Il governo ha deciso in questi giorni di rinviare al 2023 l’adozione della sugar tax sulle bibite con il benestare delle industrie del settore, che da tempo ne contestano l’utilità. La realtà è però diversa e chi sostiene che la tassa sullo zucchero non funziona è malinformato. Si tratta di giustificazioni utilizzate in modo pretestuoso da una parte dell’industria alimentare e dalle lobby del settore. La realtà è leggermente diversa. La sugar tax sulle bibite, e solo in qualche caso sulle merendine, è applicata in circa 50 paesi (in questo articolo descriviamo le iniziative in corso). In molti casi si tratta di una risposta all’invito dell’Oms di promuovere azioni per ridurre il consumo di zucchero. Come riferito su Obesity Reviews, il risultato è stato che, in media, a una tassa del 10% corrisponde un calo del consumo di bevande zuccherate della medesima entità. Lo stesso vale per il consumo di altri prodotti: con una tassa del 10%, i consumi di bibite alternative salgono in media dell’1,9% e quelli di acqua del 2,9%.
Certo, quando si parla di tassa sullo zucchero, la scelta da fare è tra gli interessi dei cittadini e quelli delle lobby. D’altro canto la riduzione di zuccheri, sale e grassi nella dieta quotidiana è una necessità in tutti i Paesi occidentali e anche in Italia, se si vuole affrontare in modo serio il problema dell’obesità. L’eccesso di zuccheri nella dieta è ritenuto dall’Oms un importante fattore di rischio per la salute. In Italia ne consumiamo il doppio rispetto a quanto consigliato e questo dato dovrebbe prevalere su qualsiasi argomentazioni di tipo economico.
Il Fatto Alimentare nel mese di gennaio 2019 ha inviato all’allora ministra della Salute Giulia Grillo una lettera firmata da 340 medici, nutrizionisti, dietisti e pediatri per chiedere che in Italia venga introdotta una tassa del 20% sulle bibite zuccherate, da destinare a progetti di educazione alimentare. I 250 milioni che potrebbero entrare nelle casse dello stato, dovrebbero essere destinati esclusivamente a iniziative contro l’obesità e il sovrappeso (considerando che il problema interessa il 30% dei bambini e il 45,1% degli adulti). Tra coloro che hanno espresso parere positivo sulla sugar tax ci sono personalità come l’ex presidente dell’Istituto superiore di sanità, Walter Ricciardi, il direttore dell’Istituto di ricerca farmacologica Mario Negri, Giuseppe Remuzzi, e il direttore del Dipartimento di nutrizione per la salute e lo sviluppo dell’Oms, Francesco Branca. La lettera è stata sottoscritta e condivisa anche da 10 società scientifiche che si occupano di nutrizione, tra le più accreditate in Italia.
La vicenda è stata ignorata dalla ministra della Salute di allora, forse più sensibile alle argomentazioni di Federalimentare, Assobibe e Coldiretti e alla narrazione sugli scarsi risultati ottenuti negli altri Paesi. I politici hanno creduto a queste storielle e hanno tranquillizzato le lobby opponendosi alla tassa. Il mondo dei nutrizionisti e delle più autorevoli società scientifiche italiane è schierato a favore della sugar tax, ma i politici e i ministri preferiscono ascoltare l’industria alimentare dei prodotti da forno e delle bibite zuccherate. L’aspetto bizzarro è che sui giornali e in tv sono mancate allora come adesso le interviste, i commenti e i pareri dei nutrizionisti e degli esperti di alimentazione, che difficilmente potrebbero schierarsi contro la sugar tax.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24