Dopo i tagli di bilancio, i governi di vari Stati Ue insistono con le nuove imposte sugli alimenti (oltre che su combustibili ed energia, i quali a loro volta incidono sui costi delle produzioni agricole e alimentari), per lo più mascherate da obiettivi di salute pubblica.
Le nuove gabelle sui consumi di cibi e bevande, oltre a colpire indiscriminatamente i cittadini, danneggiano il primo settore manifatturiero in Ue, quello alimentare. Che, tra l’altro, si caratterizza per l’estrema frammentazione produttiva, spesso legata a piccole e micro-imprese a gestione familiare, in territori urbani ma soprattutto rurali. Nell’ambito di filiere che integrano, anche in aree remote, i diversi comparti della produzione agricola primaria, della trasformazione e distribuzione. Con elevato impatto sulla società, l’ambiente e le economie locali.
Danimarca. Dall’ottobre scorso si applica la “fat tax”, un’imposta sui grassi saturi contenuti in qualsiasi alimento venduto nel Paese: qualunque sia la natura e la provenienza dell’alimento, viene tassato in base agli acidi grassi saturi che contiene, in misura pari a 16 DKK (2,15€)/kg. Aumenta del 30% un panetto di burro, dell’8% un pacchetto di patatine fritte, del 7% una bottiglia d’olio d’oliva.
Ungheria. La “tassa di salute pubblica” colpisce soft-drinks, bevande energetiche, dolci confezionati, ice lollies, snack salati, instant powders, alimenti preimballati: tutti soggetti a un tributo addizionale che varia da 0,06€/lt per i soft drink a 1,10€/lt per gli energy drink, da 0,92€/kg per i packed sweets a 1,47€/kg per i salted snacks.
Finlandia. Nel 2011 è stata introdotta una tassa sulla confetteria, 0,95€/kg, e aumentata l’accisa sulle bevande analcoliche, compresi succhi di frutta e acque minerali (da 4,5 a 7,5 centesimi di €/lt). Ulteriori tasse sui cibi contenenti zucchero sono previste per il 2013.
Francia. È in vigore da gennaio la tassa speciale sulle bevande analcoliche con aggiunta di zucchero e anidride carbonica, 7,2 centesimi di €/lt. Autorevoli nutrizionisti hanno spiegato che non avrà alcun impatto sulla salute pubblica, come del resto ogni tassa sugli alimenti, tanto più che il tenore di zuccheri di una bevanda gassata non è dissimile da quello di un succo di frutta. Il gruppo Coca-Cola in risposta ha accantonato un progetto di investimento di 17 milioni di euro, nel sud del Paese.
Regno Unito. Il governo Cameron porta avanti l’ipotesi, inoltrata dal parlamento scozzese, di aumentare la tassazione sulle bevande alcoliche. Sta valutando l’introduzione di una tassa sui grassi saturi, sulla scia della Danimarca. È in discussione un’ulteriore imposta sulle bevande zuccherate (già soggette a un’aliquota IVA del 20%, a fronte del 5% in Francia).
Norvegia. È stata introdotta una tassa su prodotti a base di cacao, nonché sullo zucchero (quasi 1€/kg) e su alimenti e bevande che lo contengono (circa 2,5€/kg). Simili progetti sono allo studio in Svezia, Irlanda, Belgio, Romania.
Italia. L’aliquota principale dell’IVA, dallo storico 20% – già salito al 21%, a settembre scorso – raggiungerà il 23% a ottobre prossimo, quando l’aliquota del 10% salirà al 12%. Un ulteriore balzello di mezzo punto è previsto per l’inizio 2014. Costeranno di più, tra gli altri, carni, prodotti ittici, yogurt e uova.
Come se non bastasse, il Ministro della salute ha di recente confermato il proposito di un’ulteriore tassa sui junk food e un aumento delle accise sulle bevande alcoliche.
Dario Dongo
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niente male tassare tutto ciò che é nocivo. Bisogna tassare di più anche la benzina che inquina però.
L’importante é che questi soldi ci tornino indietro con i servizi . Questo é il vero comunismo.
come al solito in Italia si colpisce tutto…. io colpirei solamente quelle sostanze che dannaggiano, anche solo in minima parte, la salute dell’essere umano e premierei con delle detassazzioni tutti coloro che producono prodotti piu sani, di conseguenza si aumenterebbe la domanda dei prodotti sani, una maggiore controllo di qualità nella produzione e ad un minor prezzo.