La Spagna mette al bando la pubblicità di dolci e bibite diretta ai bambini. Negli USA si sperimentano nuove contromisure al marketing
La Spagna mette al bando la pubblicità di dolci e bibite diretta ai bambini. Negli USA si sperimentano nuove contromisure al marketing
Agnese Codignola 3 Novembre 2021La pubblicità di dolciumi, di cibo spazzatura e di bevande zuccherate rivolta ai più piccoli ha i giorni contati in Spagna, e anche negli Stati Uniti potrebbe avere presto un avversario molto agguerrito: il cosiddetto countermarketing. In entrambi i Paesi, infatti, si è deciso di passare alle maniere forti dopo anni di politiche più tolleranti, che hanno puntato molto sulla buona volontà delle aziende, e dopo aver constatato l’assenza di risultati. Anzi, i più giovani sono sempre più bersagliati da pubblicità che arrivano da più fonti.
In Spagna, secondo quanto riportato da El Paìs, il ministro per gli Affari dei consumatori, Alberto Garzòn, ha annunciato che a partire dal prossimo anno sarà vietata qualunque forma di pubblicità di diverse tipologie di prodotti rivolta esplicitamente ai più piccoli: dolci con cioccolato o zucchero, barrette energetiche, dessert, prodotti da forno, e poi bevande zuccherate, energy drink, succhi, gelati e biscotti. La pubblicità sarà vietata del tutto nelle reti televisive dedicate ai bambini, molto limitata in quelle generaliste e in radio, e poi vietata negli orari considerati preferenziali per gli under 16. Lo stesso accadrà in rete, nei social media e sui siti, dove sarà vietata qualunque pubblicità rivolta ai minori di 16 anni.
La decisione è stata presa visto il continuo incremento del tasso di obesità infantile, e visto il fallimento dell’iniziativa denominata ‘Paos Code’, lanciata nel 2005, nella quale si delegava alle aziende, tra l’altro, l’autoregolamentazione della pubblicità. Secondo uno studio denominato Aladino, in corso da molti anni e i cui ultimi dati sono stati resi noti nel 2019, tra i 6 e i 9 anni più del 40% dei bambini spagnoli è al di sopra del peso consigliato, più del 23% è in chiaro sovrappeso e più del 17% è già obeso. Non stupisce, quindi, che il governo abbia optato per una stretta così drastica.
Si è deciso inoltre di non utilizzare le etichette a semaforo perché in Spagna sono controverse. Piuttosto, si è pensato di seguire le indicazioni del 2015 dell’Oms, che aveva individuato 17 categorie di alimenti e aveva definito per quali di esse, in base al contenuto di zuccheri, sale e grassi, le pubblicità dovrebbero essere del tutto vietate, e per quali possono essere consentite, a patto che i livelli di nutrienti rimanessero al di sotto dei valori fissati per 100 grammi di prodotto.
Qualcosa di simile, ma con strumenti diversi, potrebbe accadere negli Stati Uniti. I ricercatori dell’Università di Washington hanno infatti condotto uno studio sulle potenzialità del cosiddetto countermarketing, cioè sulla pubblicità negativa, simile a quella utilizzata contro il tabacco, con foto e scritte esplicite. Alla fine della ricerca gli scienziati hanno dimostrato che la tecnica è molto efficace.
I ricercatori hanno chiesto a 1.600 genitori, tutti latinos (il gruppo più colpito dall’obesità e quello che ha il maggior consumo pro capite di bevande zuccherate), di prendere parte a un gruppo Facebook, nel quale hanno condotto decine di focus group per capire in che modo considerassero la pubblicità, e se fossero consapevoli del fatto che spesso è personalizzata e non di rado ingannevole (per esempio, quando afferma che i succhi di frutta fanno sempre bene, anche se sono pieni di zucchero). Ai genitori è stato domandato anche in base a quali principi acquistano i prodotti per i figli e molto altro. Poi, per sei settimane, i ricercatori hanno mostrato loro delle immagini progettate in base a quanto emerso, personalizzate per la comunità ispanica, dopo aver diviso i partecipanti in tre gruppi: uno che vedeva solo immagini negative di succhi di frutta, uno che ne vedeva di negative insieme ad altre positive sul consumo di acqua, e uno di controllo, cui sono stati mostrati avvisi sulle cinture di sicurezza delle auto. Alla fine tutti dovevano simulare un acquisto da un finto sito di e-commerce che proponeva succhi di frutta al 100%, bevande zuccherate o alla frutta, e acqua.
Come riferito sull’American Journal of Clinical Nutrition, i genitori che avevano visto solo messaggi negativi hanno diminuito l’acquisto di bevande del 31% rispetto al gruppo di controllo, e quelli che avevano visto anche i messaggi positivi sull’acqua hanno diminuito le scelte malsane del 43%. Questi ultimi sono anche stati quelli che, più di tutti, hanno optato per l’acqua. Lo strumento sembra dunque funzionare, ed è interessante che tutto sia stato condotto via social media, perché significa che questi canali possono rivelarsi molto utili. I ricercatori ne sono così convinti che hanno creato un sito di countermarketing per aiutare chi (per esempio gli insegnanti) desidera continuare a veicolare i giusti messaggi a bambini e genitori e hanno affermato che, se la situazione non dovesse cambiare, si potrebbe pensare a una normativa che obblighi a riportare foto e diciture sulle bevande dolci, come sulle sigarette.
© Riproduzione riservata Foto: astock.adobe.com, fotolia.com, Università di Washington
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Giornalista scientifica
E’ urgente che anche in Italia si ponga un limite alla pubblicità indecente del cibo spazzatura. Le reti televisive dovranno rinunciare a introiti cospicui, ma la nostra salute deve avere la precedenza.