Ogni anno nel mondo 11 milioni di persone muoiono per cause più o meno direttamente associate alla dieta. Società scientifiche e autorità sanitarie da anni ripetono che anche i medici devono fare la loro parte, ovvero spiegare ai pazienti l’importanza di una sana e corretta alimentazione. Eppure, se questi ultimi non lo fanno, o non sono sufficientemente efficaci, la colpa non è solo della loro mancanza di tempo o di volontà: è anche perché non sono formati a farlo e non dispongono degli strumenti culturali adeguati per trasmettere le informazioni ai pazienti in modo utile e comprensibile. Per questo, se si vuole davvero che le persone si ammalino di meno a causa di ciò che mangiano, bisogna cambiare tutto.
Questa è la drastica conclusione a cui giunge una metanalisi molto interessante pubblicata su Lancet Planetary Health, nella quale i ricercatori della Griffith University australiana hanno preso in esame 24 studi condotti tra il 2012 e il 2018 e provenienti da tutto il mondo, cercando di capire che cosa si faccia nell’ambito della formazione dei medici in alimentazione. A tale scopo hanno valutato ricerche che avevano verificato le conoscenze di studenti e specializzandi, i curricula dei diversi corsi, la qualità di alcuni programmi integrativi specifici e in generale la percezione e le convinzioni dei medici di domani in materia di cibo.
Pur essendo spesso studi di scarsa qualità, e da considerare quindi con una certa cautela, il quadro che ne è emerso è omogeneo e abbastanza desolante. Praticamente nessuna università prevede come obbligatoria una formazione specifica strutturata e approfondita. Al massimo propone qualche corso complementare o qualche iniziativa sporadica, non di rado affidata a docenti di materie mediche e non a specialisti di nutrizione. Però tutti i giovani o quasi pensano che sarebbe necessaria, e che quanto viene loro offerto (quando ciò accade) sia di qualità e quantità del tutto insufficienti e insoddisfacenti.
Per questo gli autori chiedono con forza che l’insegnamento degli aspetti fondamentali della nutrizione diventi obbligatorio, e che venga proposto anche con sistemi innovativi sia dal punto di vista tecnico (per esempio con corsi online e con aggiornamenti continui anch’essi obbligatori) sia dal punto di vista culturale. Sarebbe necessario stabilire collaborazioni con dietologi e nutrizionisti affidando loro la gestione di queste materie, proponendo laboratori di cucina salutare e utilizzando strumenti didattici non necessariamente convenzionali.
Per fare tutto questo ci vogliono molti fondi, ma i ricercatori pensano che la questione non sia prorogabile, e che ogni paese debba comunque trovare risorse, attribuendo uno status di priorità rispetto ad altre spese, viste le dimensioni delle patologie associate alla dieta.
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Giornalista scientifica
E’ una cosa veramente grave.
Intanto, vedere un medico sovrappeso è una pessima pubblicità della sua professionalità.
Poi ho un esempio inquietante in famiglia: mia suocera è decisamente sovrappeso ed il suo medico di base non le ha mai consigliato una dieta o comunque di rientrare nel suo peso forma ma continua solo a prescriverle medicine contro il colesterolo e l’ipertensione…
Trovo giusto che i medici si occupino di medicina e malattie. La nutrizione e l’alimentazione deve essere di esclusiva pertinenza di chi si formato scolasticamente per quella precisa professione. Il non può e non deve essere un tuttologo. Se esiste una laurea triennale con specializzazione in dietistica vorrebbe dire che un medico dovrebbe fare tre anni in più per acquisire le stesse competenze del dietista. Il medico faccia il medico, che già così, ne ha molto da studiare, anzi, mai abbastanza
Quando un paziente si presenta in ambulatorio lamentando un qualche disturbo ci dovrebbe essere dall’altra parte del tavolo la conoscenza e competenza necessarie a stabilire se può bastare un cambio di alimentazione oppure se serve un medicinale oppure entrambe le cose per normalizzare.
Altra scena equivalente è quando una persona reduce da cure pesanti od operazioni deve scegliere come alimentarsi per recuperare al meglio la sua salute sia durante la degenza in ospedale che a casa.
Questi risultati attualmente si potrebbero ottenere facendo collaborare figure mediche diverse su un piano paritario, sarebbe molto meglio che dare una infarinata di istruzione alimentare con qualche corso striminzito ai medici generici.
Non basta certamente fare qualche scarso corso di formazione per avere in mano la capacità di scegliere tra il ricorrere a medicinali o al cambio di dieta alimentare.
Però se serve anche la benedizione della confraternita delle case farmaceutiche allora la situazione attuale andrà ancora per le lunghe.
al lavoro il nostro medico di base donna ci dice spesso: “ ragazzi mangio malissimo lo so..“
La cosa preoccupante é che questi medici non hanno consapevolezza della gravitá di quello che dicono e quasi si vantano, proprio perché non hanno la cultura per capire l’argomento.
Una qualsiasi Azdora (casalinga) con la licenza elementare ( e non medie) é avanti anni luce.
e i colmi dei medici non si esauriscono certamente né con gli interventi precedenti e, sicuramente, né con il mio: il medico di base di mio padre fumava (e forse continua a farlo tuttora) tranquillamente nel suo ambulatorio (!!!), figuriamoci se poteva dare consigli alimentari. comunque, sarebbe ora che i medici seguissero dei corsi obbligatori sulla corretta nutrizione! molto meglio poter ottenere qualcosa piuttosto che nulla…
Sono decenni che lo dico. L’alimentazione è fondamentale per lo stato di salute e i medici DEVONO, ogni volta sia possibile, dare le corrette indicazioni ai loro pazienti. Peccato che così facendo si venderebbero meno farmaci, ad es. statine,, per dirne uno, e Big Pharma ovviamente faccia di tutto per evitarlo
La scuola. Non per i ragazzi ma per i genitori. Qualche incontro pomeridiano per i genitori a scuola. E’ la madre che decide dell’alimentazione, mica il medico.
La situazione italiana è analoga a quella americana. Il problema sono gli Ordini professionali e le “attività riservate” a determinate professioni. Queste riserve professionali non sono sempre l’esito di competenze acquisite nel corso degli studi, ma sono il frutto di un potere politico. Diciamo che sono l’esito di attività lobbystiche. Se oggi potessero prescrivere diete solo coloro che hanno studiato nutrizione umana e fisiopatologia della nutrizione, gli unici abilitati a farlo sarebbero i dietisti, i dietologi e quei biologi che hanno fatto la scuola di specialità in Scienze dell’Alimentazione oppure la laurea magistrale in Nutrizione umana. Allora si che il corso di Nutrizione umana comparirebbe in tutte le Facoltà di Medicina (e di Biologia). Ma siamo in Italia e non accadrà.