Quando si parla di salvaguardia del mare e delle sue risorse, si pensa subito al controllo della pesca. Ma il Mediterraneo è in pericolo anche a causa di una forma di inquinamento quasi invisibile: 250 miliardi di micro-particelle di plastica che possono intossicare i pesci e addirittura il plancton, la base dell’ecosistema marino.
La Spedizione M.E.D. (“Méditerranée en danger”) 2010-2013 è una grande campagna scientifica e ambientalista lanciata dall’Ifremer (Institut français de recherche pour l’exploration de la mer) e dall’Università di Liège (Belgio), con un’equipe di studiosi da una decina di laboratori universitari europei.
Dopo una prima serie di analisi sui litorali di Francia, Spagna e Nord-Italia, i ricercatori hanno stimato circa 250 miliardi di micro-particelle di plastica presenti, per 500 tonnellate complessive.
Le micro-particelle derivano dalla frammentazione di imballaggi e altri rifiuti, sono disperse dai flutti e dal vento, e vengono infine ingerite dai pesci e dal plancton. Sono perciò a rischio l’ecosistema, la biodiversità marina e la stessa catena alimentare.
Per prevenire una catastrofe ambientale, è necessario coinvolgere i cittadini e le istituzioni così da stabilire un sistema di regole adeguate. È perciò partita la raccolta di firme per una petizione europea, che può essere sottoscritta online alla pagina web http://www.expeditionmed.eu/petition. L’istanza è rivolta al Parlamento Europeo, al Presidente dell’Unione Europea, al Commissario per gli affari marittimi e della pesca. Obiettivo: sollecitare un intervento adatto a mitigare la dispersione dei rifiuti in plastica nell’ambiente marino.
I cittadini europei e dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo che sottoscrivono la petizione:
– si impegnano a contribuire alla riduzione dei rifiuti, favorendo l’impiego di materiali riutilizzabili e riciclabili e optando per acquisti consapevoli, che stimolino l’offerta di prodotti con imballaggi compatibili con l’ambiente, minimizzando le quantità di rifiuti;
– chiedono al Parlamento europeo di rafforzare il quadro legislativo esistente (direttiva 94/62/CE relativa agli imballaggi e ai rifiuti da imballaggio): per stimolare produttori, importatori, utilizzatori e distributori di imballaggi a ridurre alla fonte il loro impatto ambientale, facendo attenzione a confezioni mono-uso, imballi primari (bottiglia, lattina, vasetto) e secondari (il cellophan o il cartone che raggruppa più bottiglie o lattine, etc.), riciclaggio e riutilizzo, smaltimento. Si richiede anche di controllare l’applicazione delle nuove regole su tutti i materiali prodotti e importati in UE;
– chiedono al Parlamento europeo di promuovere una campagna d’informazione per sensibilizzare le popolazioni sui gravi effetti della dispersione di rifiuti nell’ambiente.
L’Italia ha già vietato la vendita e distribuzione di sacchetti di plastica nei negozi e supermercati dall’1 gennaio 2011. Un’ottima notizia: fino al 2010 il nostro Paese ha consumato circa un quarto dei 100 miliardi dei sacchetti usati ogni anno in Europa. Le buste in plastica, realizzate prevalentemente in Asia (Cina, Tailandia, Malesia) devono essere sostituite da altre in carta o materiali biodegradabili (nei quali l’Italia è tra l’altro all’avanguardia sul fronte tecnologico e produttivo, es. Mater-Bi® di Novamont).
Secondo le organizzazioni ambientaliste, il 28% dei sacchetti in plastica viene disperso nella natura come rifiuto e la decomposizione di questo materiale richiede almeno duecento anni.
Per il download della petizione: http://www.expeditionmed.eu/petition/petition_Expedition_M.E.D.pdf
Dario Dongo
foto: photos.com