Sono stati effettuati 2.678 controlli, durante l’indagine dei Nas in migliaia di mense scolastiche, partita su segnalazione dei genitori. Su tutto il territorio nazionale, sono state rilevate 670 non conformità ed è stata disposta la sospensione dell’attività/sequestro di ben 37 strutture per riscontrate carenze igienico sanitarie e strutturali (1 al Nord Italia, 19 al Centro e 17 al Sud). Oltre 4 tonnellate di derrate alimentari (prodotti ittici, carni, formaggi, frutta, verdura, olio, pane) di ignota provenienza sono state ritirate dal consumo, in assenza di idonea documentazione atta a dimostrarne la tracciabilità e custodite, in alcuni casi, in cattive condizioni igienico-sanitarie e recanti termini di scadenza già superato all’atto del controllo.
Le rilevazioni di non conformità spaziano da nord a sud interessando Milano, Firenze, Roma, Perugia, Ancona, Pescara, Sassari, Cagliari, Napoli, Palermo solo per citare alcune delle provincie più rilevanti e secondo le statistiche presentate il triennio 2014-2016 ha visto un peggioramento generalizzato delle condizioni igienico-sanitarie con un incremento delle non conformità rilevate (più che raddoppiate nel giro di due anni) e delle strutture chiuse per mancanza delle condizioni minime.
Nel lunga lista si trovano: muffe alle pareti dei locali, esfoliazione intonaci, sporco dei piani lavoro, forniture di falso cibo biologico, mezzi non idonei al trasporto di alimenti, cibi contaminati da listeria monocytogenes e stafilococchi coagulasi. In Lombardia (non nel comune di Milano come hanno riportato molti quotidiani) sono stati sequestrati presso un centro cottura di una scuola elementare 36.500 articoli (tra cui piatti fondi), contenenti un additivo non consentito (fluorurato).
Si tratterebbe di stoviglie monouso e il vago rapporto del Ministero della Salute, non ha consentito di capire esattamente il materiale di cui fossero fatti questi articoli; a tal proposito, non sono mancate le precisazioni da parte di diverse associazioni industriali, una su tutte la Federazione Gomma Plastica che, con un secco comunicato, ha precisato: “… teniamo a specificare che tali residui (fluorurati) non si possono trovare nelle stoviglie monouso in plastica, ma eventualmente in stoviglie monouso compostabili in polpa di cellulosa. Ancora una volta, si dà per scontato senza nessuna competenza e senza nessun approfondimento, che se si trovano stoviglie monouso contaminate da additivi non consentiti, esse siano automaticamente prodotti in plastica: si tratta di un nuovo episodio di una campagna di criminalizzazione assolutamente immotivata.”
Ma come è stato individuato l’additivo incriminato? Difficilmente le analisi sono mirate a una singola sostanza o additivo, fatta eccezione per sostanze caratteristiche di un dato materiale (esempio formaldeide in piatti di melammina).
Probabilmente si tratta di una sostanza dichiaratamente utilizzata dal produttore dell’articolo e, se volontariamente utilizzata, ritenuta sicura da una qualche legislazione europea che regola il materiale coinvolto.
L’ipotesi più probabile è che il riferimento sia alle leggi tedesche: queste norme risultano le più stringenti in materia, aggiornate annualmente e ben più avanzate rispetto a quelle italiane che risalgono a circa 40 anni fa.
Se così fosse, il caso quindi diventerebbe politico più che di malaffare e si intreccerebbero problemi circa la mancanza di una legge europea armonizzata, incertezze sull’ (inesistente) principio di mutuo riconoscimento delle merci tra differenti Paesi dell’Unione Europea, arretratezza della legislazione nazionale italiana rispetto alle attuali esigenze di mercato nel mondo dei materiali destinati ad alimenti.
È vero che, attualmente, la plastica sia il materiale maggiormente regolamentato e che gode di una articolata legislazione a livello europeo ma è altrettanto vero che la massiccia importazione di resine e additivi dai Paesi Extra-europei pone in serio pericolo tutta la catena di sviluppo del manufatto: casi eclatanti di documentazione mancante sono stati evidenziati da diverse autorità europee mentre l’Italia non si è ancora mossa con controlli in tal senso.
La documentazione che la legge (europea) prevede come obbligatoria serve a dire “cosa contiene” la resina impiegata per la realizzazione dell’articolo (piatto, bicchiere, stoviglia ma anche imballaggio). Esiste quindi una specifica lista di “ingredienti” (monomeri, additivi, sostanze di altro tipo) che possono essere impiegati per produrre plastiche destinate ad alimenti. Nessun altro ingrediente esterno alla lista, può essere impiegato (con eccezioni particolari e comunque limitate).
Non potendo risalire a questi ingredienti tramite analisi sul prodotto in forma finita, è necessario che chi lo produce dichiari che effettivamente sta utilizzando solo sostanze ammesse dalla legge.
Quanto all’attendibilità di tali dichiarazioni tutto sta alla qualità del fornitore che, paradossalmente, può mettere su un foglio di carta qualunque affermazione. È quindi azzardato affermare genericamente che “imballaggi e stoviglie monouso in plastica per alimenti siano conformi alle disposizioni previste dal Regolamento UE 10/2011 e siano da considerarsi sicuri non presentando alcun rischio per il consumatore finale.
Il potere delle autorità nel verificare questi punti non è abbastanza forte e molto (forse troppo) è lasciato nelle mani dei produttori e dei propri fornitori.
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Di seguito pubblichiamo una precisazione di Unionplast all’articolo ricevuta in redazione il 29 luglio 2016.
L’articolo riprende la notizia relativa ai controlli effettuati dai NAS nelle mense scolastiche, in base ai quali una mensa su quattro non è risultata regolare. L’articolo insiste in particolare sui residui floururati riscontrati in alcune stoviglie, ritenendo ancora una volta senza alcun chiaro riscontro, che si tratti di stoviglie in plastica. L’articolo, pur ammettendo che la plastica è uno dei materiali maggiormente regolamentato, si chiude alimentando il sospetto che nelle dichiarazioni relative alle liste degli ingredienti utilizzati in produzione “il fornitore può mettere su un foglio di carta qualunque affermazione”.
A precisazione di quanto riportato nell’articolo va detto che l’uso dei materiali per la produzione di stoviglie monouso in materie plastiche destinate alla ristorazione collettiva è soggetto a puntuali controlli da parte delle aziende produttrici che assicurano l’idoneità all’uso e la sicurezza dei prodotti immessi sul mercato. Tali controlli si traducono nell’esame della documentazione identificativa del materiale e nella verifica di requisiti di conformità delle stoviglie prodotte attraverso misure analitiche applicate direttamente sul prodotto finito.
Nell’esame documentale particolare attenzione è posta sulla dichiarazione di conformità che deve riportare in modo puntuale tutte le informazioni richieste dalla legislazione europea per i materiali e oggetti di materia plastica destinati al contatto con alimenti. I materiali utilizzati dalle aziende produttrici di stoviglie monouso in materie plastiche provengono solo da fornitori qualificati i cui materiali abbiano superato i severi controlli previsti in fase di accettazione.
Questa fase fondamentale del processo produttivo è ben descritta e dettagliata nella linea guida per la fornitura di stoviglie monouso redatta dal Gruppo Pro.mo di Unionplast, Gruppo che rappresenta le primarie aziende produttrici di stoviglie monouso in materie plastiche. La linea guida descrive in modo puntuale tutte la fasi che caratterizzano produzione, fornitura e utilizzo delle stoviglie da parte del sistema della ristorazione collettiva.
L’atteggiamento preconcetto in base al quale problematiche relative alle stoviglie monouso sono automaticamente attribuibili a quelle in materiale plastico non è veramente accettabile. A questo proposito riteniamo interessante richiamare alla vostra attenzione sulla notizia relativa ai risultati delle analisi effettuate ai componenti di una famiglia austriaca che ha cercato di vivere senza alcun contatto con la plastica per migliorare la salute. L’esperimento ha dimostrato che non c’è nessuna differenza tra essere o non essere esposti a materie plastiche.
Pro.Mo /Unionplast, Milano, 28 luglio 2016
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Ci sono due ordini di problemi emersi dall’articolo che non si possono associare, per non creare confusione ed allarmismo.
I problemi igienici sono individuali di ogni gestione e gestore di mensa, quindi non generalizzabili, ma che i NAS dovrebbero risolvere con maggiori controlli, soprattutto in queste produzioni rivolte ai bambini.
Quindi i Nuclei o rinforzano le loro capacità di controllo per prevenire tali problemi prima del nascere, oppure dovranno ridurre altri compiti marginali ed attività meno impattanti sulla salute pubblica.
La seconda problematica ampiamente discussa, è quella delle contaminazioni chimiche dei contenitori a contatto con gli alimenti, tipo i fluorurati ma anche altre sostanze varie.
In questo caso il problema è legislativo nazionale, perché se andiamo a confrontarci con le norme di tutto il mondo civile, non troveremo due paesi con le stesse prescrizioni e sensibilità al riguardo.
Quindi questa materia è di pertinenza Ministeriale e come tale va gestita dai produttori di questi articoli, che se non rispettano le norme nazionali e quelle recepite CE , vanno estromessi dal mercato alla prima trasgressione con produzioni contaminate da sostanze tossiche.
Chiusa una produzione le altre si adegueranno volontariamente.