La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha stabilito che i venditori di carne di pollame al dettaglio possono essere sanzionati se la carne è contaminata da Salmonella. Il ricorso era stato promosso da una rivenditrice austriaca, che nel 2012 era stata denunciata e condannata a pagare una multa per aver venduto al dettaglio dei petti di tacchino contaminati, pur non avendo responsabilità dirette nelle fasi di lavorazione adottate in precedenza in allevamento o durante la macellazione. La condanna è arrivata in seguito al controllo microbiologico di un campione di tacchino contaminato dalla Salmonella e quindi “inadatto al consumo umano”. Secondo la sentenza della Corte, “la carne fresca di pollame deve soddisfare le condizioni igieniche previste in tutte le fasi di distribuzione, compresa la vendita al dettaglio”, la cui esclusione significherebbe compromettere uno degli obiettivi fondamentali della legislazione alimentare.
Il caso esaminato dalla Corte riguarda espressamente la Salmonella e il quesito che ora si pone è se il principio di responsabilità dei rivenditori al dettaglio sia estendibile agli altri agenti patogeni presenti nella carne da pollame e altri alimenti, come sostiene il blogger francese Albert Amgar, esperto di sicurezza alimentare e collaboratore di Process Alimentaire.
Beniamino Bonardi
© Riproduzione riservata
foto: istockphotos.com
Salve, nell’articolo si dice che la dettagliante è stata “denunciata e condannata a pagare una multa”;
se non sbaglio, sembrerebbe quindi che per l’ordinamento austriaco la fattispecie vada a ricadere esclusivamente nel codice penale. Sarà così? No sanzione amministrativa?