Mentre le vendite volano, i guai continuano a perseguitare la famiglia degli agonisti di GLP-1, farmaci introdotti come antidiabetici e poi diventati popolarissimi per i loro effetti sulla riduzione del peso. Il Comitato per la farmacovigilanza (Prac) dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha infatti avviato un’inchiesta dopo la segnalazione, da parte delle autorità sanitarie islandesi, di tre possibili casi di pensieri suicidi legati, rispettivamente, al farmaco antidiabetico Ozempic (semaglutide, due casi) e a Saxenda (liraglutide, un caso), quest’ultimo autorizzato anche come trattamento per la perdita di peso. Per Saxenda, inoltre, è stato segnalato anche un caso di autolesionismo. Va detto che l’indagine è un procedimento previsto quando giunge una segnalazione da un’autorità sanitaria nazionale su un evento avverso nuovo o già noto, considerato meritevole di approfondimenti. Il rischio di pensieri di questo tipo non è segnalato nei foglietti illustrativi in Europa. Inoltre, gli studi effettuati prima dell’introduzione in clinica e poi in molti anni di sorveglianza post marketing per gli impieghi nel diabete non hanno fatto emergere elementi di particolare allarme. Tuttavia, non è certamente un caso se Novo Nordisk, l’azienda farmaceutica produttrice di Ozempic e Saxenda, nei trial clinici per questi farmaci ha escluso esplicitamente chi ha qualche patologia psichiatrica o una storia di pensieri suicidi.
Come spiega l’agenzia Reuters, che dedica un ampio articolo a ciò che sta accadendo, negli Stati Uniti le indicazioni per la prescrizione del Wegovy (altro farmaco di Novo Nordisk a base di semaglutide) prevedono già un monitoraggio specifico per pensieri o comportamenti suicidi tra chi assume semaglutide, e secondo il sistema di sorveglianza degli eventi avversi (Faers) della Food and drug administration americana (Fda) dal 2018 sono stati segnalati 60 casi di pensieri suicidi associati alla semaglutide e dal 2010 ne sono stati inseriti 70 legati alla liraglutide.
Del resto, il legame tra terapie finalizzate alla perdita di peso e pensieri suicidi non è nuovo, perché in alcuni casi si cerca di agire sul sistema nervoso, sullo stimolo della fame o sull’umore di chi affronta una dieta. Nel 2008, per esempio, il ribomanant (venduto con il nome commerciale Acomplia da Sanofi), mai approvato negli USA ma brevemente presente in Europa, è stato ritirato proprio per il rischio di pensieri suicidi. Altri due farmaci approvati negli Stati Uniti, Contrave (una combinazione di due psicofarmaci) di Orexygen Therapeutics e Qsymia (una combinazione di un anoressizzante e di un anticonvulsivante) di Vivus Inc contengono chiare segnalazioni relative a rischio di pensieri suicidi. L’Ema sembra intenzionata a estendere la valutazione a tutti i farmaci contenenti semaglutide e liraglutide, e secondo alcuni esperti il risultato potrebbe essere una modifica dei foglietti illustrativi, che potrebbero recare allarmi specifici.
Va infine ricordato che l’Ema sta conducendo analisi anche sul possibile legame tra questi farmaci e un aumento del rischio di tumore della tiroide, per verificare se un effetto visto nei modelli animali sia presente anche negli esseri umani. Per ora non sembra sia così, ma le agenzie invitano chi ha in famiglia casi di tumore tiroideo a non assumere questi farmaci per perdere peso. Il rischio, così come quello di pensieri suicidi, è considerato accettabile se si deve curare il diabete, ma non quando lo scopo è dimagrire.
Che qualcosa non sia così idilliaco come si racconta spesso, poi, si vede anche da un’analisi fatta dal gruppo Prime Therapeutics, che si occupa di gestione farmaceutica, su oltre 4.200 obesi utilizzatori di agonisti di GLP-1. A un anno dalla prima prescrizione, solo il 32% continua ad assumere questi farmaci, nonostante siano rimborsati dalle assicurazioni (e i soggetti esaminati lo erano tutti). L’abbandono della terapia, nella vita reale, sarebbe quindi decisamente più corposo rispetto a quanto visto negli studi che hanno portato al via libera. E sarebbe causato, almeno nel 6,8% dei casi, da effetti collaterali quali nausea e vomito. Intanto, come ricorda Nature in un articolo di aggiornamento, stanno per arrivare numerose altre molecole dello stesso tipo, ma di seconda generazione, che promettono di avere meno rischi ed effetti collaterali e una straordinaria efficacia. Nei prossimi mesi si capirà quanto le promesse siano realistiche.
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Giornalista scientifica
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