Al di là di tutti gli sforzi che il colosso del fast food McDonald’s fa nei Paesi più sviluppati per rifarsi l’immagine, cercando di accreditare l’idea che tra le sue preoccupazioni principali vi sia la tutela dell’ambiente, le sue reali intenzioni probabilmente si vedono altrove, quando si osserva cosa sta facendo nei Paesi più sfruttati. Lì, infatti, è più forte l’aggressività delle sue campagne pubblicitarie sui social media – quelle destinate ad avere sempre più successo – rivolgendole principalmente alle fasce più fragili della popolazione, e cioè ai bambini, che si possono difendere di meno, e che una volta fidelizzati tenderanno a restare clienti molto a lungo. E poco importa se potrebbero prendere abitudini alimentari scorrette, visto che l’obiettivo è aumentare le vendite, e farlo per anni.
È questa la realtà che emerge da uno studio pubblicato su BMJ Nutrition Prevention & Health, nel quale i ricercatori dell’Università di New York hanno controllato cosa posta l’azienda sui social, nello specifico su Instagram, in 15 dei 101 Paesi in cui è presente, distinguendo tra livelli di sviluppo diversi. Australia, Usa, Regno Unito, Emirati Arabi Uniti, Portogallo, Canada e Panama sono stati inclusi tra i Paesi più ricchi; Libano, Romania, Malesia, Brasile e Sud Africa tra quelli a sviluppo medio-alto; Indonesia, Egitto e India tra quelli più poveri. In tutti, sono stati raccolti i post pubblicati su Instagram relativi al periodo settembre-dicembre 2019, con like, numero di follower, commenti e video associati comparsi fino all’aprile successivo, per un periodo di osservazione di quattro mesi.
In totale, i 15 account Instagram di McDonald’s contavano circa 10 milioni di follower, che hanno generato 3,9 milioni di like, oltre 165 mila commenti e 38,2 milioni di video. Nel mare magnum dei post, gli autori hanno identificato poco meno di 850 messaggi pubblicitari diretti, ma ciò che è stato illuminante è stata la distribuzione degli stessi: nei Paesi più poveri e in quelli a sviluppo medio, infatti, i post di marketing sono stati il 154% in più rispetto a quelli dei Paesi più ricchi, con una media, rispettivamente, di 108 post contro 43, nei quattro mesi di monitoraggio. Inoltre, nei tre Paesi poveri studiati sono stati osservati più post di tutti gli altri (per una media di 324 post contro 227 nei Paesi medi, e 298 in quelli più ricchi).
Analogamente, i post rivolti ai più piccoli sono stati molto più frequenti, sempre nei tre Paesi poveri: il 22% del totale, contro il 12% dei Paesi più sviluppati. Ed è cambiata anche, e molto, la tipologia dei messaggi: se infatti nelle aree a maggior reddito quelli incentrati sull’importanza di una dieta sana sono stati il 5% del totale, in quelli più poveri solo il 2,5%. Infine, solo il 14% dei post pubblicati nei Paesi ricchi è stato dedicato a una promozione o a uno sconto, contro addirittura il 40% dei post dei Paesi a minor reddito.
Tutto ciò dimostra che McDonald’s mette in campo le più classiche strategie di marketing rivolte ai più vulnerabili, come prendere di mira i più piccoli, attirare clienti con prezzi stracciati e non comunicare informazioni sulla salute, nei mercati dove pensa di poter crescere come ha fatto in Occidente per decenni. Non sembra aver compreso quanti danni possa fare il junk food, a tutte le latitudini. Per quanto riguarda l’ambiente, spingendo per trovare nuovi clienti sembra ‘dimenticare’ che la Terra è una sola, e non conta a quale mercato è destinato un allevamento intensivo: i danni che apporta sono gli stessi. Per questo gli interventi come gli edifici a minore impatto o il packaging più sostenibile appaiono poco credibili, come prove di una strategia complessiva aziendale improntata alla sostenibilità.
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Giornalista scientifica
Sullo stesso tema, ho trovato avvilente e fuori luogo, in ambito comunale (festa del libro presso la biblioteca) che McDonald offrisse la merenda ai bambini, li facesse mettere tutti in cerchio dopo aver consegnato il famoso Happy meal e infine chiedesse tramite i propri addetti, di urlare al cielo, mano nella mano, “Evviva McDonald”… Imbarazzante e manipolante.
“Non sembra aver compreso quanti danni possa fare il junk food” … davvero c’è gente che crede a possibili svolte green e salutiste da parte di questo tipo di aziende?