a gluten free breads on wood background

pane senza glutine celiachiaLa transglutaminasi è un enzima di origine batterica, che aggiunto alla farina del pane modifica il glutine permettendo di migliorare la struttura e di avere una maggiore capacità lievitante (1). L’enzima si usa anche per il pane e la pasta gluten free, perché le farine prive di glutine non sono in grado di creare il reticolo proteico indispensabile per far lievitare e dare struttura all’impasto. Il trattamento enzimatico crea un legame tra le proteine che rinforza l’impasto, dando la possibilità di trattenere e inglobare l’anidride carbonica sviluppata dai lieviti. (2). Il CNR ha recentemente brevettato proprio un trattamento con la transglutaminasi batterica per eliminare la tossicità del glutine, rendendo le farine di grano tenero e duro, ma anche di orzo e segale, adatte ai celiaci (3).

C’è però un problema. I ricercatori della Facoltà di Medicina di Haifa (Israele) e dell’Aesku-Kipp Institute (Germania) ritengono che la farina trattata con la transglutaminasi microbica possa contribuire a scatenare nei celiaci reazioni autoimmuni tipiche della malattia (4). Secondo gli scienziati, l’enzima batterico potrebbe comportarsi come la transglutaminasi tissutale 2, localizzata a livello della mucosa dell’intestino tenue, che svolge un ruolo chiave nella patogenesi della celiachia: modificando la gliadina, avvia i processi di autoimmunità della malattia che portano all’infiammazione cronica.

Quindi questo enzima è un’opportunità o un pericolo per i consumatori celiaci? La ricerca farà il suo corso per arrivare, in tempi auspicabilmente brevi, a una risposta chiara e speriamo definitiva a questi interrogativi.

Nel frattempo la transglutaminasi microbica, essendo inclusa nella lista degli “enzimi alimentari” stilata dalla Commissione europea (*), non viene usata dall’industria alimentare solo per la panificazione e per i prodotti gluten free, ma anche per assemblare piccoli pezzi di carne o di pesce e trasformarli in finte bistecche, surimi e würstel ottenuti con carne separata meccanicamente, e per questo chiamata volgarmente anche “colla per carne”. La funzione di collante viene sfruttata anche nell’industria lattiero-casearia per dare più consistenza allo yogurt e nella preparazione del tofu per migliorare l’aspetto, la consistenza e la conservabilità dei prodotti.

Surimi
La transglutaminasi batterica, oltre ad essere usata per pane e pasta gluten free, è impiegata anche per produrre prodotti come il surimi

Secondo il regolamento sono da considerare enzimi alimentari quelli di origine vegetale, animale o microbica “aggiunti agli alimenti per uno scopo tecnologico in una qualsiasi fase di fabbricazione, trasformazione, preparazione, trattamento, imballaggio, trasporto o conservazione degli stessi”. Un enzima alimentare può essere incluso nell’elenco soltanto se soddisfa le seguenti condizioni: a) sulla base dei dati scientifici disponibili, il tipo d’impiego proposto non pone problemi di sicurezza per la salute dei consumatori; b) il suo impiego risponde ragionevolmente a una necessità tecnologica, e c) non induce in errore i consumatori. Gli aspetti sui quali i consumatori possono essere indotti in errore riguardano, fra l’altro, la natura, la freschezza e la qualità degli ingredienti utilizzati, la genuinità di un prodotto o il carattere naturale del processo di produzione, o le qualità nutrizionali del prodotto. Ciò detto, se ne deduce che la transglutaminasi microbica potrebbe non soddisfare le ultime tre condizioni.

Stando alla letteratura, una persona può assumere con il cibo fino a 15 mg dell’enzima, ma ci sono dati che fanno sospettare un incremento della permeabilità intestinale a esso correlato e, quindi, il rischio di insorgenza di malattie autoimmuni (5). Inoltre, ci sono evidenze che la transglutaminasi microbica possa causare allergia occupazionale, cioè reazioni allergiche – in questo caso per inalazione – in operatori del settore alimentare che lavorano a stretto contatto con l’enzima (6).

C’è poi da chiedersi quanto se non possa essere considerato ingannevole l’impiego dell’enzima per produrre alimenti “incollati” come il surimi, dove una piccola quantità di polpa di pesce viene miscelata ad altri ingredienti, come la fecola di patata e l’amido per aumentare il peso, gli aromi per evocare il gusto del pesce, il colorante rosso per simulare la tonalità delle chele del granchio, oltre al glutammato per esaltare il gusto e i polifosfati per addensare.

Forse vale la pena ricordare quanto ha sentenziato il Parlamento europeo su un’altra “colla per carne”, quella di origine animale fatta di trombina e fibrinogeno: “i vantaggi e i benefici che possono trarre i consumatori dall’utilizzo industriale sono ancora da dimostrare, e il pericolo è di ingannare i consumatori proponendo loro bistecche vere fatte di carne finta”.

wurstel salsicce
Sono stati riportati casi di allergia occupazionale alla transglutaminasi, così come possibili effetti sulla permeabilità intestinale

Attualmente sappiamo che la transglutaminasi microbica viene utilizzata dall’industria alimentare, ma non sappiamo in quali alimenti. Ciò accade perché, mentre esiste l’obbligo di dichiarare in etichetta gli additivi alimentari (e gli aromi), la stessa regola non vale per gli enzimi alimentari (e nemmeno per i coadiuvanti tecnologici) in quanto i regolamenti comunitari non li considerano additivi.

Auguriamoci che arrivi quanto prima la lista ufficiale degli enzimi alimentari permessi dell’UE e che l’inserimento o meno della transglutaminasi microbica in questa lista sia deciso dopo un’attenta e obiettiva valutazione da parte degli organi competenti.

Matteo Giannattasio – già docente del corso “Qualità degli alimenti e salute del consumatore” all’Università di Padova e autore di Allergie e intolleranze alimentari: i consigli, le diete e il cibo di qualità. EcorNaturaSì Ed. 2015.

Note:

(1) Kieliszek M e Blazejak S Microbial Transglutaminase and Applications in food Industry. Microbial Enzyme Technology in Food. CRC Press 2016

(2) Ngemakwe PH et al. Advances in gluten-free”bread”technology. Food Sci Technol Int. 2015;21:256-276

(3) Gianfrani G. et al. Transamidation of wheat flour inhibits the response to gliadin of intestinal T cells in celiac disease. Gastroenterology, 2007; 133:780

(4) Aaron L e Torsten M. Microbial transglutaminase: A new potential player in celiac disease. Clinical Immunology, 2018

(5) Lerner et. Changes in intestinal tight junction permeability associated with industrial food additives explain the rising incidence of autoimmune disease. Autoimmune Reviews 2015

(6) De Palma G, et al, Microbial transglutaminase: a new and emerging occupational allergen. Ann Allergy Asthma Immunol. 2014

(*) lista provvisoria che sarà sostituita da quella ufficiale degli enzimi che possono essere impiegati nel cibo prevista dal Regolamento CE n. 1332/2008 e non ancora disponibile.

© Riproduzione riservata

[sostieni]

3 1 vota
Vota
2 Commenti
Feedbacks
Vedi tutti i commenti
ezio
ezio
29 Gennaio 2019 14:07

Dobbiamo considerare che gli enzimi utilizzati negli alimenti, svolgono una funzione di scissione di strutture complesse come gli amidi in destrine e zuccheri, le proteine in peptidi ed aminoacidi, le fibre in solubili e zuccheri, i grassi in corte catene, comportandosi come delle forbici biochimiche che tagliano le catene strutturali, rendendole molto più corte ed adatte a creare alimenti predigeriti, tecnologicamente più interessanti e/o stabili.
La transglutaminasi è l’unico enzima che conosco, che non taglia ma incolla strutture proteiche, creando agglomerati più complessi per addensare e strutturare piuttosto che destrutturare e digerire.
La possibilità di modificare il glutine, creando strutture più complesse e quindi non riconoscibili dal sistema immunitario, è un progetto molto interessante ma tutto da verificare, in quanto poi il processo digestivo che impiega enzimi endogeni destrutturando questi grovigli, rischia di scoprire anche parzialmente le strutture del glutine nativo incollato dall’enzima strutturante.
Ricerca analoga dell’Università di Foggia, che modifica le strutture denaturando il glutine del frumento con un processo termico mediante microonde, ma in corso di verifica proprio per lo stesso problema che si può creare a livello intestinale, durante il processo digestivo di sintesi e scissione proteica.
Negli alimenti senza glutine nativo originario come il latte e derivati, la soia e derivati, i vari legumi, le farine di cereali senza glutine ed altri ingredienti di ricetta, con l’impiego della transglutaminasi non c’è il rischio che si formi una struttura simile o uguale al glutine pericoloso per i celiaci.
Aggiungo che forse per l’avena con un glutine diverso, poco o nulla sensibilizzante per i celiaci, un processo di denaturazione ulteriore potrebbe rendere questo interessante cereale di comune e sicuro utilizzo per i portatori della patologia autoimmune.

Patrizia Cristallo
9 Febbraio 2019 05:23

Gentili lettori,
vorrei precisare che molte paste secche gluten free sono prodotte senza l’uso di enzimi e additivi, ma sfruttano solo ed esclusivamente processi termici per rendere la pasta con una buona texture.
Patrizia Cristallo