Il biossido di titanio (TiO2) è largamente impiegato dall’industria alimentare come additivo, e viene indicato in etichetta con la sigla E171. In un recente articolo de Il Fatto Alimentare, Gianna Ferretti blogger di Trashfood evidenziava come ultimamente sia aumentata l’esposizione a questo materiale e si interrogava sugli eventuali rischi dei suoi composti usati in forma nanometrica (nano TiO2).
Un lettore ci ha segnalato che anche la Bauli impiega il biossido di titanio nei Croissant 5 cereali al latte. Abbiamo chiesto all’azienda il perché di questa scelta che così ha risposto.
Il biossido di titanio, nel settore dolciario, viene generalmente utilizzato come colorante (definito naturale) per dare ai prodotti di confetteria e alle creme al latte un piacevole color bianco, cosa impossibile utilizzando solamente ingredienti primari quali ad esempio latte, zucchero, panna, ecc.
Senza additivi si ottiene una crema traslucida, poco appetibile che non piace ai consumatori e tutti sanno quanto sia importante l’aspetto estetico dei cibi, soprattutto se confezionati.
Sulla tossicità del biossido di titanio non ci sono dati, né studi specifici che confermino o meno effetti dannosi sulla salute umana, tant’è che in Europa non esistono dosi massime consigliate.
Le aziende potrebbero usare il “principio di precauzione” come definito nella 178/2002, ma adottando questo metodo nel settore alimentare si dovrebbe fare a meno di numerosi ingredienti, anche insospettabili. Detto questo la Bauli, per rispondere alle richieste dei consumatori, è intenzionata, al termine dell’esaurimento incarti (qualche settimana), a sostituire la crema attuale con una sua evoluzione senza biossido di titanio, proprio per non creare ulteriori allarmismi anche se ritenuti da noi ingiustificati.
Massimo Ballarini (direttore della Ricerca & Sviluppo e Assicurazione Qualità della Bauli)
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Questo è un esempio di come dovrebbe agire la stampa, da cane da guardia rispetto a interessi precisi.Complimenti a IlFatto. Il salto di mentalità da propiziare presso l’industria alimentare è proprio questo: andare oltre una visione del consumatore da “ingannare” con certo marketing “sensoriale” vecchio stile, ottenuto a discapito della salubrità; per andare invece verso un marketing improntato a consapevolezza e valori di salute.
Rileva che la normativa in materia di additivi alimentari sottolineai come ogni additivo debba essere giustificato tecnologicamente.
Certo la “giustificazione tecnologica” dipende da attese dei consumatori, ed è un terreno scivoloso sulla base del quale si può fare se non tutto, quasi.
Solo consumatori più consapevoli in ultima analisi possono favorire un cambiamento. Magari con qualche “early adopter” come nel caso della rivoluzione guidata da Barilla su “senza grassi idrogenati”, seguita ben presto da (quasi) tutti i competitor.
Per ovviare alla mancanza di colore della crema, non serve mettere il biossido di titanio, basterebbe aggiungere del latte. Bello come le aziende alimentari pensino prima di tutto alla salute del consumatore, lo si evince dalla frase “Le aziende potrebbero usare il “principio di precauzione” come definito nella 178/2002, ma adottando questo metodo nel settore alimentare si dovrebbe fare a meno di numerosi ingredienti, anche insospettabili.”