Mentre in Italia Confesercenti annuncia che sono oltre 100 mila i locali pubblici legati alla ristorazione che non hanno riaperto i battenti dopo il lockdown e probabilmente non lo faranno, e mentre la città di New York permette la riapertura dei ristoranti al chiuso (da giugno erano autorizzati solo quelli con tavoli all’aperto), ma con una capienza massima del 25%, dalla ricerca giungono notizie assai poco confortanti per i ristoratori.
Secondo uno studio dei Centers of Disease Control and Prevention, pubblicato sul bollettino Morbidity and Mortality Weekly Report, infatti, chi frequenta abitualmente i ristoranti ha un rischio molto più alto di ammalarsi di chi non lo fa. E un altro studio giunge indirettamente a risultati dello stesso tipo, ponendo ancora una volta l’accento sull’importanza del distanziamento.
Nell’indagine dei CDC sono stati confrontati i comportamenti di circa 150 persone che si sono ammalate di Covid-19 e che sono state curate in 11 centri medici di tutto il paese con quelli di 160 individui sintomatici ma negativi al tampone per Sars-CoV-2 (da un campione iniziale di più di 600 e 1.200 persone, simili per età, sesso e sede dello studio). Il risultato è stato che i positivi al coronavirus erano stati a mangiare fuori (in qualunque tipo di ristorante) il doppio delle volte rispetto ai negativi nei 14 giorni precedenti i primi sintomi. Il legame tra infezioni e ristorazione sarebbe dovuto al fatto che, per quante cautele si adottino, è impossibile tenere la mascherina e rispettare il distanziamento mentre si mangia, e questo aumenta il rischio, soprattutto al chiuso.
Del resto, l’importanza del distanziamento è stata ancora una volta confermata in un altro studio, uno dei primi condotti sul campo, e cioè intervistando oltre mille persone e ricostruendo cosa avevano fatto o meno nei giorni precedenti l’infezione. I ricercatori della Johns Hopkins University, stato che finora ha registrato 117 mila casi e 3.800 morti, hanno intervistato 1.030 persone, di cui il 5,3% ha riportato di essere risultato positivo al tampone per Sars-CoV-2. Quindi, come riferito su Clinical Infectious Diseases, hanno chiesto loro di raccontare i propri spostamenti e le proprie abitudini sociali, scoprendo così che chi si era mosso di più aveva avuto una probabilità molto più alta di infettarsi.
Per esempio, per chi ha usato i mezzi pubblici più di tre volte nelle due settimane precedenti il rischio era stato 4,3 volte superiore rispetto a chi non li aveva presi; la possibilità di ammalarsi era stata addirittura 16 volte più alta per chi ha frequentato luoghi di culto tre o più volte (sempre nelle due settimane precedenti). Specularmente, il rischio è stato pari un decimo tra chi ha osservato un distanziamento rigido, uscendo di casa il meno possibile rispetto a chi ha affermato di non aver assunto nessuna particolare precauzione nella sua vita sociale.
Va infine ricordato che circa un terzo dei pazienti riferisce sintomi gastrointestinali come nausea, vomito e diarrea, codificati in tutte le linee guida ufficiali, che possono essere confusi con quelli di un’intossicazione alimentare causata da altri agenti patogeni, se nei giorni precedenti ha mangiato fuori.
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Giornalista scientifica
Ci sono ristoratori che non rispettano le norme, ne ho visti molti e li ho bacchettati nelle recensioni online, tuttavia come mi scrive un’amica che dirige un locale a Milano che io uso come punto di riferimento per quanto riguarda il rispetto delle norme: “Io parlerei invece del fatto che molti clienti non rispettano le norme e devi litigare per farle osservare. Ti chiedono i tavoli con le distanze e poi arrivano e si ammassano oppure si abbracciano e si baciano.”
Mi raccontava delle solite scuse per quanto riguarda l’uso delle mascherine: l’ho dimenticata … non sapevo… (dopo 6 mesi di pandemia non lo sapevi?) … sino a quella mamma che le ha risposto: “tanto l’avete voi” dimostrando quindi di non avere capito nulla. La mia mascherina protegge te, ma la tua protegge tutti noi.
In un ristorante a Firenze ho prenotato un tavolo per otto e mi hanno chiesto se gli invitati erano tutti amici se si fanno firmare un modulo ma che senso ha? I tavoli casomai distanziati ma l’apparecchiatura molto vicina allora che serve?
bravo Paoblog, così si sensibilizzano gli insensibili 🙂 con le recensioni online. Idem faccio io. Pure sulla loro pagina FB.
Inutile lamentarsi delle cose che non vanno se non si agisce, come vedo che fa anche Agnese.
Grazie a il Fatto per i vostri articoli, che condivido spesso in FB.
Credo che il senso dello studio non sia cercare un colpevole. Il punto qui è che le condizioni oggettive dei ristoranti sono tra quelle più a rischio (permanenza per parecchio tempo in spazi chiusi, senza mascherina per mangiare), così come lo è nelle aule scolastiche. Aumentano, se ce ne fosse bisogno, le dimostrazioni che le vere armi, per ora, sono il distanziamento e la mascherina. Non è un caso se a New York permetteranno solo il 25% dei posti. Cosa che, in Italia, per molti, significherebbe al massimo uno-due tavoli. Purtroppo per qualche mese ancora bisogna accettare queste limitazioni. In gioco c’è la vita, perché è sempre più chiaro che il covid è una malattia multi-organo grave anche in chi non ha sintomi, i cui danni a lungo termine sono ignoti, e anche il rischio di nuovi lockdown
Non ho dubbi che non sia uno studio per colpevolizzare qualcuno, ma piuttosto per definire il modo migliore di comportamento.
Proprio perchè i ristoranti potrebbero essere un punto debole è importante che sia il consumatore in primis a rispettare le norme ed a segnalare quei locali che non sono virtuosi.
In questo frangente non può essere abbastanza rispettosi delle norme, come capitava una volta. Non c’è lo spazio per fare certe cose e non farne altre. Per cui al primo segnale di inosservanza fare le debite considerazioni e/o segnalazioni.
Io ho perso un cugino causa Covid, per cui sono sul pezzo, sia in ambito lavorativo sia personale ed infatti frequento pochissimi posti e solo se, come in questo locale citato, ho la garanzia assoluta del rispetto delle normative in vigore.
Concordo e personalmente segnalo ogni violazione per esempio sui mezzi pubblici, anche a rischio di insulti…
E’ vero che qui si parla di alimenti e quindi il punto sui ristoranti era più pertinente all’argomento trattato, ma il titolo dell’articolo sembra puntare il dito solo sui ristoranti lasciando alla buona volontà del lettore giungere a scoprire che viaggiare sui mezzi pubblici è più pericoloso ancora.
Inoltre, ho cercato di trovare dei sottintesi, degli impliciti non dichiarati – dovrei andare a cercare l’articolo corrispondente nel sito CDC – , ma la frase che ho un po’ riarrangiata senza peraltro cambiarne il significato: ” Il risultato è stato che i positivi al coronavirus erano stati – nei 14 giorni precedenti i primi sintomi – a mangiare fuori… il doppio delle volte rispetto ai negativi.” è completamente priva di senso scientifico: significa che esiste un numero di volte che fa da discrimine tra chi sarà colpito dal virus e chi no??? Questo è il significato reale della frase! Cioè
Immaginiamo che i negativi siano andati a mangiare 6 volte nei 14 giorni precedenti; i positivi ci sono andati 12 volte! Quindi esiste una quantità di volte – ipotizziamo 9 volte – per cui finché rimango entro quel valore non sarò comunque negativo, mentre se lo supero divento positivo!
Ma il CDC sa cosa sta dicendo o spara cifre e concetti a caso?