La Fondazione Barilla a fianco dei nutrizionisti Usa, per una dieta povera di carne rossa e che tenga conto della sostenibilità ambientale
La Fondazione Barilla a fianco dei nutrizionisti Usa, per una dieta povera di carne rossa e che tenga conto della sostenibilità ambientale
Redazione 5 Marzo 2015La Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition (BCFN) si schiera a fianco della Commissione consultiva di medici e nutrizionisti istituita dal governo di Washington all’inizio del 2014, incaricata di fornire pareri scientifici sulle nuove linee guida per la dieta degli americani. Gli esperti della Commissione consigliano una dieta povera di carne rossa e, per la prima volta dall’emanazione della prima versione delle linee guida nel 1980, collegano l’alimentazione con la sostenibilità, affermando che una dieta di origine vegetale è buona sia per la salute sia per l’ambiente.
Le raccomandazioni consigliano anche un alto consumo di frutta, verdure, cereali integrali, legumi e noci, un moderato consumo di alcol e pochi zuccheri raffinati.
La Fondazione Barilla osserva che il documento degli esperti americani conferma il modello della Doppia piramide alimentare-ambientale, promosso da BCFN, in cui, alla tradizionale piramide alimentare, costruita distribuendo gli alimenti secondo i principi di una dieta equilibrata, si affianca una piramide capovolta, quella ambientale, che misura l’impatto ambientale di ciascun alimento.
In questo modo, si nota che gli alimenti per i quali è consigliato un consumo maggiore (frutta, verdura, cereali) sono anche quelli che determinano gli impatti ambientali minori. Viceversa, gli alimenti per i quali viene raccomandato un consumo ridotto (carne rossa, formaggi) sono anche quelli che hanno maggior impatto sull’ambiente.
Beniamino Bonardi
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Vorrei sapere se è sensato che l’olio (d’oliva, nell’illustrazione) sia indicato con alto impatto ambientale mentre per i cereali sarebbe basso, il formaggio alto e il latte basso. Che credibilità scientifica ha questo?
Per rispondere bisognerebbe calcolare molteplici fattori come il footprint ad esempio.Bisogna vedere qual è il riferimento che si pende in esame
Ma va’? La barilla che consiglia pane, pasta e riso?
Ovviamente c’è conflitto di interessi se chi produce cibo vuole anche regolamentarlo. È così difficile da capirlo?
se non ho capito male la Barilla sta solo plaudendo al fatto che lo studio americano trae le stesse conclusioni a cui era giunta la sua fondazione, non ci vedo alcun conflitto.
Sì, certo: guarda caso i dati OMS sulla riduzione dello zucchero (-50%) di guardano bene dal promuoverli.
Se Barilla ci cedesse veramente venderebbe Mulino Bianco, Pavesi e Pan di Stelle, smetterebbe di fare i ragù.
Ma è chiaro che si tratta di una operazione di ethical-washing.
L’obesità infantile in Italia è chiaramente correlata alla crescita della pubblicità delle merendine (del Mulino Bianco in primis).
Non è un caso che nel modello di profilo nutrizionale dell’ufficio regionale europeo dell’OMS per limitare il marketing di alimenti e bevande nei confronti dei bambini dolciumi, cioccolato, biscotti, gelati, succhi di frutta non sarebbero permessi in assoluto.
Ma non era meglio citare lo studio americano in maniera indipendente come siete abituati a fare? Perché citare fondazione barilla che mi sembra, a partire dal logo, molto vicina alll’azienda leader nella produzione di merendine piene di zuccheri e olio di palma?
Probabilmente qualche incoerenza c’è ma è interessante proporre questo studio in larga scala perché è la consapevolezza dell’impatto alimentazione-ambiente che ancora non credo sia chiaro alla maggior parte della popolazione..
Ovviamente Barilla con la Fondazione Barilla “fa il suo mestiere”. A proposito di “piramidi”, provate dare uno sguardo invece alla “clessidra ambientale” proposta da http://carnisostenibili.it , modi diversi di leggere un NON-PROBLEMA! Una giusta ed equilibrata dieta, senza escludere nulla, fa bene alla salute e, considerato che nulla si crea e nulla si distrugge (ma tutto si può trasformare), basta con le sterili polemiche di cosa “non mangiare” che sono un insulto alla povertà alimentare di milioni di uomini del nostro tempo!!
Concordo con il commento di Giuliano.
Non è da adesso che BCFN ci vuole far “pesare” il suo punto di vista e io che sto nella filiera della carne potrei sostenere in modo altrettanto “talebano” la proposta della clessidra ambientale delle associazioni delle carni (ma già proposta anche da COOP) e dare un’informazione ugualmente corretta: per l’appunto modi diversi di leggere un non-problema.
Però anche lo studio americano, che Il Fatto Alim. menziona senza alcuna citazione o link, andrebbe commentato: magari è l’ennesimo punto di vista di una amministrazione (USA) che cita il problema in merito alle sue specifiche problematiche.
Perché non citate invece i numerosi e specifici lavori dell’INRAN (che oggi si chiama con un’altra sigla ostrogota)? Che sui valori nutrizionali dei nostri prodotti, carni e cereali inclusi senza esclusione tra loro, ha prodotto fior di materiale, che BCFN si guarda bene dal pubblicare perché non le danno la patente dell’esclusività!
Ma davvero Barilla pensa si prendere sul serio “l’autorevolezza” di un centro da lei finanziato? Fra un po’ pubblicheranno uno studio che dice di mangiare solo pasta, biscotti e merendine, vedrete…
Barilla con il suo BCFN ha pubblicato anche studi interessanti che abbiamo ripreso sul sito. Su altri ho dei dubbi come quando ha pubblicato il lavoro sullo spreco alimentare in cui riprendeva le fantastiche teorie di Segrè secondo cui 1/3 della spesa domestica fatta al supermercato finiva nella spazzatura. Noi abbiamo provato a spiegare a BCFN che si trattava di una bufala ma non hanno cambiato idea. Ci sono voluti due anni per rettificare il tiro.
Concordo con il commento di Giuliano.
Non è da adesso che BCFN ci vuole far “pesare” il suo punto di vista e io che sto nella filiera della carne potrei sostenere in modo altrettanto “talebano” la proposta della clessidra ambientale delle associazioni delle carni (ma già proposta anche da COOP) e dare un’informazione ugualmente corretta: per l’appunto modi diversi di leggere un non-problema.
Però anche lo studio americano, che Il Fatto Alim. menziona senza alcuna citazione o link, andrebbe commentato: magari è l’ennesimo punto di vista di una amministrazione (USA) che cita il problema in merito alle sue specifiche problematiche.
Perché non citate invece i numerosi e specifici lavori dell’INRAN (che oggi si chiama con un’altra sigla ostrogota)? Che sui valori nutrizionali dei nostri prodotti, carni e cereali inclusi senza esclusione tra loro, ha prodotto fior di materiale, che BCFN si guarda bene dal pubblicare perché non le danno la patente dell’esclusività?