Colla per la carne addio? Non ancora. Il Parlamento europeo ha bocciato la proposta della Commissione di inserire la trombina e il fibrinogeno (enzimi soprannominati “colla per la carne”), nell’elenco degli additivi alimentari. Questa notizia praticamente ignorata dai media nazionali, è stata rilanciata con enfasi negli altri paesi, dove giornali e i siti internet hanno spinto molto sulla questione della bistecche incollate.
Assocarni
“La vicenda in Italia è stata abbastanza ignorata – spiega Andrei Tomei di Assocarni – perché da noi non si usa”. Non così avviene in paesi come la Francia e la Danimarca, dove la trobina viene impiegato per tenere insieme piccoli pezzetti di carne di pollo/ tacchino, spolpata con speciali macchinari in grado di ripulire le carcasse. Questo processo chiamato separazione meccanica, viene utilizzato per le carcasse di polli e tacchini , mentre è vietato per i bovini e i suini in seguito alla vicenda della mucca pazza. I pezzetti di carne recuperati vengono incollati con la trombina e proposti ai consumatori come piatti pronti, wurstel, ripieni, hamburger, arrotolati o cotolette di pollo.
La colla per la carne
La trombina è un enzima naturale presente nel sangue che, abbinato al fibrinogeno (un’altra sostanza naturale), agisce come una colla per la carne in grado di mantenere insieme le fibre della stessa e dare un aspetto consistente. L’enzima non pone problemi dal punto di vista sanitario, come ha detto chiaramente l’Autorità per la sicurezza alimentare europea (Efsa) in un documento. In Italia non si usa perché le industrie ricorrono ad altri addensanti, ma il risultato finale è pressoché identico, una sorta di bistecca di pollo/tacchino impanata o un wurstel. Per distinguere questi prodotti da atri ottenuti da parti muscolari intere bisogna leggere l’etichetta dove compare la scritta “carne separata meccanicamente”.
Il Parlamento Europeo
Il Parlamento Europeo ha bocciato la proposta di classificare la trombina come additivo, perché “i vantaggi e i benefici che possono trarre i consumatori dall’utilizzo industriale sono ancora da dimostrare, e c’è il pericolo è di ingannare i consumatori proponendo loro bistecche vere fatte di carne finta”. La decisione di non considerare la trombina come un additivo non risolve la situazione, ma la complica. Il provvedimento bocciato prevedeva il divieto di usare questa carne incollata nei ristoranti, e obbligava i produttori a riportare sull’etichetta il nome dell’additivo insieme alla frase “tagli di carne combinati”.
In questo modo era possibile fare capire all’acquirente il metodo seguito nel processo industriale. Adesso la situazione è paradossale, perché la trombina , non essendo vietata da un punto di vista sanitario, si continua ad usare come coadiuvante tecnologico. Il problema è che i coadiuvanti tecnologici non devono essere dichiarati nell’elenco degli ingredienti e quindi il consumatore non è informato adeguatamente . Il risultato finale è negativo, perchè la bocciatura permette alle aziende di produrre carne di pollo incollata, di non indicare la presenza di trombina nell’elenco degli ingredienti e di non riportare indicazioni sull’etichetta se non quella di “carne separata meccanicamente“.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24