Leggo negli articoli di Dario Dongo che la normativa europea entrata in vigore il 13 dicembre 2014 impone di segnalare in etichetta gli eventuali allergeni presenti nel prodotto, anche se in tracce. Essendo celiaca, sono interessata in particolare al glutine, e sono abituata a scegliere sempre i prodotti dove viene specificata la dicitura “senza glutine” in etichetta.
Mi chiedevo se l’obbligo di segnalare – tra gli altri allergeni – la presenza di cereali contenenti glutine, anche se in tracce, mi permettesse di consumare in sicurezza anche quegli alimenti che non recano questa dicitura (ovviamente, parlo di prodotti che di per sé non contengono glutine tra gli ingredienti, come sughi pronti, salse, farine di cereali consentiti ai celiaci, ecc).
Elisabetta
Risponde Dario Dongo, avvocato esperto di diritto alimentare.
Il Regolamento UE 1169/2011 (vedi ebook “L’Etichetta”), entrato in vigore il 14 dicembre scorso, ha di fatto consolidato le disposizioni già esistenti a tutela dei consumatori affetti da allergie alimentari e intolleranze (direttiva 2003/89/CE e successive modifiche).
Il citato regolamento riconferma perciò il dovere – che incombe su tutti gli operatori del settore alimentare, della distribuzione e del cosiddetto “food service” – di segnalare “qualsiasi ingrediente o coadiuvante tecnologico elencato nell’allegato II o derivato da una sostanza o un prodotto elencato in detto allegato che provochi allergie o intolleranze usato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e ancora presente nel prodotto finito, anche se in forma alterata”.
Come abbiamo evidenziato in un recente articolo, il Ministero della Salute con propria circolare del 6 febbraio scorso ha chiarito le modalità di comunicazione della presenza, anche solo eventuale, di ingredienti allergenici nei prodotti alimentari. Soffermandosi in particolare sulle responsabilità dei pubblici esercenti (bar, ristoranti) nonché dei gestori di mense (scolastiche, aziendali, ospedaliere) e di esercizi di catering.
Bisogna tuttavia fare i conti con l’amara realtà della diffusa ignoranza e disapplicazione delle citate norme, tanto nei banchi vendita dei supermercati e negli esercizi della distribuzione tradizionale (noti anche come negozi di prossimità), quanto appunto nei pubblici esercizi. Dove tuttora è difficile, se non quasi impossibile a livello statistico, identificare con chiarezza gli ingredienti allergenici presenti in ciascuno dei prodotti offerti in vendita o a servizio.
Il governo italiano, del resto, non ha ancora pubblicato il “decreto sanzioni”, impedendo così alle pubbliche autorità investite del controllo ufficiale di punire i molti che ancora non rispettano le norme suddette. I consumatori allergici e intolleranti sono perciò di fatto privi di protezione giuridica, in particolare per quanto attiene alle informazioni che è loro diritto ricevere nei pubblici esercizi e nelle mense.
In ragione di quanto sopra – a fronte del grave rischio per la salute dei consumatori celiaci che accidentalmente assumano fonti di glutine e in attesa che il governo garantisca appieno i loro diritti – il mio consiglio rimane quello di continuare ad affidarsi al claim “senza glutine”. La presenza di tale dicitura su un’etichetta alimentare garantisce un effettivo controllo del tenore di glutine nel prodotto che deve essere sempre inferiore ai 20 ppm, tenuto conto sia degli ingredienti volontariamente aggiunti, sia di eventuali contaminazioni incrociate.
Dario Dongo (Great Italian Food Trade) esperto di diritto alimentare
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Claim senza glutine è diverso da Logo Spiga Barrata.
Ritengo doveroso rassicurare i celiaci alla responsabilità dell’OSA nell’apporre la dicitura “SENZA GLUTINE” e a non limitare le proprie scelte alimentari ai prodotti con Spiga.
Ricordo anche che esistono molti prodotti addirittura riconosciuti dal Ministero ( Ex legge 111) che non hanno la spiga.
Assolutamente d’accordo, rimando a tal proposito al Reg. CE 41/2009 relativo alla composizione e all’etichettatura dei prodotti alimentari adatti alle persone intolleranti al glutine, ove viene definito l’uso delle indicazioni “senza glutine” e “a ridotto contenuto di glutine”.
Mentre “il marchio Spiga Barrata è un marchio registrato di proprietà delle Associazioni dei pazienti celiaci” (tratto dal sito istituzionale AIC).
http://www.celiachia.it/dieta/Dieta.aspx?SS=176&M=499
Esatto… e aggiungo, per informazione corretta, che il marchio Spiga Barrata si paga caro (se non sbaglio circa 3.000 euro a prodotto) – infatti è presente solo nei prodotti dei “grandi marchi” con aziende alle spalle che se lo possono permettere. L’unica dicitura da verificare per i celiaci è la scritta “senza glutine”, il resto non conta.
Gentile dott. Longo, leggo con molta attenzione i suoi pareri sulle etichettature dei prodotti alimentari. Un problema analogo lo hanno coloro che devono etichettare i vini.Qualcuno vorrebbe scrivere in etichetta “senza solfiti aggiunti”,mentre il limite mmax della loro presenza per omettere la scritta “contiene solfiti”è di 10 mmg/l: per quanto riguarda prodotti derivati dalle uova e dal latte, la dichiarazione è obbligatoria solo in caso di tracce presenti dopo i trattamenti effettuati.
Il Mipaaf non ammette la dicitura “senza solfiti aggiunti” in quanto essi possono essere presenti anche senza l’aggiunta, sia per i trattamenti contro la peronospora, che dai lieviti in fermentazione, per cui è impossibile accertare se la loro presenza sia fortuita o per aggiunta. I vini che non hanno più di 10 mmg/l devono limitarsi ad omettere la dicitura.
Però per quanto riguarda il glutine, penso che se il consumatore trova la dicitura “senza glutine” sia più rassicurato.
Chi conosce le difficoltà operative delle produzioni “Senza Glutine” e quelle marchiate con la Spiga Barrata dall’Associazioni dei pazienti celiaci, sa benissimo che le cucine dei ristoranti, bar, gastronomie, pizzerie, mense, ecc.. non si potranno mai trasformare in produttori di alimenti per persone con particolari problemi di salute, non per mancanza di buona volontà, ma per impossibilità oggettiva.
Sembra che anche al Ministero della Salute se ne siano resi conto e prima di sanzionare l’impossibile ci pensino bene ed approfondiscano l’argomento.
Per i diritti dei celiaci, come di tutti gli altri che devono seguire una dieta particolare con esclusione totale o parziale di un alimento o sostanza, occorre promuovere le produzioni controllate e specializzate, magari incentivando le attività e le produzioni con defiscalizzazioni che sostengano tali produzioni, visto che sono indirizzate alla prevenzione e controllo di patologie.
Ma un formaggio che di per se non contiene glutine, ma deve segnalare il latte come allergene, può mettere in etichetta la scritta “senza glutine” ?
Grazie.
Loris Pevere
Una domanda: prodotti realizzati in laboratorio di panificazione tradizionale potranno essere pubblicizzati “senza glutine” seppure gli ingredienti impiegati siano appunto privi di glutine ?