I cereali per bambini continuano ad essere ancora troppo pubblicizzati e poco sani.  E’ quanto emerge dal rapporto Cereal Facts (Food Advertising for Children and Teens Score) stilato dagli esperti del Rudd Center for Food Policy and Obesity della Yale University. Il documento analizza il mercato dei cerali venduti negli Stati Uniti e destinati specificamente ai bambini, confrontando dati nutrizionali e pubblicità rispetto a quanto emerso nella sua prima edizione, datata 2009. La conclusione  è sconfortante: se per le ricette si nota qualche miglioramento, per quanto riguarda la pubblicità la situazione è peggiorata perché bambini e adolescenti (insieme ai loro genitori) sono oggetto di campagne sempre più aggressive, che riguardano soprattutto i prodotti più ricchi di zucchero, sale e grassi.

 

Nel periodo dal 2008 al  2011 la qualità nutrizionale è migliorata in 13 dei 16 marchi esaminati. Nei 22 prodotti per bambini analizzati, il 45% ha ridotto il sodio, il 32% lo zucchero e il 23% ha aumentato la quantità di fibre. La General Mills ha migliorato le ricette di tutti i suoi prodotti per l’infanzia. Diversi siti che promuovevano i cereali attraverso i giochi sono stati chiusi, mentre il tempo di esposizione agli spot televisivi in età prescolare è sceso del 6% per quanto riguarda i cereali in generale, e dell’8% per ciò che attiene quelli per bambini. I ragazzi di età compresa tra i 6 e gli 11 anni hanno visto meno la pubblicità di sette prodotti (la Kellogg’s ha diminuito di due terzi gli spot di Apple Jacks e Corn Pops considerati i più popolari).

 

Ma le notizie positive sembrano finire qui. Nello stesso periodo (2008-11) le aziende hanno aumentato la quantità generale di pubblicità dedicata ai cereali per bambini. La  spesa per spot è cresciuta del 34%, passando da 197 a 264 milioni di dollari, e alle campagne dedicate ai bambini si sono aggiunte quelle degli stessi prodotti rivolte ai genitori.

Per questo motivo la visione delle pubblicità di sette prodotti considerati i peggiori dal punto di vista nutrizionale, tra i quali Froot Loops della Kellogg’s, è sensibilmente aumentata. Nei nuovi siti che hanno sostituito quelli chiusi il numero di contatti è cresciuto: nel 2011 in media 162.000 bambini hanno visitato il sito di FrootLoops e 116.000 quello di AppleJacks. Analogamente anche i banner sono aumentati, la Kellogg’s li ha raddoppiati mentre la General Mills ha incrementato la presenza sui siti di 4 prodotti per l’infanzia.

Oltre ai banner sono comparse le prime app per smartphone e tablet. In media, oggi un bambino americano che abbia tra i 2 e i 5 anni vede poco meno di 600 spot all’anno, mentre se ha tra i 6 e gli 11 anni ne vede 700, e moltissimi riguardano i 5 prodotti più amati (e meno sani).

 

A fronte di ciò la qualità non sembra migliorata granché, anzi. I cereali per bambini pubblicizzati contengono in media il 57% in più di zucchero, il 52% in meno di fibre e il 50% in più di sodio rispetto a quelli rivolti agli adulti, che oggi, in un quarto dei casi, rispettano le indicazioni dei nutrizionisti e stanno dunque avviandosi verso un netto miglioramento rispetto a qualche anno fa.

 

In definitiva – spiegano gli esperti di Yale – le aziende devono iniziare seriamente a farsi carico della salute dei bambini e smettere di promuovere prodotti che in media contengono un cucchiaio di zucchero ogni 3 cucchiai di cereali. Piuttosto, devono usare tutta la loro creatività e la  capacità di persuasione per aiutare genitori e figli a mangiare meglio.

 

Agnese Codignola

Foto: Photos.com

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Sebastiano
Sebastiano
6 Luglio 2012 16:18

Il guaio non è la pubblicità in quanto tale, ma la composizione di questi prodotti che in buona parte sono miscele di farine, olio di palma e zucchero.
C’è poco da raccontare, questi grandi gruppi dovrebbero solo intervenire radicalmente sulle ricette dei cereali da prima colazione. Altrimenti perché comprarli, tanto vale un maritozzo o una merendina!

Vulka
Vulka
2 Luglio 2012 17:02

E NEI SUCCHI DI FRUTTA? PERCHÃ

Luca Speciani
Luca Speciani
15 Agosto 2012 15:07

Le aziende dovrebbero.. Ma le aziende fanno il comodo loro! Ã