TTIP
Il TTIP nasconde vantaggi e rischi. Ma quali sono?

Il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti – meglio noto come TTIP – è un accordo ancora in fase di negoziazione per il libero scambio tra i mercati statunitense ed europeo. Il Fatto Alimentare ha già parlato delle criticità di questo trattato, evidenziando i rischi che potrebbero derivare a livello alimentare dall’adozione di alcune decisioni in discussione. Esistono, infatti, enormi differenze nelle norme che regolano la sicurezza alimentare in Europa e USA: basti pensare al divieto di trattamento dei bovini e degli animali di allevamento con ormoni, dalla stretta regolamentazione sugli OGM e al trattamento utilizzato per la sanificazione delle carni avicole. Per capire a quale punto sia la situazione dei negoziati e comprendere meglio quali siano i possibili rischi e i vantaggi, Il Fatto Alimentare ha intervistato Paolo De Castro, relatore permanente per il TTIP.

Il TTIP quali vantaggi potrebbe apportare al settore agroalimentare italiano. E quali sono i possibili rischi?

Dopo Germania e Francia il mercato statunitense rappresenta la terza destinazione dell’export agroalimentare italiano. In particolare per alcuni comparti come il vino, l’olio, i formaggi, i salumi e i prosciutti, rispetto ai quali l’Italia detiene il primato delle importazioni Usa. Il nostro Paese esporta quasi 3 miliardi di euro verso gli Stati Uniti, circa il 9% del totale esportazioni agroalimentari. Numeri importanti, dai quali si evince l’importante spazio di opportunità per il sistema agroalimentare nazionale che potrebbe derivare da un esito positivo del negoziato transatlantico. Tra i rischi di un eventuale accordo ci potrebbero essere, semmai, le condizioni di partenza delle differenti agricolture, con la struttura di quella americana che per dimensioni aziendali e costi di produzione potrebbe surclassare, in condizioni di mer­cato aperto e senza protezioni, la produzione di materie prime europee. Tuttavia, già altri negoziati commerciali utilizzano tetti e soglie, ovvero quote, per garantire protezione ad alcuni settori troppo esposti dell’agricoltura europea.

 

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Paolo De Castro, intervistato da Il Fatto Alimentare per comprendere meglio i TTIP

A suo avviso, ci sono punti non negoziabili?

Sì. I principi su cui si basano i livelli di protezione dei cittadini-consumatori non sono oggetto di discussione. L’obiettivo è superare ostacoli al commercio che non ledono questi principi, quindi aspetti come quello degli OGM, della carne agli ormoni e della tutela della qualità alimentare non rientrano nei temi del negoziato. Le regole europee, uniche al mondo in termini di standard e di sicurezza alimentare, sono frutto di negoziati lunghi e complessi e, per la loro stessa natura giuridica, non potranno esser modificate dal Trattato commerciale di libero scambio

 

Negli Usa, i produttori ed esportatori caseari, sostenuti da decine di senatori bipartisan, si oppongono alla richiesta europea di limitare l’utilizzo del nome generico di formaggi europei con indicazione protetta, come previsto dal Trattato CETA tra UE e Canada. Dall’altra parte, le organizzazioni agroalimentari italiane sostengono che al di sotto di quanto previsto dal CETA non si può andare e che, anzi, quanto concordato con il Canada è insoddisfacente. Qual è la sua opinione?

Quello concluso con il Canada è stato un negoziato lungo e difficile che ha rappresentato un importante passo avanti per l’apertura di nuove opportunità di crescita per le imprese agroalimentari europee e, in particolare, per le produzioni di qualità italiane. L’accordo raggiunto ha testimoniato che la coesistenza tra sistemi di tutela dei marchi molto diversi come quello canadese ed europeo è possibile, come anche superare i tradizionali motivi d’impasse che negli anni hanno ostacolato questo genere di negoziati. Credo quindi che i risultati ottenuti nell’ambito del CETA possano rappresentare un importante base di partenza anche nell’ambito del negoziato TTIP. Certamente è necessario approfondire i risultati ottenuti con il Canada e fare ulteriori passi avanti al fine di garantire tutela all’intero sistema europeo delle produzioni a denominazione di origine certificata.

 

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I rischi alimentari derivano da una differenza nelle normative che regolano la sicurezza: OGM, ormoni, trattamenti

L’ultima tornata di negoziati, all’inizio di febbraio, è stata la prima dopo che la maggioranza del Congresso Usa è passata ai Repubblicani. È cambiato qualcosa nell’atteggiamento e nelle posizioni dei negoziatori americani?

Sicuramente possiamo dire che anche da parte nostra qualcosa è cambiato con la nuova Commissaria Malstrom che ha dichiarato di volere un “fresh start” per i negoziati sul TTIP, ovvero più trasparenza nei negoziati, ma anche obiettivi ambiziosi e realistici. Sul fronte americano, probabilmente i repubblicani sono storicamente più favorevoli al commercio ma è troppo presto per vedere i risultati di questo cambiamento da ambo le parti.

 

L’ipotesi di un sistema di arbitrato sovranazionale (ISDS) per risolvere le controversie tra imprese e governi nazionali sta sollevando molte obiezioni. E’ un punto irrinunciabile? Come si può rispondere alle preoccupazioni diffuse?

Sono preoccupazioni che a mio avviso non corrispondono pienamente alla realtà dei fatti, soprattutto perché siamo ancora in una fase embrionale del negoziato dove tutto è ancora in gioco ed è oggetto di discussione. Inoltre, non bisogna perdere di vista un dato di fatto: il Trattato con gli Stati Uniti, così come accaduto ad esempio con quello UE-Canada, sarà sottoposto al voto del Parlamento europeo. In tale ambito, l’Aula di Strasburgo, democraticamente eletta dai cittadini dell’Unione, non potrà mai accettare accordi al ribasso e penalizzanti per gli agricoltori europei.

 

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Le regolamentazioni europee sono più stringenti: per questo occorre tenere alcuni punti fermi non negoziabili

Nelle negoziazioni si prevede un’armonizzazione tra i sistemi europei e statunitensi, ad esempio nella regolamentazione dei pesticidi, sui materiali a contatto con gli alimenti, sui mangimi?

Attualmente i rapporti commerciali tra le due realtà sono ostacolati soprattutto dalle cosiddette barriere non tariffarie (differenze nei requisiti – sanitari, ambientali, etc. – che regolano la circolazione dei prodotti alimentari). Il grande interesse di entrambi i blocchi negoziali si concentra quindi su questo tipo di barriere al cui interno rientrano anche le regole in materia di utilizzo di pesticidi, le procedure per contrastare le malattie vegetali, ecc (si pensi ad esempio all’ortofrutta e all’olio d’oliva). Un negoziato finalizzato ad abbattere solo le residue barriere tariffarie genererebbe dei benefici solo limitati per l’Europa. Recenti studi d’impatto hanno stimato che ad una riduzione del 25% delle barriere non tariffarie, accompagnata dall’azzeramento di quelle tariffarie, corrisponderebbe una crescita dei volumi scambiati tra i due player superiore al 40%, con un incremento delle esportazioni europee verso gli Stati Uniti di circa il 120%. Dobbiamo concentrare gli sforzi all’abbattimento di tali ostacoli.

 

Quando una delle due parti ha un approccio più cautelativo, come si pensa di gestire la situazione?

Un negoziato, per sua stessa natura, comporta delle rinunzie da entrambe le parti se si vuole raggiungere un esito finale soddisfacente e condiviso. Credo quindi che le situazioni specifiche debbano essere gestite di volta in volta a seconda delle singole fattispecie trattate e della fase negoziale in cui ci si trova. Sarà un lavoro lungo e difficile che alla fine il Parlamento valuterà nel suo complesso, così come già accaduto per altri Trattati di libero scambio commerciale.

 

Come si può impedire che le imprese possano appellarsi, in nome di disarmonie, contro regolamentazioni che tutelano la salute e l’ambiente ?

Come detto in precedenza, le regole che garantiscono protezione dei consumatori e quindi anche quelle in materia di tutela della salute umana e dell’ambiente, non saranno messe in discussione all’interno del negoziato. In tal senso, passi indietro che possano minacciare i preziosi risultati raggiunti dall’Unione a tutela dei cittadini, non saranno accettati.

 

Intervista raccolta da Beniamino Bonardi

© Riproduzione riservata

Foto: iStockphoto.com

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marco
marco
12 Marzo 2015 14:22

vorrei sottoporre all’attenzione dei lettori alcuni piccoli passaggi/citazioni chiave di questa intervista (analizzandola solo per quel che riguarda i prodotti agricoli e non altre questioni pur importanti – controversie etc)

1) i repubblicani sono storicamente più favorevoli al commercio

2) il Trattato con gli Stati Uniti, così come accaduto ad esempio con quello UE-Canada, sarà sottoposto al voto del Parlamento europeo. In tale ambito, l’Aula di Strasburgo, democraticamente eletta dai cittadini dell’Unione, non potrà mai accettare accordi al ribasso e penalizzanti per gli agricoltori europei

3)… barriere al cui interno rientrano anche le regole in materia di utilizzo di pesticidi, le procedure per contrastare le malattie vegetali, ecc
negoziato finalizzato ad abbattere solo le residue barriere tariffarie genererebbe dei benefici solo limitati per l’Europa
Dobbiamo concentrare gli sforzi all’abbattimento di tali ostacoli.

cosa si può dedurre unendo questi 3 passaggi ?

2) si , il parlamento democraticamente eletto dai cittadini. Ma quando si tratterà di scegliere, i parlamentari rispetteranno cio che si aspettano i loro elettori o quanto richiesto dalle pressioni di grandi lobby che hanno notevoli interessi commerciali e che magari sono disposte a fare “regalini” ?

3) bisogna diminuire le barriere non tariffarie (ovvero controlli sanitari , limiti sull’uso di pesticidi etc etc) per rendere il trattato “UTILE” (ma a chi??)

1) immagino che i repubblicani oltre che essere “più favorevoli al commercio” forse forse avranno qualche interesse commerciale in più da tutelare quando si tratterà di effettuare accordi (ritorna al punto 3, diminuiamo QUELLE BARRIERE non commerciali ma sanitarie et)
la riflessione principale :
tutto questo bello e grande scambio commerciale a chi porterà effettivi benefici ??!?!

una mia ipotesi di scenario :

A) agli “italiani/europei” , grossi gruppi industriali con capacità di penetrazione nei mercati esteri. piccoli gruppi con notevole vocazione all’export
si creeranno posti di lavoro? forse si

B) agli americani grossi gruppi industriali , magari anche di quelli che producono i famosi italian sounding che avranno maggiore facilità di penetrazione (vedi il precedente punto 3) per vendere in europa prodotti di “minore qualità” a prezzi più convenienti : risultato?
1) perdita di posti di lavoro di realtà locali che non potranno competere con i prezzi dei prodotti che ci verranno più facilmente “ad invadere”
riduzione dei margini di profitto dei grossi gruppi per le vendite nazionali che diverranno sempre più vendite ad utenti di nicchia (che economicamente possono permettersi prodotti che costano di più – cosa che già è in atto adesso)

2) penetrazione nei nostri mercati/supermercati di prodotti che se non opportunamente “etichettati” saranno difficilmente riconoscibili (soprattutto in merito alle materie prime utilizzate, alla loro provenienza, ai trattamenti effettuati (pesticidi , trattamenti chimici, carne estratta meccanicamente MSM, etc etc etc)

bilancio?
a chi converrà maggiormente , a chi converrà in misura minore ?

Ovviamente ognuno vorrebbe portare l’acqua al proprio mulino…. di sicuro ci guadagneranno da entrambe le parti i “grossi gruppi” che riusciranno a competere con i corrispondenti competitor

MEDITATE GENTE , soprattutto quando andate votare per i vs rappresentanti a Strasburgo, per quello che serve ma soprattutto .. INFORMATEVI e pretendete CHIAREZZA !!

fino a quando ce lo permetteranno potremo sempre fare l’ultima scelta … quando andiamo a comprare al supermercato e quando andiamo a votare!!

ezio
ezio
12 Marzo 2015 17:56

Abbiamo una sola strategia vincente:
mantenere la posizione di produttori qualificati migliori al mondo, con prezzi adeguati, tutela dei nostri marchi e delle origini dei nostri prodotti tradizionali.
Tutto il resto è affarismo dei soliti pochi furbi e di chi li rappresenta, tradendo il mandato popolare e l’interesse di tutta la filiera agro-alimentare europea.
Concordo in pieno con la traduzione dal politichese, di Marco, dell’intervista al Presidente De Castro, nostro rappresentante?