La vicenda delle stoviglie da cucina indiane contaminate da Cobalto 60 (una sostanza radioattiva che proviene, probabilmente, da rottami di metallo usati come materia prima) pone qualche interrogativo su cui è opportuno riflettere. Negli ultimi mesi sono stati almeno quattro gli episodi riguardanti il mondo alimentare e la radioattività.
Il primo risale alla primavera dell’anno scorso (uno strascico alcuni mesi dopo) quando si scoprono posate e coltelli in acciaio importati dall’Olanda ma provenienti dall’India, con livelli di radioattività elevata (58 Bq/g – 22Bq/g – 018 Bq/g) contaminati da Cobalto 60. Il secondo episodio è registrato a Torino nel novembre 2012, quando casualmente si trova una partita di vassoi da cucina proveniente dalla Francia, ma sempre prodotta in India, contaminata da Cobalto 60. I livelli di radioattività questa volta sono molto elevati (circa 2000Bq/g).
Un’altra segnalazione riguarda due positività rilevate su passaverdura e pentolini per scaldare il latte prelevati dall’USMAF* di Taranto nel mese di dicembre 2012. L’ultimo riscontro è datato febbraio 2013 e interessa (mestoli, schiumarole, ecc.) in acciaio prodotti in India dalla ditta Abhinandan Steels. Per fortuna quest’ultima la partita è stata in buona parte bloccata nei magazzini del grossista.
Da tutti questi elementi risulta evidente come il problema abbia un forte riscontro di natura europea, che però non viene affrontato in modo adeguato mancando un piano di prevenzione specifico. Sarebbe opportuno avviare subito una serie di controlli sistematici su stoviglie e materiale da cucina importato dall’India, per evitare che qualche consumatore usi tutti i giorni in cucina tegami e padelle contaminate.
La questione è delicata anche perchè non ci sono controlli sistematici per gli oggetti sospettati di essere radioattivi. L’attuale sistema dei controlli riguarda solo partite di alimenti (funghi, frutti di bosco, selvaggina…) provenienti da aree extra-europee considerate a rischio, mentre non ci sono limiti per gli alimenti provenienti del mercato interno eventualmente contaminati.
Per dovere di cronaca dobbiamo citare il recente episodio in Valsesia della carne di cinghiale contaminata da Cesio 137. Si tratta sempre di radioattività, ma non bisogna fare confusione con le pentole perché riguarda un altro isotopo. Secondo l’Arpa il Cesio 137 nella carne di cinghiale è arrivato in Italia in quantità considerevole con la pioggia contaminata dall’incidente di Chernobyl, mentre quello arrivato in seguito alla vicenda di Fukushima è stato poco rilevante.
* Uffici di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera (uffici periferici del Ministero della Salute)
Roberto La Pira
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Premesso che tutte le acciaierie in Europa sono dotate dei Portali di rilevazione delle radiazioni per ferraccio, proler, ecc. Gli acciai legati (AISI) prodotti sono accompagnati da certificati di prova, mi sembra molto strano che l’importatore Europeo non controlli anche il parametro delle radiazioni.
– Segnalo che si producono acciai legati anche al cobalto.
– Praticamente basta essere a posto con le carte?
– Questi portali ci sono anche nei scali ferroviari dove avvengono le attività doganali d’importazione (Italia del Nord Est).
– Dopo le operazioni di scarico in porto non ci siano questi “portali”?
– Proprio in provincia di Taranto, il gestore di un ‘impianto di trattamento dei rifiuti ha fatto installare da circa un anno; prima dell’ingresso dei mezzi il “Portale per il controllo delle Radiazioni”.
Grazie della Cortesia
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Distinti Saluti
Dario