venatorie. Bravo chi lo ha fatto, va sostenuto
a forza di non scontentare le lobbies il boomerang si ritorce contro di loro: è un tipico caso italiota: si chiudono le stalle quando i buoi sono scappati. Naturalmente il costo di queste dipendenze dai voti (poiché è questo che pesa sulla bilancia) si moltiplica ulteriormente per non parlare dell’aspetto psicologico che hanno queste malattie sui consumatori…..mi piacerebbe sapere se le carni di maiale o di pollo hanno avuto un calo nelle vendite!