In Italia succedono cose strane. Ci sono 300 medici, nutrizionisti, pediatri, dietisti e 9 società scientifiche che si occupano di nutrizione, favorevoli all’introduzione di una sugar tax del 20% sulle bevande zuccherate. I 250 milioni che entrerebbero nella casse dello stato, dovrebbero essere destinati a iniziative contro l’obesità e il sovrappeso considerando che il 30% dei bambini e il 45,1% degli adulti ne sono in diversa misura colpiti. Ma il parere di questi signori che conoscono il problema da vicino non conta, non hanno voce in capitolo. La sugar tax è ormai una questione politica. Se il provvedimento andrà in porto i 250 milioni non serviranno purtroppo a finanziare iniziative per la salute e la nutrizione. Il Governo ha bisogno denaro per coprire buchi di bilancio, e così trasformerebbe un provvedimento utile per gli italiani, in una tassa qualsiasi come quella sulle sigarette o sulla benzina. In questo modo, non potendo realizzare campagne di educazione contro le errate abitudini alimentari, il consumo di bevande zuccherate resterà pressoché identico.
C’è un altro elemento da considerare, la tassa non piace alle aziende alimentari e il mondo industriale è sceso in campo. Paolo Barilla, che sta lanciando la nuova crema cacao e nocciole preparata però con i biscotti Mulino Bianco Pan di Stelle, dice che l’obesità non è colpa delle merendine e dell’eccesso di zucchero, ma del poco sport che fanno i ragazzi, e quindi la sugar tax non serve. Il manager di Parma si scaglia anche contro l’etichetta a semaforo, dimenticando che si tratta di provvedimenti adottati da mezza Europa e da oltre 50 Paesi al mondo.
Poi c’è Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare, da sempre contrario alla sugar tax e all’etichetta a semaforo, che considera fuorvianti i numeri sull’obesità diffusi dall’Istituto superiore di sanità e sostiene che “l’Italia ha il primato della salute e della longevità, non certo dell’obesità e che il numero di bambini obesi o sovrappeso in Italia è sotto la media dei Paesi Ocse“. Sarà forse vero ma si tratta comunque del 30% di bambini obesi o in sovrappeso.
Nell’elenco dei personaggi contrari a sugar tax e all’etichetta a semaforo troviamo il ministro del Mipaaft, Gian Marco Centinaio che, in visita alla Ferrero si dice preoccupato per “l’atteggiamento che sta assumendo l’Europa nei confronti dei prodotti agroalimentari italiani. Dalle etichette a semaforo, alla tassa sulle bevande zuccherate, alla stessa Nutella. Un vero e proprio attacco che punta a mettere in difficoltà i prodotti tipici del nostro Paese. Non si può pensare di dichiarare nocivi gli ingredienti della dieta mediterranea come non si possono mettere sotto accusa gli zuccheri nelle bevande e quindi tassarli“. In fondo alla lista troviamo la lobby di Coldiretti da sempre contraria.
Siamo di fronte a un campionario di pareri espressi da persone che, senza nulla togliere alle loro capacità imprenditoriali e politiche, fanno fatica a distinguere una proteina da un aminoacido, e che probabilmente hanno anche le idee confuse sul significato dell’etichetta a semaforo. In questa storia manca la presa di posizione della Ministra della salute Giulia Grillo, che potrebbe e forse dovrebbe esprimersi. La ministra avrebbe però qualche difficoltà a schierarsi contro sugar tax ed etichette a semaforo. L’Istituto superiore di sanità, che è l’organismo scientifico del ministero, si è espresso a favore dei due provvedimenti e un parere diverso sarebbe difficile da giustificare.
La posizione sulla sugar tax dell’Iss è la stessa portata avanti dall’Oms e da 300 nutrizionisti e 9 società scientifiche che hanno aderito alla petizione lanciata il 16 ottobre da Il Fatto Alimentare. Questo dato che dovrebbe fare riflettere, viene invece ignorato da un paese dove troppo spesso, anche su temi di salute pubblica, prevale il parere dei politici, degli industriali e delle lobby.
© Riproduzione riservata
[sostieni]
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Complesso ed articolato il tema della salute pubblica.
Talmente complesso che non bastano poche semplici iniziative, peraltro molto contestate in tutto il mondo e non solamente da noi, per tentare di risolvere le due tendenze che sono la causa di tutto questo:
– la golosità dei consumatori, fino alla dipendenza psicologica verso alcuni alimenti particolarmente gustosi;
– il ruolo dei produttori, che non sono ne etici ne responsabili per missione nelle scelte produttive.
A fronte della necessità di porre comunque un rimedio a questo andazzo degenerativo, non sono sporadiche ed isolate iniziative conflittuali nazionali, a risolvere il problema obesità e patologie metaboliche legate ad una cattiva alimentazione, ma servono interventi comunitari di armonizzazione e regolamentazione stringente per l’etichettatura degli alimenti, la tassazione strategica e preventiva dei cibi spazzatura ed i limiti alla pubblicità subdola mirata ai bambini.
Oggi gli alimenti sono in libera circolazione comunitaria e non sono le etichette alla francese, o all’inglese ed eventualmente una futura etichetta semaforica italiana a risolvere il problema prevenzione, ma soprattutto per i produttori e pubblicitari, servono norme precise e prescrizioni stringenti valide in tutta Europa, per poter commercializzare i loro prodotti in modo responsabile.
Sappiamo perfettamente che anche se la sugar tax fosse il 5% sul prezzo di vendita al pubblico di prodotti che superano il 10% del peso complessivo del prodotto, o una % sulle kcal, non sarebbero 20 centesimi in più per un pacchetto di biscotti a fermare il desiderio dal dipendente da zucchero. Un frollino pesa circa 9 g e contiene mediamente 2 g di zucchero cioè più del 20% del peso. Perché le aziende si oppongono ad un provvedimento che probabilmente non avrà conseguenze economiche sui consumi di brand come Mulino Bianco? Semplicemente perché il provvedimento avrebbe una valenza etica e di sistema, cioè metterebbe in moto una modifica delle produzioni della piccola concorrenza per adattarsi al mercato che posizionerebbe prodotti con benefit come: non paga la sugar tax, come dire non contiene olio di palma. Barilla avrebbe preferito non fare le linee bio, ma le ha dovute fare perché la concorrenza, per quanto piccola, rosicchiava il mercato. Quindi la sugar tax di oggi porterebbe nuovi costi domani. Però darebbe un segnale al mercato, ai consumatori, farebbe immediatamente emergere al grande pubblico il problema dello zucchero, diffonderebbe: l’hanno tassato perché fa male, e quest’aspetto potrebbe portare danni all’industria anche subito.
Perfettamente d’accordo con lei. Se un governo o ministro non è in grado di opporsi alle lobbies mondiali, si dimetta o, ancor meglio, non si candidi neppure.
Grande e coraggioso articolo!
Continuate a informarci sull’argomento!
Ottimo articolo, anche se avvilente in certe dichiarazioni virgolettate.
Continuate a mantenere alta l’attenzione per una battaglia che vale la salute di tutti.