L’Italia al 31 dicembre 2018 ha prodotto solo 166.476 tonnellate di olio d’oliva. Si tratta del dato peggiore degli ultimi anni, una crisi che si risolve con un incremento delle importazioni di olio extravergine da Spagna, Grecia, Tunisia e Marocco. Vuol dire che per soddisfare il mercato interno i grandi marchi italiani dovranno importare una quantità pari a circa il 70% del fabbisogno (*).
Tradotto in soldoni, il 90% circa delle bottiglie d’olio extravergine esposte sugli scaffali dei supermercati, non considerando le Dop, contiene miscele di olio UE ed extra UE. Capirlo non è difficile perché sull’etichetta compare una di queste frasi “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari”. La presenza di queste diciture non vuol dire che l’extravergine sia di qualità inferiore rispetto all’olio “100% italiano”, la bontà dell’extravergine è legata all’annata del raccolto, alla materia prima e all’abilità nel saper miscelare le diverse partite.
Il prezzo dell’extravergine italiano
Ma c’è un altro problema molto delicato: il prezzo. L’extravergine italiano del nuovo raccolto (non Dop) si vende all’ingrosso a 5,5 – 6 €/l, più del doppio rispetto a quello importato dalla Spagna che gode di un abbondante raccolto e di una produzione in costante aumento. La differenza si nota anche sullo scaffale dei supermercati dove le bottiglie di prodotto italiano costano 8 -11 €/l, contro i 5-6 dell’olio ottenuto con partite provenienti da Paesi UE e non UE.
“In questa situazione difficile – si chiede Alberto Grimelli, direttore di Teatro naturale, nell’ultimo editoriale apparso in questi giorni – è lecito chiedersi come possa l’olio extravergine di oliva italiano a marchio Despar essere venduto a 2,99 €/l“. Si tratta di un prezzo pazzo, anche perché l’offerta è presentata come una promozione e non come un sottocosto.
Le offerte
Come si giustifica il miracolo Despar visto che il costo all’ingrosso dell’extravergine negli ultimi 2 anni non è sceso sotto i 3,7 €/l (vedi tabella sotto) e che i costi di confezionamento, trasporto, distribuzione… per ogni bottiglia ammontano a 1 €. Despar in una nota inviata in redazione, precisa che il prezzo ha interessato un lotto prossimo alla data di scadenza (meno di 15 giorni), venduto in deroga alla normativa sul sottocosto come previsto dalla norma di legge (art.2 comma 1 lett.B, dpr 218/2001). Si è trattato comunque di una vendita effettuata presso un solo punto di vendita.
Nei punti vendita ci sono sovente altre offerte interessanti (Esselunga propone con la formula 1+1 – compra un prodotto ti regalo il secondo – l’extravergine Monini classico a 4,5 €/l) . “Risolvere il rebus del prezzo stracciato è difficile – conclude Grimelli – il mondo dell’olio d’oliva nazionale per quanto riguarda la comunicazione sta vivendo un salto all’indietro. Un triplo salto mortale. Si tratta di un vistoso arretramento, in materia di trasparenza e di tutela del consumatore, rispetto a posizioni che sembravano ormai acquisite e ben consolidate“.
Voce di costo | Costo €/l |
Acquisto olio e trasporto in oleificio, perdite per impurità, filtrazione | 5,4 |
Costo di imbottigliamento + trasporto + marketing + ammortamenti… | 1,5 |
Profitto industria olearia (4%) e supermercati (15%) | 1,3 |
Prezzo finale a scaffale | 8,2 |
(*) Negli ultimi anni, la produzione di olive italiane ha subito forti oscillazioni: 474 mila nel 2015 e 182 mila l’anno dopo; 429 mila nel 2017 e le 166 mila di quest’anno.
© Riproduzione riservata
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
forse è il caso di aggiungere una informazione: nella GDO ci sono circa 3 /4 metri di scansie con olio EVO delle marche più disparate. Provate a controllare…non c’è una sola bottiglia che contenga olio dell’ultima spremitura.
E’ tutta merce di 1 o 2 spremiture fa.
E credo che nei magazzini ci sia ancora tanta tanta roba.
Credo che il mercato in questo caso assorba meno di quanto si produce e forse si sono anche modificate alcune consolidate tradizioni nel consumo di EVO.
puo’ spiegare meglio per favore? cos’e’ EVO? grazie
evo = extra vergine oliva
federico per poter definire un olio sicuramente vecchio andrebbe fatta un analisi chimica e o sensoriale, io che lo faccio di mestiere le posso dire che un olio che presenta un difetto di rancido seppur lieve è quasi certamente un olio di una o due annate fa…facendo qualche assaggio ogni tanto di oli da supermercato le posso dire che gli oli negli scaffali non presentano quasi mai questo difetto.
molto più spesso ritrovo il difetto di bosso-pipi di gatto tipico degli oli spagnoli, il che mi fa pensare che gli oli siano più probabilmente nuovi(non vecchi) lavorati male.
ci tengo a precisare che qualunque difetto riscontrabile in un olio all’analisi sensoriale, lo declasserebbe a semplice vergine o addirittura lampante a seconda del grado di gravità dei difetti.
tempo fa mi è capitato di seguire un servizio in televisione, in cui degli incaricati al controllo qualità assaggiarono diversi oli mandandone 8 a farne analizzare il laboratorio. alla verifica solo 2 risultarono effettivamente difettati.
la mia domanda a questo punto è:
possibile che della gente che fa questo mestiere “azzecchi” solo 2 oli difettati su 8 facendone un assaggio?
non sarebbe ora di mettere degli incaricati veramente competenti a fare questo mestiere non solo bravi a leggere le etichette ma anche a riconoscere la qualità del contenuto?
aggiungo che le sanzioni fatte a queste multinazionali debbano essere proporzionate al complessivo fatturato delle stesse e non al singolo lotto di olio in questione… perchè se le multe vengono fatte solo su una piccola parte venduta, il danno arrecato equivale a pochi spiccioli per i soggetti in questione.
Per quanto riguarda l’olio EVO italiano, purtroppo ha dei prezzi molto alti e sempre meno viene acquistato, non parliamo poi di quello IGP (che costa dai 15 ai 20 € al litro). Io uso solo di quello e ne so qualcosa. Nei banchi dei supermercato si trova sempre meno proprio per questo. Ho reclamato e così mi è stato risposto.
E’ palesemente il sintomo del continuo calo del potere di acquisto delle famiglie.
grazie e mi scusi per l’ignoranza. Quindi , forse per il costo superiore di evo , se ne vende di meno e aumentano le scorte? A questo punto , dovrebbe esserci un calo dei prezzi dalle spremiture successive. mi sbaglio o ci sono altri fattori di mercato? Il fatto che le scorte in questione siano di 1 o 2 anni fa, ne compromette le qualita’ organolettiche o nutrizionali in qualche modo? grazie
michele l’olio vecchio si ossida e irrancidisce, alle multinazionali conviene comprare olio straniero anno per anno e rivenderlo con un ricarico che gli consenta di fare profitto qui in italia.
probabilmente le scorte vengono destinate al mercato estero.
non avrebbe senso tenerlo in magazzino troppo tempo…
sinceramente ho trovato davvero pochi oli commerciali rancidi quindi ne deduco che l’olio sugli scaffali sia quasi sempre nuovo, magari con altri difetti al gusto diversi dal rancido, ma quasi sempre oli nuovi.
1. esiste solo l’olio d’oliva, derivato dalla raccolta e dalla lavorazione delle olive di una determinata zona (es.: olio delle olive della zona del Lago di Garda);
2. ogni zona produrrà un olio diverso (olio dei colli toscani sarà certamente diverso dall’olio del Garda);
3 si abolisca, d’ufficio, la dicitura ‘extravergine’, dicitura impalpabile e fuorviante –
Perché abolire la dicitura extravergine!
Sui punti 1 e 2 sono concorde e serve per valorizzare e caratterizzare le produzioni locali anche di piccoli coltivatori in consorzio per la spremitura e l’imbottigliamento.
Mentre per il punto 3 sulla denominazione extravergine, non vedo alcuna ragione logica per svalutare una produzione rispettosa dell’integrità dell’olio spremuto a freddo con bassa acidità controllata, che merita una remunerazione proporzionale alla qualità totale della produzione, a partire soprattutto dalla coltivazione e raccolta delle olive.