L’11 giugno 2012 è stata una giornata molto importante per il movimento americano “Just label it” che si pone l’obiettivo di rendere obbligatoria l’etichettatura dei prodotti alimentari contenenti OGM. Quel giorno il Segretario dello Stato della California ha annunciato che le 971.126 firme raccolte erano sufficienti per richiedere un referendum di iniziativa popolare da votare il prossimo novembre.
L’evento rappresenta per il California Right to Know 2012 Ballot Initiative un’importante vittoria che però è stata accompagnata da aspre polemiche. Se da un lato i consumatori americani sono molto distratti nelle loro scelte alimentari (la legge non prevede l’etichettatura dei prodotti contenenti OGM), dall’altro ci sono alcune aziende alimentari che sono preoccupate e penalizzate. Alcuni esperti del settore, come Marion Nestle, professore di nutrizione umana alla New York University, sostengono che «i consumatori hanno il diritto di prendere in considerazione se acquistare o meno alimenti geneticamente modificati. Se l’industria alimentare crede che si tratti di obiezioni stupide e irrazionali allora dovrebbe impegnarsi a spiegare meglio i benefici dei propri prodotti».
Ma non tutti riescono ad avere una posizione così imparziale. La paura delle aziende biotech, è che i movimenti dei consumatori e dei produttori di cibo biologico riescano a penalizzare i prodotti con ingredienti OGM. Ne sa qualcosa la WholeFoods, il più grande distributore mondiale di prodotti biologici che, non riuscendo a garantire che la sua costosa merce fosse interamente bio, ha dovuto imporre ad alcuni fornitori, di dichiarare in etichetta la possibile presenza di OGM, con evidenti ricadute negative sulle vendite.
Le implicazioni della nuova legge le ha spiegate Ronnie Cummins, direttore della Organic Consumers Association, dichiarando che «se una compagnia come Kellogg’s dovesse etichettare i suoi famosi Corn Flakes come geneticamente modificati, sarebbe come ricevere il bacio della morte, considerando che la California è l’ottava potenza economica mondiale». Inoltre l’approvazione di una norma di tale portata avrebbe ricadute su altri comparti alimentari. Rick Tolman, che dirige il National Corn Growers Association, dopo una riunione con i rappresentanti dell’industria alimentare, ha affermato che sarebbe più semplice cambiare la formulazione degli ingredienti che applicare un’etichetta così penalizzante per i loro brand. Probabilmente si influenzerebbe realmente la coltivazione di alimenti geneticamente modificati con un’evidente riduzione della produzione.
Nel frattempo i promotori dell’iniziativa in California stanno cercando di far sentire la loro voce anche presso la Food and Drug Administration (FDA) con una petizione. Tutto questo ha portato alcuni rappresentanti dell’industria alimentare e alcune associazioni di agricoltori, a cominciare una contraffensiva mediatica. Non mancano le dichiarazioni che collegano l’approvazione della legge con un aumento della burocrazia e una ricaduta sui prezzi. Insomma sembra che, in America, la battaglia per una corretta informazione alimentare sia appena cominciata.
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