Dal 6 al 9 ottobre a Lucca si è svolto il festival Pianeta Terra, organizzato dall’editore Laterza e la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca (insieme a vari sponsor). Si tratta di una manifestazione multidisciplinare dedicata alla sostenibilità della nostra “straordinaria casa comune” pensata per portarci a “riflettere sui modi per preservarla e abitarla in modo sostenibile”. Luigi Rubinelli, collaboratore della rivista Alimentando.info, ha estrapolato alcuni tra gli interventi più interessanti. In particolare quello di Luigi Lazzareschi, Ad di Sofidel, azienda produttrice di carta per uso igienico e domestico, di Carlin Petrini, fondatore di Slow Food e infine alcuni dati dello studio della McKinsey (che non era presente a Pianeta Terra, ma vale la pena ricordarlo perché in linea con il festival).
Luigi Lazzareschi, Ad Sofidel
Il consumatore è frastornato dal green washing prodotto dalle referenze “senza” che trova sugli scaffali dei supermercati, non fa ricerche, anche guardando le etichette, ma vuole prodotti sostenibili in vendita nella Gdo. Ci vogliono vere certificazioni, garantite da enti terzi indipendenti, che indichino in modo chiaro e univoco la sostenibilità del prodotto. In questo modo si eviterebbe di fare green washing a piene mani. “Le industrie – precisa Riccardo Balducci, Energy & environment director di Sofidel – devono educare il consumatore e il cittadino alla sostenibilità attraverso un percorso valoriale, che superi i concetti di prodotto e di prezzo.”
Carlin Petrini, fondatore di Slow Food
Mi domandate se la nostra sovranità alimentare è a rischio? No, non lo è perché non c’è, basta vedere se è presente nei dibattiti politici o in quelli fra le persone. Non è presente, quindi il rischio è molto basso. Il responsabile del disastro dell’ambiente è soprattutto il sistema alimentare e tutta la sua filiera:
- è responsabile del 37% di emissioni di CO2, di cui il 24% proviene dagli allevamenti e il 13% dalla trasformazione e dalla distribuzione dei prodotti alimentari
- la mobilità (aerei e auto) è responsabile “solo” del 17%.
- 900 milioni di persone soffrono la fame
- 1,7 miliardi di persone soffrono di cattiva alimentazione
Secondo la Mc Kinsey lo spreco alimentare nel mondo è pari a 2 miliardi di tonnellate, vale 600 mld di dollari, e rappresenta fra il 33 e il 40% della produzione totale.
Una possibile intesa fra produttori e distributori potrebbe portare a riutilizzare questi alimenti destinandoli a consumi per l’uomo o a biomasse. Questo porterebbe:
- a un abbassamento del 9% di emissioni di CO2,
- i produttori potrebbero ridurre i listini del 10%,
- i distributori potrebbero abbassare i listini del 6%.
Il nuovo potenziale di mercato così prodotto potrebbe valere 80 milioni di dollari, sviluppando nuove attività. Tutti noi siamo complici di questo sistema – continua Petrini – dobbiamo cambiare i nostri comportamenti:
- scegliere e comprare cibi locali,
- privilegiare la stagionalità,
- ridurre lo spreco, comprare di meno e utilizzare tutto l’acquistato,
- ridurre le proteine a cominciare dalla carne
- ridurre la plastica e i prodotti che over pack (una busta di prosciutto ha 5 fette di prosciutto, il resto è tutta plastica),
- dobbiamo rivendicare la politicità dei nostri atti, nella vita quotidiana e nei rapporti con le altre persone.
Gli allevamenti intensivi minacciano la bio-diversità, ricordiamoci che:
il 50% dei mammiferi vive negli allevamenti
il 14% dei mammiferi vive in libertà,
il 36% è l’uomo.
Il termine sustainability ha il prefisso sustain che nel pianoforte è il pedale che allunga il suono. In Francia hanno tradotto sustainability con durable, durevole, cioè è una attività che deve durare nel tempo e suona socialmente ed economicamente molto meglio. Anche la distribuzione ha partecipato in questi anni al disastro ambientale; socialmente parlando, ha costretto alla chiusura i negozi di vicinato, producendo miseria nei nostri borghi, che sono diventati dei dormitori.
Luigi Rubinelli collaboratore di Alimentando.info
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