Danimarca e Germania verso un logo sul benessere animale. Foodwatch contraria. La maggior tutela degli animali si deve pagare o deve essere un obbligo di legge?
Danimarca e Germania verso un logo sul benessere animale. Foodwatch contraria. La maggior tutela degli animali si deve pagare o deve essere un obbligo di legge?
Beniamino Bonardi 28 Novembre 2016Il governo danese ha presentato il proprio logo per indicare il livello di benessere garantito agli animali da reddito. Il simbolo potrà essere adottato volontariamente dai produttori di alimenti.Anche la Germania sta sviluppando un logo analogo, anche se dall’associazione dei consumatori tedesca Foodwatch arriva un giudizio negativo su queste iniziative. Secondo l’associazione il benessere per gli animali dovrebbe rappresentare una pratica stabilita dalla legge legge e non un elemento accessorio volontario, che viene fatto pagare ai consumatori.
Come riferisce Dairy Reporter, il logo danese, che inizialmente sarà applicato solo ai maiali, ma che potrà poi essere esteso ad altri animali, indica tre livelli di benessere, rappresentati da tre cuori. Un solo cuore indica che gli agricoltori devono rispettare alcune regole, come non tagliare la coda dei maiali e non trasportarli per più di otto ore prima della macellazione. La presenza di tre cuori, attesta che i piccoli suini vengono svezzati a 28 giorni e che l’allevamento dispone di aree per il parto all’aperto. Anche il governo tedesco è orientato verso un logo a tre stadi.
Secondo il Ministro danese per l’Ambiente e l’Alimentazione, Esben Lunde Larsen, il logo consente ai consumatori di scegliere il livello di benessere degli animali in relazione alle preferenze e al budget. Anche la presenza di un solo cuore attesta un benessere superiore rispetto a quanto previsto dalle norme di legge.
Secondo Foodwatch queste etichette volontarie, anche se migliorano un po’ la condizione di alcuni animali, sono controproducenti perché danno l’impressione che i problemi siano risolti. In questo modo i responsabili politici, le associazioni agricole, l’industria alimentare e le altre parti interessate sarebbero meno disposti a discutere il miglioramento dei livelli minimi di benessere degli animali stabiliti per legge.
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magari potesse essere introdotta anche da noi, sarebbe un segno di civiltà, al posto dell’ignoranza attuale; GLI ANIMALI NON SONO OGGETTI AL NOSTRO SERVIZIO, SONO ESSERI SENZIENTI!
Sono perfettamente d’accordo con la conclusione dell’articolo di Bonardi e sono convinto che il livello previsto dai tre cuori sia il minimo sindacale obbligatorio per legge, per tutti gli allevamenti di qualsiasi animale.
Al suddetto livello minimo garantito si aggiungeranno altri livelli migliorativi, peraltro già previsti nel disciplinare degli allevamenti biologici e biodinamici.
Ciò non li esclude da ulteriori e profonde sofferenze. La “morte felice” non è lo strumento giusto e coerente per migliorare il benessere Animale, ma solo un pretesto ipocrita per ucciderli “dolcemente”. Se questo mezzo deve essere utile a creare maggiore consapevolezza…ben venga, altrimenti serve ad incentivare altri strumenti di marketing indispensabili solo al profitto e non alla giusta e corretta informazione etica.
Non si convince nessun carnivoro a diventare vegetariano o vegano, con un divieto.
Più vantaggioso un percorso informativo sulla realtà degli allevamenti e richiamare le istituzioni sanitarie e l’istintivo rispetto, insito nella natura umana. (non di tutti purtroppo)
In natura libera la catena alimentare prevede il carnivorismo e se per ipotesi astratta scomparissero gli animali carnivori, ci sarebbe l’invasione incontrollata dei non carnivori e lo stravolgimento dell’equilibrio evolutivo di milioni di anni.
Ma purtroppo la natura libera non esiste quasi più e ci restano il mare, qualche foresta e gli allevamenti.
Questo equilibrio è stato recentemente stravolto dai miliardi di esseri umani che debbono e vogliono mangiare di tutto e di più, senza ritegno ne consapevolezza degli effetti prodotti.
La prima tappa di un percorso di presa di coscienza è l’informazione, poi i suggerimenti e le iniziative per migliorare la situazione con proposte alternative adeguate e non lo scontro ideologico, quindi concordo con Roberto sull’importanza dell’informazione diffusa sulla realtà drammatica di molti allevamenti animali.