Coca-Cola ritira uno spot natalizio accusato di essere discriminatorio e dannoso per la salute delle popolazioni indigene in Messico
Coca-Cola ritira uno spot natalizio accusato di essere discriminatorio e dannoso per la salute delle popolazioni indigene in Messico
Beniamino Bonardi 10 Dicembre 2015Coca-Cola Mexico è stata costretta a togliere dal canale YouTube uno spot natalizio, dopo la pioggia di critiche che l’accusavano di trasmettere un messaggio discriminatorio e dannoso per la salute delle popolazioni indigene, che negli ultimi dieci anni hanno visto salire alle stelle i tassi di malnutrizione e di obesità. Coca-Cola ha rimosso il video, realizzato nell’ambito della campagna “Apri il tuo cuore”, scusandosi e affermando che voleva trasmettere un messaggio di unità e di gioia.
Lo spot, che è ancora visibile su numerosi siti, si apre con una scritta, secondo cui l’81,6% degli indigeni messicani si sente rifiutato perché parla un’altra lingua. Si vedono degli indigeni soli e tristi e poi un gruppo di giovani non nativi, entusiasti e tutti rigorosamente bianchi, che decidono di portare un “messaggio molto speciale”. Dopo aver preparato delle assi di legno, si dirigono con una grande frigo portatile con le bibite nel ghiaccio verso il villaggio Mixe di Totontepec, a Oaxaca. Arrivati in loco i giovani costruiscono un albero di Natale con le assi di legno. A quel punto, gli indigeni aprono le bottiglie di Coca-Cola e mettono sull’albero i tappi, che diventano delle luminarie, e tutti bevono. Lo spot si conclude con la frase “Noi siamo uniti” seguito dall’invito ad abbattere i pregiudizi.
Il Messico è il secondo mercato di Coca-Cola per volume di vendite a livello mondiale e il primo per quanto riguarda il consumo pro capite. Con il 70% degli adulti e il 30% dei bambini obesi o in sovrappeso, e il 32,8% di adulti obesi, il paese detiene il record mondiale.
Come sottolinea il quotidiano britannico The Guardian, i messicani amano le bibite zuccherate al punto che è normale vedere persone che vanno a lavorare con bottiglie da due-tre litri e i bambini nei passeggini che succhiano aranciate. Negli altopiani del Chiapas, i locali attribuiscono alla Coca-Cola poteri magici e viene usata nei riti religiosi.
C’è di più, nel 2000, il primo presidente eletto democraticamente (Vincete Fox), in precedenza era stato presidente di Coca-Cola Mexico e poi capo delle operazioni della compagnia in America Latina. Nei sei anni di presidenza di Fox, il numero dei diabetici raddoppia e il numero di bambini obesi tra i cinque e gli undici anni registra un incremento del 40%. Sempre dalle statistiche ufficiali risulta che tra il 1999 e il 2006 la quantità di bevande zuccherate consumate dagli adolescenti aumenta da 2 a 3 volte.
Superando le fortissime resistenze del mondo dei produttori, (controllato al 70% da Coca-Cola) nel 2013 il parlamento messicano approva una tassa di un peso (circa 7 centesimi di euro) per ogni litro di bevanda zuccherata.
La soda tax è entrata in vigore il 1° gennaio 2014 e nel primo anno le vendite di bevande zuccherate è diminuita del 6%, mentre sono aumentate del 4% le vendite di bottiglie d’acqua. La diminuzione è iniziata lentamente ed è cresciuta con il passare dei mesi, tanto che a fine anno le vendite sono state inferiori del 12% , arrivando al 17% tra le fasce più povere le più colpite dall’epidemia di obesità.
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la disinformazione nella popolazione, in genere, è volutamente manipolata da chi detiene poteri forti, ed in un Paese dove la democrazia è ancora molto acerba, come il Messico, gli interessi di qualcuno possono anche fruttare tanta ricchezza a scapito della salute pubblica!
Stiamo allerta pure noi, in democrazia formalmente “matura” perché il trattato trans-atlantico incombe! Massima allerta! Saluti & buone feste in … salute!
La soda tax è come l’accisa sulla benzina o il sovrapprezzo sul monopolio alcool&tabacchi. E’ immorale: col pretesto di tutelare i cittadini (convinti dalle pubblicità) da sé stessi (che ipocrisia) si continua a vendere, lasciando che sia la ricchezza a decidere chi si vizierà e chi no e spingendosi a far entrare nelle casse statali parte dei proventi di questo commercio malsano, per poi far spendere alla sanità il doppio degli introiti con chi diventa malato e/o dipendente