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Lo zucchero, nella dieta di una persona sana, non dovrebbe superare il 10% del totale delle calorie giornalmente necessarie

In tema di nutrizione e di salute, Il Fatto Alimentare ospita l’articolo di Adriano Cattaneo, dell’RCCS Burlo Garofolo di Trieste – Osservatorio Italiano Salute Globale (OISG), pubblicato su Saluteinternazionale.info.   Il sito diretto da Gavino Maciocco è portato avanti da professionisti esperti nel settore della salute ed è finanziato dal Laboratorio Management e Sanità (MeS) della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e dall’Istituto di Igiene dell’Università Cattolica di Roma.


Per molto tempo è stato il governo americano a difendere gli interessi dell’industria dello zucchero facendo pressioni sull’OMS per impedire risoluzioni che ne limitassero il consumo nella dieta. Negli ultimi anni anche il governo USA (Obama non è Bush) ha appoggiato le raccomandazioni dell’OMS. A obiettare sulle limitazioni del consumo di zucchero raccomandate dalla comunità internazionale è subentrato il governo italiano, con le affermazioni del Ministro Lorenzin:  «Non è facendo questo tipo di divieti che noi costruiamo la cultura dell’alimentazione. Lo zucchero, nella dieta di una persona sana, non dovrebbe superare il 10% del totale delle calorie giornalmente necessarie; in pratica non più di 40 grammi al giorno». Questa raccomandazione è contenuta in un rapporto congiunto OMS/FAO ed è stata formulata nel 2003 dopo un’accurata e completa revisione della letteratura allora disponibile sui danni per la salute causati da un eccesso di zuccheri semplici nella dieta[1]. Apriti cielo! I padroni dello zucchero, quelli cioè che ne dominano la commercializzazione e la trasformazione in alimenti industriali (Tabella 1), e che vedrebbero crollare i loro profitti se la raccomandazione fosse applicata, non ci misero molto a sollevare proteste di ogni tipo.

Tabella 1. I padroni dello zucchero

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Marzo 2014: l’OMS raccomanda la riduzione dello zucchero al 5% delle calorie totali nella dieta giornaliera.

Tra i paesi sede dei padroni dello zucchero, gli USA, le cui raccomandazioni all’epoca permettevano un consumo giornaliero fino al 25% del totale delle calorie (170 g era il consumo giornaliero dello statunitense medio), si distinsero perché, oltre alla lobby industriale, fecero ricorso alla pressione governativa nel tentativo di bloccare la risoluzione dell’Assemblea Mondiale della Salute (AMS) che nel 2004 avrebbe ratificato la raccomandazione del 10%. La Sugar Association invia al Direttore Generale (DG) dell’OMS, il 14 Aprile 2003, una lettera che contiene la seguente citazione: «Se necessario, promuoveremo e incoraggeremo nuove leggi che richiedano che futuri finanziamenti degli USA all’OMS siano elargiti solo se questa accetta che tutti i suoi rapporti siano sostenuti da preponderanti evidenze scientifiche, siano soggetti ad un ampio processo di revisione esterna, e siano completati da un’analisi economica degli effetti che tali rapporti avrebbero nei 192 paesi membri». La missiva è accompagnata da lettere di appoggio di due senatori USA. Gli USA erano all’epoca i maggiori finanziatori dell’OMS (400 milioni di $ l’anno). E il rapporto congiunto OMS/FAO era stato redatto dai 37 maggiori esperti mondiali sull’argomento, compresi esperti USA.

Nel febbraio del 2004 il Consiglio Esecutivo (CE) dell’OMS, composto da rappresentanti di 32 paesi membri, analizza la bozza di risoluzione da presentare alla votazione dell’Assemblea Mondiale della Sanità(AMS), a maggio dello stesso anno. Gli USA fanno parte del CE e il loro rappresentante è William Steiger, figlio di un senatore, figlioccio di George H Bush e assistente di Tommy Thompson, segretario di stato USA per gli affari internazionali. Jeb Bush governava la Florida, dove si produce quasi tutto lo zucchero USA. Suo fratello, George W Bush, era stato eletto presidente anche grazie ai soldi dell’industria dello zucchero. William Steiger, il 5 gennaio 2004, scrive una lettera al DG dell’OMS chiedendo di bloccare il percorso della Strategia Globale su Dieta, Attività Fisica e Salute e di rivederne le raccomandazioni. Scrive tra l’altro: «Questi commenti rinforzano la nostra opinione che il ruolo dell’OMS dovrebbe essere strettamente quello di un’agenzia tecnica dell’ONU, che fornisce raccomandazioni basate su solide evidenze scientifiche che aiutino i paesi membri a sviluppare politiche nazionali di salute pubblica adeguate alle loro circostanze… Ci piace pensare che l’OMS si atterrà strettamente al suo mandato, vale a dire alla scienza e alla salute». Allo stesso tempo fa pressioni su altri paesi rappresentati nel CE perché votino come gli USA. Grazie alle proteste di governi, istituzioni e associazioni di cittadini contro queste ingerenze, la risoluzione del CE passa ed è votata dall’AMS.

Marzo 2014: l’OMS decide di aggiornare le sue raccomandazioni del 2004 sull’ingestione di zuccheri semplici e diffonde una bozza nella quale ne raccomanda la riduzione al 5% delle calorie totali nella dieta giornaliera. Chiede un feedback a tutti: cittadini, esperti, governi, rappresentanti dell’industria dello zucchero e degli alimenti in generale. La stragrande maggioranza dei commenti sono positivi. L’industria fa le pulci a qualche frase, ma si guarda bene dall’esercitare lo stesso tipo di pressioni fatte 10 anni prima. Anche il governo USA appoggia con discrezione le nuove raccomandazioni: Obama non è Bush[2]. Il testo definitivo delle linee guida OMS è pronto per essere approvato dal CE e dall’AMS a febbraio e maggio 2015, rispettivamente[3].

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Deviare l’attenzione dal prodotto incriminato ad altri argomenti è una delle strategie più usate dall’industria

A fare da bastian contrario questa volta è il governo italiano, per bocca della ministra Beatrice Lorenzin. A margine della seconda Conferenza Internazionale sulla Nutrizione, che si sta svolgendo a Roma, alla Fao, a novembre 2014, dice: «Non è facendo questo tipo di divieti che noi costruiamo la cultura dell’alimentazione. Dobbiamo invece proporre il modello della dieta mediterranea ed educare famiglie e bambini a mangiare bene e anche a fare attività fisica». Deviare l’attenzione dal prodotto incriminato ad altri argomenti è una delle strategie più usate dall’industria per prevenire o per lo meno addolcire eventuali raccomandazioni o leggi potenzialmente dannose. Negli anni ’60, in maniera pionieristica, la Sugar Research Foundation (SRF) aveva finanziato illustri ricercatori di Harvard perché scrivessero una revisione che esaltasse il ruolo dei grassi saturi e minimizzasse quello dello zucchero nella genesi delle malattie cardiovascolari. Gli articoli da includere nella revisione furono scelti da SRF e il risultato fu pubblicato in due puntate dal New England Journal of Medicine nel 1967, ovviamente senza che se ne conoscesse l’origine. Da allora, e fino a poco tempo fa, le raccomandazioni sulla prevenzione del rischio cardiovascolare si concentrarono sui grassi e lasciarono in pace lo zucchero[4].

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Uno dei due esperti della delegazione italiana che doveva discutere con l’OMS le linee guida sullo zucchero era un senior advisor della Ferrero

Più recentemente, per sviare l’attenzione dallo zucchero all’attività fisica, la Coca Cola ha creato il Global Energy Balance Network (GEBN), che diffonde, in websites e accounts di facebook e twitter gestiti da università, ma registrati da Coca Cola, affermazioni del tipo «Gli americani sono fissati con ciò che mangiano e bevono, ma non prestano sufficiente attenzione all’attività fisica», oppure «No a tasse sulle bevande zuccherate e a restrizioni del marketing, meglio concentrarsi sulla promozione dell’attività fisica». Il tutto condito da abbondanti finanziamenti a pseudo progetti di ricerca e a congressi scientifici sull’attività fisica in varie università USA e in centinaia di scuole. Gli scienziati ora confessano che era Coca Cola a decidere quali progetti di ricerca realizzare e come presentarne i risultati: parlando solo di attività fisica, senza mai menzionare la dieta e meno che mai le bevande zuccherate[5].

Nel 2015, una serie di articoli pubblicati sul British Medical Journal denunciava una simile strategia, soldi dati dall’industria alimentare per finanziare ricerche che allontanassero dalla dieta il sospetto di un’associazione con l’obesità, in Gran Bretagna. Protagoniste dei finanziamenti, oltre alla Coca Cola, PepsiCo, Mars, Nestlé, Cereal Partners, Institute of Brewing and Distilling, Weight Watchers International, Sainsbury’s, Boots, Unilever, Kellogg Institute, GlaxoSmithKline e NutriLicious (una ditta di pubbliche relazioni specializzata nel trasmettere messaggi su salute e nutrizione per conto dell’industria alimentare)[6,7]. Tutto il mondo è paese, perché le strategie delle multinazionali sono globali e si adattano facilmente ai diversi colori dei governi locali. Vuol dire che anche la ministra Lorenzin faceva il gioco dell’industria dello zucchero? Difficile dimostrarlo. Certo è che si era alla vigilia di Expo e che un atto di gentilezza verso l’industria degli alimenti sarebbe stato ben accolto dalla stessa. Certo è anche che uno dei due esperti della delegazione italiana che doveva discutere con l’OMS le linee guida sullo zucchero era un senior advisor della Ferrero[8]. Certo è infine che il 18 febbraio 2015 Matteo Renzi era presente, a rappresentare il governo italiano, ai funerali di Michele Ferrero, il fondatore dell’omonima ditta. E il presidente del consiglio visita l’azienda, tessendone le lodi, nel 2016, mentre la moglie ne visita lo stand a Expo. Evviva la Nutella!

Adriano Cattaneo IRCCS Burlo Garofolo, Trieste, Osservatorio Italiano Salute Globale (l’articolo è stato pubblicato sul sito Saluteinternazionale.info)

Bibliografia

  1. Diet, nutrition and the prevention of chronic diseases. WHO Technical Report Series n. 916, Report of a joint WHO/FAO expert consultation. Geneva: WHO, 2003.
  2. Stuckler D et al. Textual analysis of sugar industry influence on the World Health Organization’s 2015 sugar intake guideline. Bull World Health Organ 2016;94:566-73.
  3. Guideline: Sugars intake for adults and children. Geneva: WHO, 2015.
  4. Kearns CE et al. Sugar Industry and Coronary Heart Disease Research. JAMA Intern Med 2016; doi:10.1001/jamainternmed.2016.5394
  5. O’Connor A. Coca-Cola Funds Scientists Who Shift Blame for Obesity Away From Bad Diets. Well.blogs.nytimes.com, 09.10.2015
  6. Gornall J. Sugar: spinning a web of influence. BMJ 2015;350:h231
  7. Gornall J. Sugar’s web of influence 2: biasing the science. BMJ 2015;350:h215
  8. Dentico N. Forza zucchero. Saluteinternazionale.info, 10.02.2015

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Paolo Subiaco
2 Novembre 2016 12:00

Sarebbe il caso che Lorenzin, Renzie e tutti i politici che si ammanicano con la lobby dei produttori di zucchero, merendine spazzatura, case farmaceutiche, iniziassero a provare un po’ di vergogna per la disinformazione che promuovono.

Sarebbe talmente semplice affermare che:
* fisicamente siamo molto simili all’homo neanderthalensis
* tutte le malattie sono in qualche modo riconducibili all’alimentazione, oltre che allo stile di vita

quindi per stare in salute dovremmo:

* entrare nel supermercato facendo la spesa pensando con la testa dell’uomo di 10mila anni fa, in cui non c’erano insaccati, merendine, zucchero, plastica ed altri prodotti chimici
* pretendere che i cibi che consumiamo non siano alterati da sostanze chimiche (pesticidi in primis), quindi ben vengano gli alimenti biologici (sappiamo che i cibi non biologici quasi sicuramente contengono residui di pesticidi)
* utilizzare cosmetici, saponi, eccetera che siano più naturali possibili
* pretendere di avere un’informazione corretta, giornali, riviste e TV che trasmettano spot pubblicitari chiari con informazioni corrette.
In questo articolo si parla di zucchero, ma in modo analogo si potrebbe parlare di deodoranti per il corpo… un sacco di spot, molecole strane dai poteri sovrannaturali, poi leggi gli ingredienti e trovi una lunga lista di derivati del petrolio: faranno bene? Nessuno in TV ha mai detto che basta prendere una spugna, metterci del bicarbonato di sodio e tamponare le ascelle, per avere un deodorante efficace per 24-48 ore (migliore di quelli commerciali!) che non contiene porcherie ma, ahimè, che costa pochissimo.

Alessandro
Alessandro
Reply to  Paolo Subiaco
2 Novembre 2016 15:13

L’uomo di Neanderthal aveva un’aspettativa di vita intorno ai 50 anni…
Inoltre le auguro di non aver mai bisogno di cure mediche visto che l’uomo di Neanderthal non mi pare le utilizzasse…

Francesca
Francesca
5 Novembre 2016 11:09

Mi piace rispondere al Sig.or Alessandro,
dicendo che quanto afferma è un po’ superficiale,
come può sostenere ed affermare che l’Uomo antico non esercitasse
tecniche di cura e di guarigione.
Davvero curioso.
Forse non si saranno curati secondo il modello moderno e quanto esso immagina, con dispositivi moderni e molecole di sintesi (che non si smaltiscono come le molecole naturali che diversamente si smontano e rimontano…) .
Invece il Genere Umano, ovvero anche noi, deve molto agli Uomini antichi che hanno saputo tramandare un genoma FORTE,
cosa che nel mondo Industrializzato , l’Uomo moderno….
ha saputo rendere molto debole e….nel giro di poche centinaia di anni!!!
Oggi si spaccia come indispensabile, fare ricorso ad ogni invenzione per risolvere danni prodotti dagli uomini stessi.
Consiglio seguire gli spunti offerti come il Deodorante che non intossica e che non inquina l’ambiente, perché è un esempio di come ancora sia possibile pensare e sperimentare con testa propria,
senza essere succubi del peggior nemico dell’Uomo moderno,
che reputo sia l’ignoranza.
Francesca

Alessandro
Alessandro
5 Novembre 2016 15:54

Francesca, non mi dilungo. L’uomo moderno è diventato talmente debole che dai 50 anni circa neanderthaliani siamo passati ad un’aspettativa di vita di 77 anni (se non sbaglio) con un netto miglioramento della qualità di vita stessa. Tutto questo anche grazie alla medicina moderna che ha trovato cure che il nostro caro avo non poteva permettersi (certo che anche l’uomo antico attuava tecniche di guarigione, alcuni popoli anche la stregoneria se è per quello). Detto questo io mi accontento di essere considerato da lei ignorante e sperare nell’aspettativa di vita che lo stile di vita dell’uomo moderno prospetta e lascio a lei tutta la libertà di essere neanderthaliana.

Fabio
Fabio
Reply to  Alessandro
7 Novembre 2016 11:02

L’uomo di Neanderthal si è estinto alcuni annetti or sono. Gli è sopravvissuto l’homo sapiens, per un certo periodo coabitatore delle stesse aree e forse anche causa esso stesso dell’estinzione.

Robo
Robo
5 Novembre 2016 17:54

Anche la natura fornisce “porcherie” e lo fa da sempre visto che non é lì a nostro uso e consumo ma per se stessa (es. batteri, muffe fungine, inquinamenti da deiezioni). Se non si va oltre la dicotomia naturale/buono (che poi cosa lo é del tutto? Qual é il limite oltre il quale l’intervento umano si connota automaticamente come negativo?) e prodotto/cattivo non riusciamo veramente ad arrivare da nessuna parte. Già sostituire con un estrattivo vs di sintesi aiuterebbe un po’, senza però togliere l’accezione amarognola dell’aggettivo collegato (“sintetico”). Resta spesso la quantità a far la differenza e ciò sia nel mondo del “naturale” e in quello dell”artificiale”. Se poi identifichiamo a priori come manovrato ogni pronunciamento di organi istituzionali come l’EFSA (tra l’altro facendo spesso una operazione molto poco umile perché pensiamo di avere strumenti culturali adeguati) ci poniamo solo al servizio di una posizione ideologica.

Alessandro
Alessandro
5 Novembre 2016 23:52

Non è un’operazione poco umile, spesso è proprio un disturbo, si chiama effetto Dunning-Kruger…