‘Flexitariano’ è uno dei termini più di moda degli ultimi anni, e indica chi mangia saltuariamente carne, ma è sempre impegnato a ridurne la quantità e a cercare di costruirsi una dieta basata prevalentemente sui vegetali. Il numero dei flexitariani, secondo l’opinione comune, è in costante aumento, via via che si diffondono la sensibilità verso il benessere animale e quella verso gli impatti ambientali e sul clima della carne ottenuta da animali di allevamento. Ma è davvero così? La risposta, per quanto riguarda l’Europa, è: non proprio. L’incremento dei flexitariani potrebbe essere quasi finito, e potremmo essere giunti a una sorta di plateau, almeno stando ai risultati di un grande sondaggio condotto dall’Università di Umeå, in Svezia, nell’ambito del progetto HealthFerm.
Quanti flexitariani ci sono?
Nel 2021, lo stesso gruppo aveva pubblicato quanto emerso da un primo studio nel quale aveva intervistato 7.500 persone di Austria, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Spagna e Regno Unito, e cioè che un europeo su tre definiva se stesso flexitariano, e che il 40% progettava di ridurre il consumo di carne e il 30% quello di latticini nei sei mesi successivi.
Poi i ricercatori hanno intervistato altri 7.900 cittadini di Belgio, Finlandia, Italia, Francia, Germania, Svizzera, Romania, e hanno ottenuto risultati abbastanza diversi. Oggi infatti solo il 16% degli intervistati si definisce flexitariano, anche se più di un quarto (il 27%) mangia carne meno di tre volte al mese. Ma molti di costoro non si riconoscono nella definizione, probabilmente perché non hanno intenzione di ridurre ulteriormente il proprio consumo di carne. Intenzione peraltro sottoscritta, nel 2024, solo dal 27,5% dei cittadini europei intervistati. Lo stesso si vede con latte e latticini: il 77% del campione pensa che continuerà a consumarne più o meno quanti ne consuma oggi, senza variazioni significative, e solo il 13% pensa che, nei prossimi mesi, cercherà di diminuire l’apporto di questi prodotti.
Il Paese che ha più flexitariani è la Germania, con il 30%, mentre all’estremo opposto ci sono Finlandia e Italia, con circa il 6%, e in mezzo gli altri, con valori compresi tra il 18 e il 20% (la Romania è al 14%). Curiosamente, l’Italia ha il più alto numero di vegani: il 5,5% degli intervistati si riconosce nella definizione.
L’interpretazione
Secondo quanto ha commentato il coordinatore di questi progetti, Armando Perez-Cueto, al sito FoodNavigator, negli ultimi anni il consumo di carne in Europa è sceso: quattro persone su dieci affermano di aver modificato le proprie abitudini, un valore assai rilevante. E, tra chi ha cambiato dieta, il 69% lo ha fatto essendo onnivoro e andando verso un consumo di carne decisamente inferiore, o diventando vegetariano o vegano e, quindi, eliminando del tutto o anche solo in buona parte le proteine animali.
Da un altro punto di vista, tre quarti degli intervistati si è definito onnivoro, ma il restante 25% ha già un’alimentazione che esclude o limita fortemente le proteine animali: un valore piuttosto alto, anche rispetto a molte altre rilevazioni degli anni scorsi. Per questo, secondo Perez-Cueto, ora c’è un rallentamento. Una dieta che preveda meno carne è già diventata normale per moltissimi europei che, per tale motivo, sentono meno di prima l’esigenza di ridurre ulteriormente la carne o i latticini.
Si conferma, inoltre, l’associazione tra livello di istruzione e disponibilità economiche e una maggiore sensibilità ai temi ambientali e, quindi, al desiderio di limitare il consumo di carne. Tra coloro che si professano vegani, la percentuale di chi non ha un diploma superiore è circa la metà di quella di chi ha un’istruzione che va oltre il liceo. Lo stesso rapporto esiste tra chi afferma di non avere particolari difficoltà economiche e chi invece ne ha: i primi sono circa il doppio, tra i vegani, rispetto ai secondi.
I giovani, infine, sono molto più sensibili a queste tematiche: uno su dieci, nella fascia 25-43 anni, si definisce vegano o vegetariano, contro il 3% di chi ha 65 anni o più.
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Giornalista scientifica
Questa parte non mi è chiara:
“Oggi infatti solo il 16% degli intervistati si definisce flexitariano, anche se più di un quarto (il 27%) mangia carne meno di tre volte al mese”
E’ il 27% del 100% o il 27% di quel 16%?
Comunque sia, una persona che “mangia carne meno di tre volte al mese” ci credo che non abbia intenzione di ridurre ancora, meno di così!
Comunque, io stimo molto i vegetariani “non ideologici”, cioè quelli che in certe occasioni mangiano anche carne, tipo una cena con hamburger con gli amici, e così via. Anche perché nelle occasioni di gruppo a casa in questo modo metti in minore difficoltà chi deve preparare i piatti
Invece ritengo giusto che ognuno abbia la possibilità di mangiare o non mangiare qualunque tipo di cibo, senza doversi sentire in obbligo. Le restrizioni dietarie non sono e non devono essere considerate vizio o peggio ancora maleducazione.
Una cosa è avere allergie o intolleranze, altre seguire diete particolari, nessuno muore se per una volta non la rispetta.
A casa sua fa quello che vuole, quando viene da me un po’ meno. Lei andrebbe a casa di un indiano a dirgli “non voglio pollo al curry?”. Una volta da me si diceva: o mangiare questa minestra o volare dalla finestra. Quindi lei non si preoccupa di me, ma io se lei è vegano dovrei preoccuparmi di farle trovare alimenti vegani. Stia a casa sua e siamo a posto entrambi…
Se chiedevano a me se ero flexitariano gli rispondevo “boh”. Anche se secondo il termine lo sono perché in certe occasioni non riesco ad evitare alimenti di origine animale. Mi interessa poco etichettarmi, sondaggi fatti per scrivere notizie e poco più