Nel latte materno delle donne residenti a Taranto i livelli di diossine e Pcb sono del 28% più elevati rispetto alle donne che abitano in provincia. Il dato è preoccupante, ma purtroppo risulta in linea con quanto osservato in altre aree industrializzate presenti Italia. Sono queste le conclusioni di uno studio di tre anni, realizzato dall’Istituto superiore di sanità in collaborazione con il Dipartimento prevenzione dell’Asl di Taranto, per valutare l’esposizione a diossine e Pcb delle donne tramite l’analisi del latte materno.
La ricerca si inserisce all’interno di un programma di biomonitoraggio per determinare la concentrazione di queste sostanze, vista la prossimità e le problematiche di contaminazione dello stabilimento siderurgico dell’ILVA.
Per realizzare lo studio sono stati raccolti e analizzati complessivamente 150 campioni di latte, 76 appartenenti al gruppo delle donne residenti a Taranto, e 74 appartenenti al gruppo delle residenti in provincia (in un’area di controllo localizzata a più di 30 km dalla città). Le donne sottoposte al controllo erano tutte primipare di età compresa tra i 25 e i 40 anni e residenti in zona da almeno dieci anni.
Alla fine l’esito dello studio ha evidenziato che nelle persone residenti a Taranto, le concentrazioni degli inquinanti sono risultate più elevate (dal 18 al 38%) a seconda delle sostanze considerate (diossine, Pcb diossina-simili e Pcb non diossina-simili) e pari al 28% per l’insieme delle sostanze ad azione diossina-simile, rispetto ai valori rilevati nelle donne residenti in provincia.
Nonostante le concentrazioni più elevate siano statisticamente significative, secondo i correnti approcci di valutazione, questi valori sono associabili a una bassa probabilità di effetti avversi per la salute. Inoltre, “il confronto con i risultati di altri studi di biomonitoraggio – afferma Elena De Felip del Dipartimento ambiente e salute dell’Istituto superiore di sanità – effettuati negli anni precedenti a Taranto e provincia, suggerisce che nel tempo ci sia stata una riduzione dell’esposizione a queste sostanze”.
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Giornalista, redattrice de Il Fatto Alimentare, con un master in Storia e Cultura dell’Alimentazione
Mi sono occupato fattivamente di alimentazione dei lattanti fin dagli anni ’60 ed era già stranoto grazie a numerosi articoli scientifici nazionali ed esteri, che il latte materno, in particolare nelle città, è maggiormente, spesso molto più inquinato da residui di vario genere rispetto a quello delle donne che vivono stabilmente in ambiente agricolo e d ai latti formulatoi di origine vaccina. Ciò data la particolare esposizione attraverso l’ambiente, gli usi e gli alimenti della popolazione cittadina.
Niente da meravigliarsi. Taranto non sarà molto diversa da Milano, Firenze o Roma. Fa solo più impressione perché l’argomento ILVA è particolarmente d’attualità.