Guerra del grano: Coldiretti attacca l’import, ma senza grano estero addio pasta di qualità. Appello all’Aidepi per un’etichettatura d’origine
Guerra del grano: Coldiretti attacca l’import, ma senza grano estero addio pasta di qualità. Appello all’Aidepi per un’etichettatura d’origine
Roberto La Pira 29 Luglio 2016Proteste di Coldiretti in Puglia e in altre regioni contro il grano importato dall’estero e contro il prezzo troppo basso pagato alle aziende agricole italiane per il prodotto nazionale. Sono questi i titoli dei quotidiani, dei siti internet e dei telegiornali per raccontare l’ennesima protesta di lobby che fa capo a Coldiretti. Gli articoli riportavano la solita denuncia sul fatto che 1 pacco di pasta su 3 contiene grano importato dall’estero. La sceneggiata funziona sempre. I giornalisti raccontano le proteste senza un briciolo di approfondimento, la gente è contenta per la difesa a oltranza del made in Italy. La maggioranza dei commentatori ignora che la pasta italiana ha assolutamente bisogno del grano duro scaricato dalle navi, come pure delle cisterne di olio spagnole e greche, del latte e delle cosce di maiale che attraversano le Alpi, per produrre ed esportare prodotti considerati tra i migliori della produzione alimentare nel mondo. I dati sulle importazioni vanno letti con intelligenza.
È vero, il 30-40% di grano duro viene dall’estero. Ma le granaglie importate da Francia, Canada, Stati Uniti e altri paesi sono di alta qualità, hanno un’elevata percentuale di glutine. Solo miscelando questo grano con quello italiano si ottiene la pasta che esportiamo in tutto il mondo! Senza quel grano la nostra pasta non sarebbe così famosa nel mondo. Barilla, De Cecco, Delverde, Garofalo… potrebbero produrre solo grandi quantità di spaghetti e fusilli di qualità mediocre. Certo esistono linee di pasta confezionata con il 100% di grano nazionale, ma si tratta di quantità risibili, perché manca la materia prima di alta qualità. L’unico marchio presente su tutto il territorio in grado di proporre una pasta di alta qualità ricavata da grano duro italiano è Voiello. L’operazione è stata possibile solo perché 10 anni fa Barilla (proprietaria del marchio) ha iniziato a costruire una filiera di grano duro di alta qualità in grado di garantire l’approvvigionamento.
Coldiretti lamenta la mancanza sulle etichette dell’origine del grano e ha ragione, perché i produttori, dimostrando poca lungimiranza e una certa miopia, non scrivono sulle confezioni la provenienza del grano, pensando che la trasparenza possa nuocere all’immagine. Lo stesso comportamento di Barilla è ambivalente. Nella pasta a suo marchio non riporta l’origine, mentre per il marchio Voiello di sua proprietà sbandiera a destra e manca l’impiego di materia prima 100% made in Italy. Per risolvere il problema basterebbe riportare sulla confezione l’elenco dei paesi stranieri che abitualmente riforniscono l’azienda. Si tratta di una scelta doverosa, da affiancare a un messaggio in cui si dice la verità: la pasta italiana è buona perché è preparata con una percentuale rilevante di grano pregiato straniero.
“Per Granoro – che propone la linea di pasta Dedicato preparata con 100% di grano pugliese – la soluzione alla Crisi del Grano non va cercata nella contrapposizione e il discredito fra i diversi attori della filiera (agricoltori – mugnai e pastai), ma promuovendo un nuovo modello di integrazione, legato alla produzione italiana di grano di qualità. In questa situazione, non guasterebbe un contributo concreto delle istituzioni volto a favorire l’integrazione di filiera per favorire lo sbocco dei prodotti di filiera nella grande distribuzione affinché il percorso “virtuoso” si completi fino al consumatore”.
Un altro suggerimento che i pastifici potrebbero seguire è di riconoscere un quid in più rispetto al prezzo di mercato al grano nazionale come ha fatto recentemente Granarolo con il latte fresco per sostenere le aziende agricole. Chissà se l’associazione di categoria Aidepi che raggruppa buona parte dei marchi importanti come Barilla, De Cecco e tutti gli altri, saprà rispondere in modo adeguato alla crisi sui prezzi. Tre sono le cose che dovrebbe fare Aidepi: smettere di starnazzare con Coldiretti, adottare provvedimenti concreti come le etichette trasparenti e prevedere un sostegno per i prezzi dei grani nazionale. Conoscendo però la scarsa flessibilità dell’associazione di categoria sarà difficile realizzare anche solo una di queste cose in attesa della prossima sceneggiata di Coldiretti.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
…” tre sono le cose che dovrebbe fare Aidepi: smettere di starnazzare con Coldiretti, adottare provvedimenti concreti come le etichette trasparenti e prevedere un sostegno per i prezzi del grano nazionale… Concordo pienamente, soprattutto sull’ultima.
Ma l’argomento non è banale: stiamo discutendo della sopravvivenza della principale coltura nazionale e di un milione e mezzo di ettari, gran parte al SUD privo di concrete alternative colturali e nello stesso tempo del prodotto agroalimentare più diffuso e prestigioso
Ho scritto questa considerazioni e vorrei riportare anche qui
“Fomentare paure irrazionali di intere navi cariche di micotossine in arrivo a Bari come e peggio dei sinistri galeoni di Nosferatu notturni portatori di peste ad Anversa è gioco a dir poco scorretto che infatti si è ripercosso contro i suoi creatori pasticcioni che non ho mancato di criticare aspramente.
Ma se è vero che il prezzo del Grano duro è chiaramente di natura internazionale e che nessuna flotta di pseudountori potrà abbassarlo, altrettanto vero che questa aleatorietà con frequenti crolli non giova alla stabilità e alla affidabilità del mercato e della filiera.
E’altrettanto vero che se, purtroppo , il mercato è sovrano ( dopo la caduta di religioni e ideologie, è l’unico mito ancora intoccabile) non è però possibile pretendere che migliaia di aziende agricole debbano produrre in perdita soprattutto in quello sfortunato Sud che ha poche alternative colturali. Certo non è un dramma di cui si può immaginare che si possa far carico la “ricca” industria, ma di sicuro il Paese e suoi decisori dovrebbero ricordare che senza grano non c’è la meraviglia del paesaggio Italiano (dalla Val D’Orcia alle infinite intonse campagne che fanno da cornice ai Sassi di Matera, ai merletti Marchigiani alla poesia delle colline Maremmane e Siciliane) né il suo REDDITO DA TURISMO e indotto di cui nemmeno un cent va al suo vero protagonista di fondo. Per non parlare dei miliardi risparmiati governando i territori, contrastandone i perniciosi effetti del DISSESTO IDROGEOLOGICO.
Dall’altro lato le urla scomposte contro “li padron da li beli brachi bianchi” sono da stigmatizzare nettamente e con forza come suicida attacco all’immagine internazionale della trasformazione, che consente invece enormi volumi di produzione, PIL , lavoro ed esportazione di quel prodotto PASTA che è passaporto del miglior Made in Italy, purtroppo quest’ anno per la prima volta in calo dopo anni di grandi successi internazionali.
Non va bene nemmeno però insistere che l’Italia non sia in grado di fornire le 6 milioni di tonnellate di materia prima necessarie all’industria, che così si vede “costretta” ad importare ( le famose navi della Nosferatu Line) perché, malgrado siano ancora latitanti qualche centinaio di migliaio di ettari, è bastata la pioggia per avvicinarsi a quel traguardo che si potrebbe stabilizzare rimmettendo in coltura quelle superfici desolatamente abbandonate.
Così come la QUALITA’: il panorama varietale italiano è ormai capace di fornire profili merceologici e tecnologici di ottimo livello se supportati da un’adeguata agrotecnica a sua volta garantita da accordi di filiera trasparenti e remunerativi, insieme a uno stoccaggio differenziato di importanti volumi di partite omogenee.
La pasta 100% di grano italiano Si PUO’ FARE, è ormai maturo il mondo dei consumatori non solo nazionali pronti ad accogliere questa politica. Già oltre 40 marchi, tra cui primeggia Voiello monovarietale con la prestigiosa varietà AUREO, sono lì a testimoniarcelo. Ci vuole coraggio anche da parte dell’industria e quei pochi centesimi di euro in più a piatto che dovrà spendere il pur lamentoso utente nazionale saranno benefico volano che permetterà all’industria di remunerare meglio il fornitore di materia prima pretendendone determinati standard qualitativi.
Non vorrei banalizzare, ma è già successo, prima col vino, poi con l’olio.
La domanda principale da porre ai produttori di pasta sarebbe “perchè i prezzi di vendita al pubblico non calano a fronte di una consistente diminuzione della materia prima (grano) ??
La colpa è come sempre dei contadini (o produttori di grano) . COme epr il latte la frutta e la verdura si assiste sempre allo stesso teatrino: incapaci di fare fronte comune e sostenere i prezzi perchè si trova sempre qualche furbo che vende a meno e qualcun’altro che compra a prezzi bassi.
Si mettano a fare la pasta loro i contadini e smettano di starnazzare! in 50 mq si allestisce una piccola produzione di pasta , investimento ….minimo.
Questo discorso della pasta non lo capisco
Importiamo grano duro di qualità dalla Siberia e dal Canada, mentre a scuola mi hanno insegnato che il grano duro si poteva fare soltanto nei paesi mediterranei del Sud
Poi: se ciò avviene perchè in Italia si produce poco grano duro e molto latte, basterebbe diminuire le vacche e coltivare grano. No?
L’Italia è in grado di fornire grano di altissima qualità. Il problema è il prezzo. Chi lo produce ha di fronte a sé un bivio. Faccio un grano di alta qualità che richiede tante cure e lavoro e poi, probabilmente, sarà pagato sottoprezzo? Oppure ne faccio uno mediocre che produce tanto e non mi obbliga a sottrarre tempo alle altre colture?
Fino a quando non ci sarà un’etichettatura che dica 100% grano italiano e quindi prezzi adeguati alla burocrazie e tasse italiane non ci sarà un prodotto di qualità alta. Colturalmente possibile già oggi, economicamente un po’ meno…
Ma l’etichetta c’è
Questo suo intervento riassume benissimo i problemi dell’Italia…
Perchè un consumatore dovrebbe spendere il doppio per un’etichettatura MADE IN ITALY se il prodotto non è qualitativamente superiori a quelli stranieri?
Diciamo tutta la verità! I pastifici industriali preferiscono lavorare farine in grado di reggere trattamenti impetuosi e garantire grande elasticità, a discapito della nostra salute. Farine che devono avere la forza del cemento e della colla per piastrelle, costano poco e fanno un glutine tenace. Ideali per il pizzaiolo e il fornaio che lavorano di fretta. Per i pastifici che fanno grandi quantità. E per le farmacie: perché la forza, l’elasticità, la resistenza del glutine sono le stesse caratteristiche che oggi ci fanno ammalare. C’è una letteratura molto ampia sull’argomento, leggetela!
È l’ora di passare all’azione! Il made in Italy con grano canadese deve essere messo fuorilegge.
I consumatori devono sapere che pane stanno mangiando, da dove viene la farina, chi ha prodotto quel grano.
La verità è che il piccolo contadino, se non riesce a chiudere la filiera, o a inserirsi in un circolo economico virtuoso, ha ben poche possibilità di guadagnarsi da vivere. Meglio mettersi a coltivare kiwi, pomodori, uva e lasciare il frumento alla produzione di grandi aziende meccanizzate, che dispongono dei mezzi e della forza economica per stare sul mercato e dominarlo. Agricoltori che si rendono complici di un ingranaggio ben oliato, che impone varietà dei semi, fertilizzanti e fitofarmaci e che ha espropriato le campagne di ogni cultura e sapere.
C’è un’altra Italia che la guerra del grano l’ha già vinta. È quella delle filiere del pane e del grano…
In etichetta bisogna rendere per legge la provienenza e il tipo di grano utilizzato per la pasta.Il consumatore consapevole ed informato fara’ la sua scelta
Ah la verità…
I pastifici produco pasta “tenace” perchè il cliente vuole pasta al dente, non molle e appiccicosa, i grani ricchi di glutine o proteine sono quelli che costano di più e quindi le sue affermazioni un controsenso. La pasta si fa con il grano duro mentre pizzaioli e fornai usano il grano tenero e sono 2 prodotti diversi, e se uno lavora di fretta non ha bisogno di farine forti che necessitano di tempi più lunghi di lavorazione, se il cliente vuole il pane alveolato, leggero, croccante necessita di lavorazioni con farine forti; se non ha mai visto una pagnotta non ha i “buchi” tende a essere pesante. Per la pizza usare farine forti e male causa impasti poco digeribili e pasta difficile da mangiare, quindi è come si usa la farina e i tempi di lievitazione che fanno la differenza. Possiamo essere d’accordo che si abusa del glutine che per le sue caratteristiche… viene usato anche nel salame, ma demonizzarlo e non fare attività fisica, ingurgitare del tutto, forse è il problema principale. Per gli agricoltori è che “la terra è bassa”, alcune colture come il grano poco remunerative (forse è quella più semplice e meno costosa) e la politica tende più a destabilizzare che ad organizzare se non per interesse. I dati lo dimostrano, i consumi del pane sono ai minimi, forse è il tempo del futile e dell’abbondanza e la semplicità di un pane e zucchero (o sale) è un pò noiosa. Comprendo una cosa e sono d’accordo con tutti, sui propri personali stili di alimentazione, tutti dobbiamo un giorno abbandonare questa vita. (qualcuno un pò più sano).
Non è vero che solamente la Voiello produce pasta con grani 100% italiani. La pasta Valle del Grano nasce nel cuore della Sicilia, nelle fertili valli del grano di Enna, territorio d’origine delle pregiate varietà Simeto, Core e Mimmo. Ha anche una catena corta di vendita per cui i ricavi della vendita vanno direttamente ai produttori sEnza intermediari! !!
Noi abbiamo scritto che Voiello è l’unica pasta 100% italiana distribuita a livello nazionale. Se scorre le pagine del sito troverà l’elenco delle 40 marche che producono pasta 100% italiana a livello locale . Questo è il link
http://www.ilfattoalimentare.it/pasta-italiana-voiello-granoro-semola.html
Alcune osservazioni.
A) Definire pasta italiana , la pasta prodotta con grano estero , è una falsificazione. autorizzata normativamente .Infatti, se la multinazionale Barilla, delocalizzasse i suoi impianti produttivi in Canada o Ucraina cosa cambierebbe nella qualità della pasta prodotta ? Nella sostanza un bel niente, nel marketing e nell’appeal commerciale sì, poiché non potrebbe essere etichettata come pasta italiana, perché per definirsi tale dev’essere prodotta in Italia. Alla lunga questa furbata potrà reggere …
B) Perché , a salvaguardia del vero Made in Italy non si introduca una semplice norma , che per essere definita pasta italiana, la pasta dev’essere prodotta con almeno “x” percentuale di grano italiani, per esempio 20-30% ? In questo modo avvieremmo un circuito virtuoso sia sotto l’aspetto qualitativo , con l’incremento della coltivazione di grano duro di qualità , tipo quello “aureo” utilizzato dalla Voiello,, dando lavoro nel settore .
Scusa leggi bene prima di far proposte inconsistenti: nell’articolo Mr. La Pira dice che il 30-40% del grano è straniero. Deduco quindi che il 60-70% del grano è italiano: non è certo una percentuale risibile, La Pira usa questo termine risibile per la pasta col 100% grano italiano.
Inoltre non ha capito nemmeno il senso dell’articolo: il grano importato serve a rendere qualitativamente migliore il prodotto finale.
Comunque non potremmo usare solo grano 100% italiano, semplicemente perchè il fabbisogno supera la produzione di grano.
ma anche nel pane che compriamo perche’ non e’ possibile sapere da dove arrivano le materie prime? L’associazione panificatori mi ha detto che grano e farina sono mischiati e soprattutto il grano arriva dall’estero.Possibile che non ci sia nessuno che coltiva grano in Italia e nessun panificatore che lo acquista?
Si dovrebbe mangiare di meno carboidrati (stiamo morendo di super produzione di insulina )e soprattutto utilizzare grani antichi autoctoni. In questa maniera si salverebbero delle varietà nostrane ed i produttori non sarebbero soggetti alla concorrenza spietata delle multinazionali alimentari.
Apprendo solo ora, anche per affermazione di Farinetti che solo grazie al grano estero, perche’ di qualita’, siamo dei grandi produttori di pasta di qualita’.
Ma non volendo addendrarmi in % di glutine, presenza di fibra, elementi minerali (potassio, ferro e fosforo) ed di vitamine (tiamina e niacina), carotenoidi (luteina e beta-carotene), ma chiedo come mai siamo il paese della pasta se poi il ns. Grano non è il migliore? Se il grano dell’ ucraina avra’ + glutine ma anche + radiottivita’ avra’ un significato? Le grandi monocolture del nord america sono migliori delle produzioni agricole del nostro sud italia e del mediterraneo in generale?
Sara’ che ai nostri pastai industriali serve la comodita’ e l ‘ economicita’ dei grandi monopoli e delle grandi navi di transporto?
Di questo passo anche l’olio italiano sara’ un prodotto mediocre?
C’è qualcosa che mi sfugge o che non torna nel discorso della farina di qualita’ estera.
Forse come nel caso di Voiello la richiesta deve partire dai produttori di pasta …
Se i produttori italiani preferiscono il grano straniero senza conoscere e poter verificare la filiera significa che sono complici della decadenza dell’agricoltura nazionale.
Infine chi è che mi garantisce che il grano con molto glutine fa bene alla salute?
Magari una varietà antica nazionale è meno titolata ma da un punto di vista alimentare potrebbe essere meglio.
Tutto verissimo e corretto, se vogliamo pasta di qualità e d’obbligo l’impiego di grano estero, se iniziassero altri a seguire l’esempio di Barilla sul marchio Voiello magari fra qualche anno sarà possibile avere altri marchi di alta qualità 100% ma de in Italy, diversamente la situazione attuale, a mio modesto parere rimane la soluzione migliore.