I tonni e gli sgombri stanno sparendo. Da più di 50 anni li si pesca senza limiti, in modo più o meno legale, al punto che, rispetto a mezzo secolo fa, le loro popolazioni sono diminuite, in media, del 60%.

 

Sono drammatici i numeri contenuti in uno studio internazionale pubblicato su PNAS da un gruppo di biologi canadesi ed europei. Basandosi su tutti i dati resi noti negli ultimi 50 anni sull’argomento, hanno tracciato un andamento cronologico della consistenza dei branchi di 26 specie di pesci (17 specie di tonni, 5 di sgombri e 4 di sgombri spagnoli o lanzardi), delle loro traiettorie e delle biomasse da essi costituite.

 

La famiglia che ne esce peggio è senz’altro quella dei tonni delle acque più fredde, animali che hanno un ciclo vitale lungo ma anche, per loro sfortuna, un elevato valore commerciale. In alcuni casi (per esempio i tonni atlantici) i branchi sono stati depauperati dell’80% e gli attuali ritmi di pesca contribuiscono a peggiorare una situazione che da tempo non è più sostenibile, perché il numero di esemplari pescati è ben al di sopra della capacità di ripopolamento. In totale, ogni anno il 12,5% dei tonni viene ucciso.

 

D’altronde l’altra grande famiglia, quella degli sgombri, non gode di miglior salute: la pesca, in questo caso, viaggia tra una sostenibilità risicata e l’eccesso insostenibile. Un fatto altrettanto grave, nonostante questi pesci siano più piccoli, meno pregati dal punto di vista commerciale e con un ciclo vitale più breve. Proprio per queste caratteristiche, essi costituiscono la principale fonte di proteine animali (o una delle principali) in molti paesi in via di sviluppo. 

 

Di fonte a questi numeri non ci sono molte alternative, sottolinea Juan-Jordà, primo autore, ricercatore dell’Università La Coruna, in Spagna: «Il fatto di aver impoverito i branchi fino a questo punto rappresenta un azzardo per quanto riguarda la sostenibilità del sistema della pesca a lungo termine. L’unico modo per avere risultati più soddisfacenti di quelli attuali, stabilizzare i profitti e al tempo stesso ridurre le conseguenze negative su tutto l’ecosistema marino è quello di fermare la pesca di alcune specie, lasciando loro il tempo di ricostituire i banchi e, in seguito, di regolare in maniera severa la pesca e il commercio a livello planetario, in modo da prevenire situazioni come quella attuale. Accanto a ciò bisogna definire regole più stringenti anche per le specie meno pregiate, che costituiscono una valida alternativa, soprattutto per i paesi più poveri, perché aiutano a ripristinare un equilibrio oggi perduto».

 

Agnese Codignola

 

 

Grafico: Andamento delle biomasse adulte (per 1000 tonnellate) delle 26 popolazioni osservate. Fonte: Pnas

Foto: Photos.com

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Simone
Simone
15 Febbraio 2012 11:11

Interessante..un piccolo appunto, quando si parla di pesci, nella letteratura scientifica, si usa il termine banco, non branco…!!!

Roberto La PIra
Roberto La PIra
15 Febbraio 2012 11:51

Grazie Simone