Secondo gli ultimi dati dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, le carcasse di cinghiali trovati morti a causa della Peste suina africana (Psa) sono 27. Per il momento, l’area interessata è costituita da 114 comuni situati in Piemonte e in Liguria. La carcassa del primo cinghiale morto a causa delle peste è stata trovata il 5 gennaio 2022 e, subito dopo, si è costituita al ministero della Salute un’unità di crisi per gestire una situazione per niente facile. Il rischio è di non riuscire ad arginare un virus che potrebbe mettere in crisi l’intero settore della lavorazione di carne di maiale e derivati.
Per rendersi conto di quanto sia contagiosa la Psa, basta dire che il virus da anni flagella decine di Paesi provocando la morte di milioni di animali. La paura dei veterinari è che arrivi negli allevamenti e a quel punto sarebbe veramente un disastro per il settore, perché scatterebbe il divieto di esportazione. Ci sono infatti Paesi, come Giappone e Cuba, che hanno già vietato l’importazioni di prodotti italiani. Vediamo adesso cos’è la Peste suina africana e perché è così temuta. Il Ministero della Salute la definisce un’infezione virale che colpisce cinghiali e maiali domestici e selvatici, ma non viene trasmessa all’uomo. È una malattia altamente infettiva e spesso mortale per gli animali. Ecco le risposte del ministero alle domande principali:
1. Quando è comparsa e dove è diffusa?
La malattia è stata scoperta in Africa nel 1921 e qualche decennio dopo è stata segnalata in Europa. Fino alla fine degli anni ’90 la Psa è stata un pericolo sottostimato. Nel 2007 l’infezione è stata segnalata nel Caucaso. In quest’area la malattia ha trovato le condizioni ideali per diffondersi, non solo nella fitta rete di allevamenti familiari caratterizzati da uno scarso livello di biosicurezza, ma anche nella popolazione di cinghiali selvatici. L’infezione si è rapidamente estesa verso nord, interessando progressivamente la Federazione Russa e diverse altre repubbliche appartenenti all’ex Unione Sovietica, fino a coinvolgere anche stati membri dell’Unione Europea, tra cui Polonia, Germania, Estonia, Lettonia, Slovacchia, Grecia, Lituania, Romania, Ungheria, Bulgaria.
2. Come si trasmette?
La malattia è altamente infettiva e la trasmissione può avvenire in diversi modi. I suini e i cinghiali si contagiano fra loro attraverso il semplice contatto con animali infetti che pascolano o vivono all’aperto. Un altro veicolo è rappresentato dall’ingestione di carni o prodotti a base di carne di animali infetti: scarti di cucina, broda a base di rifiuti alimentari e carne di cinghiale selvatico infetta (comprese le frattaglie). C’è poi il contatto degli animali con qualsiasi oggetto contaminato dal virus, come l’abbigliamento del personale che lavora negli allevamenti, veicoli e attrezzature.
In Italia ha minore rilevanza la trasmissione attraverso i morsi di zecche infette. La modalità di diffusione più comune è la circolazione di prodotti a base di carne di maiale contaminata e lo smaltimento illegale di carcasse. Il virus è dotato di una buona resistenza in ambiente esterno e può rimanere vitale fino a 100 giorni, sopravvivendo all’interno dei salumi per alcuni mesi o resistendo alle alte temperature. Per rendersi conto di quanto sia difficile bloccare il contagio, basta pensare che i cinghiali quando transitano in prossimità dei centri abitati e rovistano nella spazzatura possono infettarsi e trasferire il virus per decine di chilometri attraverso feci e urine.
3. La Peste suina africana è pericolosa per l’uomo?
No. La malattia non è trasmissibile all’uomo né attraverso il contatto diretto con animali malati, né tramite alimenti di origine suina. L’uomo può però essere veicolo di trasmissione attraverso la contaminazione di mezzi di trasporto, indumenti, attrezzature e cibo contenente carne suina, anche stagionata.
4. Perché è importante tenere sotto controllo la situazione?
La malattia, pur non rappresentando un rischio sanitario per l’uomo, causa ingenti perdite nel settore zootecnico suinicolo. Le norme europee sono molto ferree e prevedono l’abbattimento dei suini domestici in cui è stato riscontrato il focolaio, oltre al blocco delle movimentazioni e commercializzazione al di fuori dell’area infetta, compresa l’esportazione dei prodotti a base di carne suina provenienti da queste aree.
5. Quali sono i sintomi?
I sintomi principali negli animali colpiti sono: febbre, perdita di appetito, andatura incerta, difficoltà respiratorie e secrezione oculo-nasale, costipazione, aborti spontanei, emorragie. La presenza del virus nel sangue (viremia) dura dai quattro ai cinque giorni e conduce spesso al decesso dell’animale in tempi rapidissimi. Quelli che superano la malattia possono essere considerati portatori sani. In questo modo la Peste suina africana diventa endemica, perché questi esemplari contaminano altri animali e trasferiscono il problema in nuovi territori. Nel sangue prelevato, il virus è rilevabile fino a 18 mesi.
6. Che cosa devo fare se trovo una carcassa di cinghiale?
È fondamentale informare il servizio veterinario dell’Asl competente sul territorio o della Polizia provinciale o municipale per procedere alle analisi e allo smaltimento della carcassa, senza spostarla.
7. Che cosa devo fare per evitare di diffondere il virus nel territorio?
Non portare dalle zone infette prodotti a base di carne suina o di cinghiale, quali, per esempio, carne fresca e carne surgelata, salsicce, prosciutti e lardo che non siano etichettati con bollo sanitario. Occorre smaltire i rifiuti alimentari, di qualunque tipologia, in contenitori idonei e chiusi e non somministrarli per nessuna ragione ai suini domestici o ai cinghiali. Non lasciare rifiuti alimentari in aree accessibili ai cinghiali. I cacciatori devono pulire e disinfettare le attrezzature, i vestiti e i veicoli prima di lasciare l’area di caccia ed eviscerare gli animali abbattuti solo nelle strutture designate. Devono inoltre evitare contatti con i maiali domestici dopo aver cacciato. Gli allevatori devono cambiare abiti e calzature quando entrano o escono dall’allevamento, evitare assolutamente contatti, anche indiretti, con cinghiali o maiali di altri allevamenti e avvisare subito i servizi veterinari quando rilevano sintomi riferibili alla Psa o episodi di mortalità anomala.
8. È disponibile un vaccino efficace contro il virus?
No, al momento non sono disponibili vaccini e non esistono farmaci per la cura.
9. Ci sono restrizioni nei Paesi nei quali è presente la Peste suina africana?
In alcuni Paesi in cui la peste è molto diffusa sussiste il divieto di uscita e di ingresso di prodotti alimentari a base di carne suina a livello commerciale, compresa quella portata da turisti o passeggeri che arrivano da quelle zone.
10 Si possono mangiare prodotti alimentari contenenti carne suina?
I prodotti a base di carne suina si possono consumare, in quanto il virus non è trasmissibile all’uomo. Tuttavia i rifiuti devono essere correttamente smaltiti.
11. Come si possono preparare in sicurezza le carni suine?
Pur ribadendo che la Peste suina africana non costituisce un pericolo sanitario per le persone, si ricorda che è buona norma igienico-sanitaria non mangiare carne suina cruda o poco cotta e separare sempre la carne cruda dai cibi cotti o pronti da consumare.
12. Il virus negli escrementi contaminati rimane attivo?
In generale, come già detto, il virus è dotato di una buona e lunga resistenza in ambiente esterno. Il virus resiste due giorni nelle feci degli animali, tre o quattro giorni negli organi delle carcasse in decomposizione, 15 giorni nel sangue e nel midollo osseo. Nel prosciutto resiste 188 giorni, nei salami 60-75 e nella carne affumicata dai 25 ai 90 giorni.
13. In caso di focolai di Psa è consentita la caccia?
La caccia viene sospesa nelle aree infette, per il maggior rischio di diffusione della malattia attraverso le movimentazioni degli animali selvatici spaventati dall’attività venatoria e per la probabilità di trasportare il virus mediante mezzi di trasporto, attrezzi, indumenti, scarpe e animali cacciati.
14. Gli allevamenti familiari costituiscono un pericolo ?
Gli allevamenti privati rappresentano un rischio di diffusione del virus. È necessario impedire, mediante recinzioni, reti e altre misure, che animali selvatici entrino in contatto con gli animali allevati, soprattutto se questi sono tenuti all’aperto. I cani e i gatti che hanno accesso agli allevamenti suinicoli non rappresentano un pericolo, tuttavia è opportuno evitare che vengano a contatto con i suini per escludere precauzionalmente che possano diventare un veicolo passivo di trasmissione della malattia ad altri allevamenti o di portare il virus all’interno.
15. Che cosa fare se muore un suino in un allevamento rurale?
La morte di un singolo animale in un allevamento potrebbe non essere significativa, ma in questo periodo occorre effettuare la segnalazione al Servizio veterinario per procedere agli accertamenti diagnostici.
16. È obbligatorio per chi possiede un piccolo allevamento registrarlo alla Asl?
La norma nazionale prevede l’obbligo di registrare, presso il Servizio Veterinario dell’Asl, la detenzione di specie suina sia per scopi di allevamento commerciale, che rurale, per autoconsumo e hobbistico.
17. Esiste una normativa per gli allevamenti biologici?
Gli allevamenti biologici con animali allevati all’aperto sono maggiormente a rischio di contrarre la malattia dai cinghiali e, per questo motivo, devono attuare tutti gli accorgimenti necessari per limitare il rischio, installando per esempio doppie reti.
© Riproduzione riservata; Foto: AdobeStock, iStock, Fotolia
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
Nota di avviso :
La Lav (lega Antivivisezione)ha messo a disposizione il suo ufficio legale per assistere chi ha adottato maiali minacciati di abbattimento. L’associazione animalista ha infatti raccolto in un video alcune testimonianze dicittadini proprietari di maialini d’ affezione. La Lav sta quindi depositando il loro ricorso al Tar per l’immediata sospensione dei provvedimenti con i quali il Ministero della salute e la Regione Liguria hanno ordinato l’immediata macellazione e abbattimento anche di maiali sani e maialini vietnamiti.
Purtroppo non ci sono metodi alternativi per cercare di arginare la Peste suina africana che inesorabilmente avanza in decine di Paesi. Non esistono vaccini e l’abbattimento dei maiali e dei cinghiali sani è l’unico modo per cercare di arginare un virus che dimostra una capacità di diffusione impressionante.
C’è però una variante a questa regola, infatti l’Associazione medici veterinari italiani (Amnvi) fa sapere che i primi giorni di febbraio 2022 la Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari in risposta alla Lega Anti Vivisezione, ha chiarito che il dispositivo dirigenziale per il controllo della Peste Suina Africana prevede “la macellazione (immediata e programmata) dei suini detenuti per la produzione di alimenti per uso umano”. Non prevede l’abbattimento preventivo di tutti i suini allevati a scopi diversi da quelli zootecnici e alimentari.
Il Regolamento (UE) 2016/429 (Animal Health Law) non contempla il suino tra le specie di animali da compagnia – precisa la nota ministeriale – che però prende atto che “in alcune realtà sporadiche” i suini vengono detenuti per finalità diverse dalla produzione zootecnica o alimentare. Per questi animali, il Ministero ritiene “derogabile la procedura di macellazione”, a condizione di un “rigoroso rispetto di tutte le misure di biosicurezza utili ad evitare l’infezione da PSA e la sua diffusione”zona infetta.
La Direzione geneale raccomanda di osservare rigorose norme di biosicurezza ed in particolare di provvedere al lavaggio e disinfezione delle mani e delle calzature all’ingresso dei locali in cui sono tenuti i suini, e di “evitare assolutamente ogni contatto diretto o indiretto con altri suini domestici e loro detentori nonché con suini selvatici e con i cacciatori, nonchè l’alimentazione dei suini con rifiuti alimentari potenzialmente contaminati o alimenti a base di carne suina”
Esiste sempre un alternativa valida. per tutto ed esistono sempre piani B per affrontare ogni situazione, basterebbe volerlo..
Innanzitutto pensare di poter continuare ad allevare suini o animali da reddito chiudendolii in allevamenti intensivi che ne precludono la loro mobilità e necessità primarie non è solo un ingiustizi bestiale, , ma anche un modo
che rende le loro difese immunitarie sempre più deboli. Per non parlare dei lunghi viaggi della morte. Non potranno mai avvenire controlli dettagliati sulla salute di ogni singolo animale che viaggia da uno stato all altro E letteralmente impossibile . L’Europa si è mai chiesta quanti virus viaggiano in questo modo insieme agli animali??? Per non parlare della caccia e dei cacciatori. Pur di non fermarla in forma definitiva per un contenimento del virus si trovano metodi alquanto bizzarri fornendo ai cacciatori regole come quelle riferite nell articolo. Non si conterrà nessun virus in questo modo. .. La gente è arcistufa di seguire regole che limitano e contengono le loro liberta individuali a causa di sistemi di allevamento universali completamente folli. Dopo questa pandemia di Covid il mondo avrebbe dovuto imparare qualcosa di estremamente importante per garantire salute e serenità all umanità, nonché rispetto per la vita e la dignità animale, ma stanno commettendo i medesimi errori. Se si vuole costruire una casa solida bisogna iniziare dalle fondamenta , altrimenti tutto il resto non si manterrà in piedi..