La vicenda della persona colpita da botulismo tre settimane fa, dopo aver consumato la zuppa di cereali e legumi di Zerbinati ha creato un interessante dibattito tra i lettori e anche qualche dubbio. Prima di rispondere vale la pena ricordare che il 33enne vittima della tossinfezione sta meglio, ha iniziato la riabilitazione e dovrebbe recuperare appieno la funzionalità motoria.
Dopo questa bella notizia, vi aggiorniamo sulle modalità dell’incidente per capire meglio le dinamiche e le cause. Secondo una ricostruzione dei fatti il giovane ha comprato la zuppa 9 giorni prima e l’ha tenuta in frigorifero. Il giorno dell’intossicazione ha portato il vasetto sul luogo di lavoro dove è stato scaldato in un forno a microonde. Il prodotto però aveva un sapore cattivo e il giovane dopo avere mangiato due cucchiai ha gettato il vasetto nel cestino dei rifiuti, da dove è stato recuperato e analizzato dalle autorità sanitarie.
La cronaca finisce qui ma gli interrogativi no, visto che Stefano ci chiede “come mai essendoci stata una crescita di microrganismi nel vasetto, visto che la produzione di tossina avviene solitamente al termine della fase di crescita esponenziale, il consumatore avrebbe dovuto notare il bombaggio della confezione. Una delle regole base sulla sicurezza alimentare è di non consumare confezioni gonfie”.
Abbiamo affidato la risposta al Centro Nazionale di Riferimento per il Botulismo dell’Istituto Superiore di Sanità “il bombaggio delle confezioni è dovuto alla produzione dei gas prodotti dall’attività metabolica dei microrganismi presenti. La produzione di gas è molto variabile da ceppo a ceppo, per cui non è detto che il vasetto apparisse bombato, non è altresì possibile escludere questa evenienza. Sicuramente, considerando la tipologia di ceppi circolanti in Italia, il prodotto doveva essere alterato almeno nel gusto, come del resto riscontrato anche dall’inchiesta epidemiologica”.
Altri lettori sono rimasti molto sorpresi dal fatto che la dicitura sull’etichetta della zuppa indicasse solo di scaldare a fuoco lento prima del consumo, mentre adesso Zerbinati ha modificato la dicitura invitando a portare ad ebollizione prima di servire a tavola. A tal proposito è interessante l’intervento di Umberto, secondo cui “nelle diciture in etichetta, relative alle modalità di preparazione, andrebbe chiarito se lo scopo è quello di garantire la sicurezza del prodotto oppure solo quello di ottenere le migliori caratteristiche organolettiche. Il consumatore in genere non può certo sapere che il mancato rispetto di un’indicazione sulla preparazione comporti un rischio sanitario così grave anche se remoto.
Qualcuno potrebbe anche decidere che preferisce la zuppa “fredda” se non è chiaro che il trattamento termico serve a garantire la sicurezza del prodotto. Spesso le etichette di molti prodotti RTE enfatizzano la velocità di preparazione. Il fatto che la zuppa sia “già pronta” lascia pensare di avere di fronte un prodotto che si può consumare “tal quale” come una scatoletta di tonno o fagioli sterilizzata“.
Avremmo voluto avere delle risposte da parte delle due aziende leader di mercato: Zerbinati (che ha prodotto la zuppa sotto accusa) e anche Vogliazzi che ha registrato un incidente simile pochi anni fa, ma non è stato possibile perché entrambe le società non hanno voluto rispondere alle nostre domande.
Come si vede la materia è complessa. Per chiarire dubbi e incertezze l’Istituto superiore di sanità ha in programma un incontro sul botulino nei prossimi mesi. Vi terremo informati. Nel frattempo invitiamo i lettori a guardare le etichette delle zuppe e delle minestre pronte in vendita al supermercato e di mandarci le fotografie.
Roberto La Pira
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Mi farebbe piacere sapere, perché si è sviluppata la tossina? Cosa ha fatto il NAS o ASL a fronte di tale problema? Visto che sono prodotti a rischio, perché non vietarne la produzione e la vendita?
Ma la bombatura e’ segno a volte di metabolismo fermentativo da parte di microrganismi NON patogeni o solo da parte dei patogeni?
La microbiologia e una scienza abbastanza complessa , se poi è abbinata alla conservazione del cibo lo diventa di più. Non si può rispondere alla sua domanda in modo semplice. Dipende dall,alimento , dalle condizioni di conservazione….
Evidentemente dai dati a disposizione delle autorità sanitarie il problema è limitatissimo e solo all’interno del lotto interessato che non è più in commercio. Ma a nostro parere è oltremodo importante rivedere l’analisi HACCP, perché, stante il sistema di produzione , confezionamento e commercializzazione in regime di freddo, con il consiglio per i consumatori di far bollire il prodotto prima dell’uso il pericolo non è scongiurato al 100 % : non si può lasciare al consumatore la responsabilità di un’azione preventiva quando il pericolo può provenire da monte. Insisto sull’utilità per questa tipologia di produzione e presentazione, dell’utilizzo di adeguati quanto innocui antifermentativi che annullino il rischio finale (HACCP corretto) di ripresa dell’attività riproduttiva di specie patogene eventualmente ancora presenti .
Ma le tossine si distruggono con una normale bollitura? A me non risulta sempre vero, c’è anche una questione di tempo…
qui il problema è a monte e non a valle! C’è una problematica prima del confezionamento del prodotto…
Per eliminare la spora bisogna riscaldare a 121°C per 4 minuti , per la tossina basata bollire