Il governo norvegese ha avanzato la proposta di vietare la pubblicità di cibi e bevande malsane destinati a bambini e adolescenti di età inferiore ai 18 anni. Per capire meglio la proposta, va detto che i produttori del Paese nordico hanno volontariamente limitato il marketing ai minori di 13 anni dal 2013, ma il nuovo piano lo renderebbe obbligatorio. Va poi precisato che stiamo parlando di provvedimenti che riguardano un Paese dove l’indice di obesità e sovrappeso fra i bambini oscilla dal 15 al 21%, mentre in Italia la percentuale è intorno al 40%.
Le restrizioni al marketing alimentare verso i minori
La Norvegia non è l’unico Paese a seguire questa strada. Le regole del Regno Unito, per esempio, sono considerate le più severe d’Europa. Le pubblicità televisive di cibo spazzatura dal mese di ottobre 2025 potranno andare in onda solo dopo le 21.00. C’è di più, gli annunci online per prodotti ad alto contenuto di grassi, sale e zucchero saranno vietati del tutto. Queste iniziative si inseriscono in un contesto per noi italiani sconosciuto, visto che nel Paese esiste una significativa tassa sulle bevande zuccherate. Eppure nel Regno Unito obesità e sovrappeso interessano il 20% dei minori, una percentuale decisamente inferiore rispetto a quella italiana.
Altri Paesi europei hanno preso provvedimenti in questa direzione, ma non sono così di ampio respiro. Altro esempio è quello del Portogallo che dal 2019 ha limitato la pubblicità di cibo malsano in TV e radio, quando almeno un quarto del pubblico è composto da bambini di età inferiore ai 16 anni.
Queste iniziative risultano in linea con le indicazioni dell’OMS* sulle politiche per proteggere i bambini dall’impatto dannoso del marketing alimentare. È appurato che il marketing dei prodotti alimentari influenza i comportamenti dei piccoli e soprattutto dei ragazzi. Il rapporto dell’OMS sottolinea come le richieste fatte alle aziende di adottare un marketing responsabile hanno un impatto poco significativo.
L’iniziativa norvegese
La ministra norvegese dell’istruzione Kari Nessa Nordtun precisa che “I bambini e i giovani oggi subiscono una forte pressione da parte degli attori che vogliono capitalizzare su di loro, soprattutto attraverso i social media. Sono profondamente preoccupata per i molti prodotti malsani che sono promossi da influencer.”
I prodotti malsani di cui parla la ministra comprendono prevalentemente alimenti ultra processati, ormai riconosciuti dalla letteratura internazionale come un fattore di rischio. Uno studio recente pubblicato su Nature Review Immunology ha evidenziato l’esistenza di un collegamento tra diete ricche di cibi ultra processati e un aumento del rischio di sviluppare malattie legate a disfunzioni del sistema immunitario, come la sindrome dell’intestino irritabile e malattie autoimmuni.
Gli alimenti ultra processati
La questione viene delineata bene in una recente nota di Marianna Monte, dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, che evidenzia l’incremento del consumo di questi prodotti in tutto il mondo. I prodotti ultra processati costituiscono circa il 60% dell’apporto calorico giornaliero di Paesi ad alto reddito come Stati Uniti e Regno Unito. L’aspetto preoccupante è che i Paesi a medio e basso reddito ne stanno seguendo l’esempio.
La categoria dei cibi ultra processati comprende alimenti confezionati che hanno subito diversi processi di trasformazione industriale in modo da modificare la struttura. La lista comprende: patatine, merendine confezionate soprattutto farcite con creme, caramelle gommose, cioccolatini, molti biscotti e dolci industriali, bevande zuccherate, bevande energetiche, snack dolci e salati, pesce e carne trasformati (polpette, würstel, crocchette di pesce e di pollo…), salse (maionese, ketchup…), pizze surgelate, creme spalmabili dolci (anche vegane).
L’elenco dei prodotti più comuni
L’elenco include anche alimenti ‘insospettabili’ spesso consigliati dai nutrizionisti nelle diete oppure pubblicizzati come sani e naturali e con meno calorie. Ecco allora: barrette ai cereali e sostitutive dei pasti, fiocchi di mais glassati, cereali zuccherati per la colazione, pane in cassetta confezionato (anche se integrale), alcuni yogurt (anche magri) alla frutta zuccherati e aromatizzati, purè e polenta istantanea, sughi pronti, cracker, chips di legumi, zuppe o minestre istantanee, succhi di frutta zuccherati, burger vegetali, gallette di riso, gelati confezionati…
La caratteristica comune di questi prodotti è avere una lista degli ingredienti lunghissima con significative quantità di sale, zucchero e grassi saturi oltre a edulcoranti, coloranti, emulsionanti e addensanti necessari per conferire sapore e un aspetto gradevole. Per capire meglio il concetto basta dire che un biscotto di pasta frolla con 5-8 ingredienti (farina, zucchero, latte, burro, uova, agenti lievitanti, sale, aromi…) è un alimento trasformato, se però l’elenco degli ingredienti comprende 12-15 voci allora il biscotto rientra nel gruppo degli ultra processati. Lo stesso discorso si può fare per merendine, gelati e altri prodotti. “Gli alimenti ultra processati – sottolinea la nota del Mario Negri – creano dipendenza, allo stesso modo del tabacco o dell’alcol, come dimostrato da una ricerca internazionale pubblicata sul British Medical Journal”.
Come ridurre il consumo di ultra processati
“Un consiglio che possiamo dare per ridurre il consumo di cibi ultra processati – afferma Carlotta Franchi, responsabile del Laboratorio di Farmacoepidemiologia e Nutrizione Umana dell’Istituto Mario Negri – è imparare a leggere con attenzione le etichette alimentari per fare acquisti consapevoli. È importante cercare di riempire il carrello della propria spesa prevalentemente con cibi freschi o minimamente processati come frutta, verdura, cereali integrali, legumi, pesce e carne magra, da cucinare a casa.”
“È anche importante imparare a pianificare i pasti, – prosegue Franchi – così da non trovarsi a dover ricorrere a soluzioni rapide e poco salutari, al di fuori dell’ambiente domestico. Inoltre iniziare a fare piccoli cambiamenti, come sostituire uno snack confezionato con della frutta o uno yogurt naturale, può fare una grande differenza nel tempo. E per le mamme è importante adottare ed educare i loro bambini ad uno stile alimentare sano fin dai primi mesi di vita, in modo da non trascinare abitudini scorrette negli anni a venire.”
Nota
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha raccomandato per la prima volta nel 2010 che i paesi limitino la pubblicità di alimenti e bevande analcoliche ad alto contenuto di grassi, zuccheri e/o sale come parte di una serie di politiche per promuovere diete più sane.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
“… La lista comprende: patatine, merendine confezionate soprattutto farcite con creme, caramelle gommose, cioccolatini, molti biscotti e dolci industriali, bevande zuccherate, bevande energetiche, snack dolci e salati, pesce e carne trasformati (polpette, würstel, crocchette di pesce e di pollo…), salse (maionese, ketchup…), pizze surgelate, creme spalmabili dolci (anche vegane).
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Ecco allora: barrette ai cereali e sostitutive dei pasti, fiocchi di mais glassati, cereali zuccherati per la colazione, pane in cassetta confezionato (anche se integrale), alcuni yogurt (anche magri) alla frutta zuccherati e aromatizzati, purè e polenta istantanea, sughi pronti, cracker, chips di legumi, zuppe o minestre istantanee, succhi di frutta zuccherati, burger vegetali, gallette di riso, gelati confezionati…”
Praticamente tutto quanto si vede nelle pubblicità!
Dopo aver letto il libro “Cibi ultra processati” di Chris Van Tulleken, e come si evince anche da questo articolo, sono giunta alla seguente conclusione:
1) se un prodotto (cibo??) è pubblicizzato, è molto probabile che non faccia bene alla salute.
2) Se poi il prodotto vanta carattteristiche “salutari”, allora è sicuro che non fa bene!
Commento perfetto ,io aggiungo se un prodotto per vendere ha bisogno della pubblicità….gatta ci cova .Io personalmente compero solo ( dopo aver letto l etichetta ) ciò che non è pubblicizzato ed è difficile perché ormai siamo rimasti sudditi e non siamo ancora cittadini ,con poche eccezioni.Proposta : e fare un supermercato dove si propongono solo prodotti non pubblicizzati ? Con spiegato come si forma il prezzo finale ? l unico problema ,secondo me , è la scarsità di questi prodotti e visto il successo che sicuramente avrebbe questo fantomatico supermercato il produttore sarebbe portato ad aumentare le quantità che andrebbero ad inficiare la qualità. Accettasi critiche costruttive