Non più solo smaltimento responsabile e riciclo. In linea con le indicazioni europee, il Bundestag punta dritto verso il riuso dei contenitori e introduce l’obbligo per i ristoratori di impegnarsi a recuperare i ‘vuoti’ dai loro clienti, utilizzando il metodo del deposito cauzionale. Dal 2023, quindi, ristoranti, bistrot, caffetterie e locali tedeschi che offrono cibo e bevande da asporto o che effettuano consegne a domicilio, dovranno attrezzarsi per vendere i prodotti in contenitori riutilizzabili e farsi carico del loro recupero. È quanto prevede un recente emendamento introdotto dal Parlamento federale tedesco alla legge sugli imballaggi (VerpackG), entrata in vigore il 1° gennaio 2019 con lo scopo di aumentare le percentuali di riciclo dei materiali che compongono il packaging di molti prodotti alimentari.
L’obiettivo è porre un freno al proliferare degli imballaggi per l’asporto provocato dalle dinamiche determinate dalle restrizioni imposte dal Covid-19 nella ristorazione. Soprattutto perché gli osservatori prevedono che il settore del food-delivery continuerà a espandersi anche dopo la fine della pandemia, trasformando l’asporto e la consegna a domicilio in un trend consolidato. L’obbligo introdotto dalla norma del Bundestag, punta a rendere il riuso un nuovo standard, attraverso una maggiore assunzione di responsabilità da parte dei ristoratori. Saranno loro a dover consegnare cibo e bevande all’interno di contenitori riutilizzabili, incentivando i clienti a restituirli attraverso il sistema del deposito cauzionale (Deposit return system), cioè facendo versare loro una piccola cifra che sarà rimborsata al momento della restituzione del ‘vuoto’.
Un vincolo in più imposto dal legislatore tedesco è che i costi dei prodotti sul menu non dovranno aumentare per finanziare questa ristrutturazione dell’attività. Pertanto molti imprenditori si stanno ingegnando per trovare nuove soluzioni praticabili, anche in collaborazione con i servizi di consegna. La nuova norma amplia l’applicazione del deposito cauzionale (di 25 centesimi) anche a bevande commercializzate in lattine o in bottiglie di plastica in precedenza esentate, ma destinate a far parte di un processo bottle to bottle, che comporta cicli di riutilizzo senza dispersioni. Nel processo sarà incluso anche il latte, per il quale è previsto come per altri prodotti lattiero-caseari, un periodo di transizione fino al 2024. L’unica deroga riguarderà i piccoli punti vendita entro gli 80 mq, in cui lavorano al massimo cinque dipendenti. Snack bar, negozi aperti fino a tarda notte e chioschi saranno quindi esentati dall’obbligo, ma dovranno consentire ai clienti di utilizzare contenitori portati da casa.
Cambieranno le regole anche per la produzione, l’immissione sul mercato nazionale e l’importazione di imballaggi in materie plastiche. In particolare, come previsto anche in Italia, le bottiglie in Pet prodotte a partire dal 2025 dovranno essere composte almeno dal 25% di plastica riciclata e questa percentuale salirà al 30% dal 2030 come previsto dalla Direttiva europea Sup (Single use plastics) del 2019. Mentre chi importa beni confezionati, inclusi gli anche gli operatori del commercio online, avrà l’onere di verificare che i venditori da cui ricevono siano iscritti al registro degli imballaggi (LUCID), e che partecipino al sistema per la raccolta differenziata.
Come emerge dal recente rapporto What we waste il deposito cauzionale, di cui abbiamo parlato qui, è lo strumento più efficace per ridurre la dispersione di imballaggi. Per questo anche altri Paesi si stanno attivando per seguire l’esempio della Germania, già prima in Europa come quota di vuoto a rendere (più del 54% nel 2019). È il caso di Austria, Norvegia, Islanda, Danimarca, Paesi Bassi, Croazia e Inghilterra, ma anche della Spagna e, in particolare, della Francia. Quest’ultima, dopo aver vietato la vendita di prodotti ortofrutticoli in confezioni di peso inferiore a un kg (Legge anti-gaspillage o Legge antispreco), punta a trasformare il 20% degli scaffali dei punti vendita di alimentari in refill station per i prodotti sfusi entro il 2030 e a eliminare del tutto gli imballaggi in plastica monouso entro il 2040. L’Italia è in ritardo, non solo perché il decreto di recepimento della Direttiva Sup consente numerose deroghe, ma anche perché l’imposta sulla plastica monouso (Plastic Tax) continua a essere rimandata.
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ottimo! speriamo che anche il nostro Paese si contagi da questa “ventata d’intelligenza” istituzionale! e che il Parlamento europeo si muova rapidamente in questa direzione … Ancora solo dieci mesi fa, ad una festa di alpini, con tanto di Messa, in un pianoro di montagna, il cibo era venduto in piatti/posate/bustina del pane/bustina delle posate/posate/bicchiere/bicchierino per la grappa … TUTTO IN PLASTICA BIANCA (ah, dulcis in fundo: nessuna differenziazione tra avanzi di cibo, alluminio, plastica)