Il colorante per alimenti rosso allura (E129) potrebbe indurre la sindrome del colon irritabile o peggio, se assunto cronicamente. E anche se per il momento si tratta di risultati ottenuti su modelli animali, lo studio che suggerisce tale associazione è importante, sia perché potrebbe fornire una spiegazione a una serie di malattie per le quali non si ha ancora un’idea chiara, sia perché mette in luce il ruolo di questo tipo di fattori ambientali, che finora non era stato preso in sufficiente considerazione.
Questi i principali messaggi che arrivano dalle ricerche effettuate dai ricercatori del Farncombe Family Digestive Health Research Institute della MacMaster Unversity, in Canada, pubblicati su Nature Medicine, che hanno appunto dimostrato come l’esposizione per lunghi periodi o in età perinatale al rosso allura a dosi compatibili con quelle presenti negli alimenti aumenti sensibilmente il rischio di sviluppare la sindrome del colon irritabile e, nei casi più gravi, patologie infiammatorie intestinali di tipo autoimmune come il morbo di Chron o la colite ulcerosa.
Queste malattie sono state oggetto di studi approfonditi negli ultimi anni, ma l’attenzione è sempre stata incentrata su fattori genetici oppure psico-immunologici, e molto di meno sui possibili elementi ambientali scatenanti. Per quanto riguarda questi ultimi, ci sono state diverse ricerche che hanno puntato il dito sulla dieta occidentale e, in particolare, sugli alimenti ultra-trasformati, che sono ricchi di grassi, zuccheri e sale, e carenti di fibre. Questi prodotti, tuttavia sono anche ricchi di additivi come i coloranti. A questo hanno pensato i ricercatori canadesi, il cui lavoro, convincente e completo, non a caso è stato accettato da una rivista importante come Nature. Ma ecco i principali dettagli.
I ricercatori hanno somministrato il colorante ai topi, per 12 settimane, dosi paragonabili a quelle che un essere umano può assumere consumando alimenti come caramelle, bevande, latticini, cereali da colazione e cibi per bambini, sia in modo costante che intermittente. Mentre l’assunzione irregolare non sembra aver avuto conseguenze, quella cronica ha indotto uno stato infiammatorio simile a quello della colite, e quando la somministrazione è avvenuta nelle prime settimane di vita degli animali, ha fatto diventare i topi più suscettibili all’infiammazione intestinale.
Inoltre, alla colite scatenata dal colorante è risultato associato un aumento significativo del neurotrasmettitore serotonina di provenienza intestinale, che a sua volta causa uno squilibrio del microbiota. Infine, ai sintomi e agli elevati livelli di serotonina si sono accompagnate significative variazioni della permeabilità intestinale, a ulteriore riprova di un effetto negativo del colorante che altera profondamente il normale metabolismo delle cellule dell’intestino.
Secondo gli autori, il rosso allura, compromettendo la permeabilità dell’epitelio intestinale, permette la fuoriuscita di mediatori dell’infiammazione che, a loro volta, innescano la colite e talvolta possono indurre l’autoimmunità. E ci sarebbero almeno due conferme: se si usano animali che non riescono a sintetizzare serotonina perché non hanno l’enzima necessario, non c’è colite. Inoltre, se si trapianta il microbiota di animali esposti al rosso allura in soggetti sani, presto compare la colite, o si aggrava quella eventualmente presente.
Naturalmente tutto ciò si è visto negli animali, e non è detto che accada negli uomini: occorreranno ulteriori e approfonditi studi. Ma se ci fossero conferme, le ripercussioni potrebbero essere di ampia portata, perché il rosso allura è uno dei coloranti più utilizzati dall’industria alimentare e non solo.
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Giornalista scientifica
Dopo il bianco, il rosso. C’è un colore che non fa male?
A già, ci sono i: “A partire dal 20 luglio 2010 gli alimenti contenenti i coloranti E102, E104, E110, E122, E124 ed E129 devono riportare sull’etichetta le informazioni addizionali previste nell’allegato V del Regolamento (CE) n. 1333/2008.”.
Ok, per il rosso è uno studio sugli animali ma a mia memoria gli studi sugli animali danno dopo anni o molti anni, quasi sempre, conseguenze anche sugli esseri umani o sui bambini, o sulle donne in gravidanza, o a lungo termine.
Il Bianco ovvero il biossido di Titanio, pare avere problemi più seri.
ma perché bisogna insistere ad usare i coloranti nei cibi, bevande o addirittura medicinali, quando poi, a distanza di anni o decenni, si viene a scoprire dei danni che fanno alla salute? ma davvero la cura dell’estetica nel commercio deve essere più importante degli effetti negativi che essa stessa provoca?
Bravissimo . Senza contare l’ obbrobrio della sperimentazione animale per motivi cosi’ futili
Per i medicinali, poi, si rasenta l’assurdo (v. il biossido di titanio usato massicciamente anche per terapie giornaliere della durata di anni o decenni)
Ad un topo, che peserà circa… quanto? 150 gr?… è stato somministrato per 12 settimane la dose di rosso allura che una persona di 60 kg (peso ipotetico) potrebbe assumere giornalmente. E nel povero topo si scatena una tempesta intestinale di proporzioni bibliche. Ma chi l’avrebbe mai detto.
Che i coloranti negli alimenti non siano tutta salute non è un segreto, che si usino gli animali per dimostrarlo è ridicolo. Come disse un ricercatore: “Un uomo non è una cavia di 80 chili”.
Come scritto alla fine dell’articolo, attendiamo ricerche serie, approfondite e veritiere sugli esseri umani e non sulle cavie, che sono solo una perdita di tempo. Ma a qualcuno faranno comodo, immagino.