Il 1 giugno a Parma l’Autorità per la sicurezza alimentare europea (Efsa) ha organizzato un incontro con i rappresentanti di consumatori, leautorità sanitarie e le industrie per discutere sulla valutazione scientifica delle indicazioni salutistiche relative agli alimenti (health claims). Obiettivo dell’incontro era la condivisione dell’approccio adottato dall’Efsa in accordo con la Commissione europea per giudicare i claims delle etichette, che sino ad ora ha comportato la bocciatura di centinaia di scritte. Tra le vittime ci sono anche indicazioni consolidate come la camomilla che favorisce il sonno e le prugne secche che favoriscono il transito intestinale. Nel corso dell’incontro il Presidente del panel Efsa alle prese con i dossier delle aziende ha snocciolato il suo punto di vista:
– tutte le indicazioni salutistiche presenti sulle etichette che riguardano le normali funzioni dell’organismo (es. “il calcio aiuta le ossa”) o la prevenzione di fattori di rischio malattie (es. “l’ingrediente X aiuta a prevenire disfunzioni metaboliche”), sono soggette ai medesimi criteri di accertamento senza distinzioni
– Il concetto di “prova scientifica generalmente accettata” deve basarsi su studi clinici condotti su individui sani.
Si tratta di un approccio un po’ troppo farmaceutico in grado di mettere in crisi pure le raccomandazioni dietetiche dell’Oms e in parte anche quelle dell’Inran. Applicando rigidamente questi criteri si demolirebbe anche una parte della la famosa piramide alimentare. Paradossalmente l’Agenzia europea dei medicinali (Ema) per giudicare i prodotti tradizionali di origine vegetale si affida alle abitudini d’uso, agli studi “osservazionali” e alla bibliografia, senza pretendere gli studi clinici su individui sani (“test in doppio cieco contro placebo”). Secondo l’Efsa non basta la dottrina secolare a giustificare la dicitura “aiuta il sonno” sulle bustine di camomilla vendute al supermercato. Paradossalmente si potrà invece trovare la stessa scritta sulle capsule alla camomilla vendute (a ben altro prezzo) in farmacia. Il rappresentante della Commissione europea ha tentato una difesa affermando che il problema deriva dall’enorme quantità di claims presentati (44.000), ma è pur vero che a seguito delle pre-selezioni le valutazioni si ridurranno a meno 3.000. A proposito di numeri, è curioso notare come quasi tutti i claims sinora approvati riguardano vitamine e minerali sui quali, ad avviso di alcuni, l’Efsa avrebbe mostrato un’indulgenza quasi fideistica verso i test clinici. Molti, tra i 400 partecipanti al convegno, hanno contestato l’approccio sino ad ora utilizzato, sostenendo che non ha senso valutare gli alimenti come si fa con i farmaci, ignorando scienze consolidate come la nutrizione e la fitoterapia. L’auspicio è stato quello di una maggiore collaborazione tra le parti, in nome della chiarezza e della trasparenza. Un’ultima nota: i test clinici costano centinaia di migliaia di euro e in alcuni casi pretenderli a priori per validare claims consolidati avrà un costo che sarà “ridistribuito”, lungo il percorso che conduce allo scaffale .
Dario Dongo