Il Governo giapponese ha annunciato una più che probabile messa al bando del riso proveniente dalla zona di Fukushima. Per ora si tratta di un singolo raccolto, ma ci sono già dei precedenti – tagli di manzo contaminati inviati in molte aree del paese -.

Gli ispettori governativi, che in base alle specifiche linee guida verificano il riso prima e dopo il raccolto, hanno infatti trovato, in una fattoria di Onami, comune a 57 chilometri dall’impianto della Daiichi, una partita in cui la radioattività da cesio era di 630 becquerel per chilogrammo, cioè molto superiore ai 500 fissati come limite massimo di sicurezza. Il raccolto era stato di 840 chilogrammi totali, nessuno dei quali – sempre secondo il governo – è stato in alcun modo venduto o introdotto nella catena di distribuzione; la decisione finale spetta ora al Primo Ministro Yoshihiko Noda, che ha chiesto il parere di tecnici e consulenti.

L’episodio non sorprendente, né risulta inatteso. Assume una luce diversa se si considerano le prese di posizione ufficiali annunciate soltanto un mese fa, il 13 ottobre. In quell’occasione le autorità avevano dichiarato che tutte le partite di riso della zona del nuovo raccolto erano sicure e potevano essere vendute. Tanta sicurezza derivava dai risultati effettuati in 1.700 campi di 48 municipalità tutte poste al di fuori della zona di sicurezza attorno alla centrale (un anello di 20 chilometri dentro il quale tutto è stato abbandonato). Le analisi avevano dato come risultato peggiore, in un solo caso, un valore di 480 becquerel, nella zona di Nihonmatsu. Nei mesi precedenti c’erano stati divieti parziali e totali riguardanti gli spinaci, i funghi, la carne, il tè e il latte della zona ma anche di fattorie distanti fino a 360 chilometri da Fukushima.

Con il riso, tuttavia, la faccenda è assai più grave, perché il cereale è un pilastro dell’alimentazione, della cultura e dell’economia del Sol Levante: il paese nel 2010 ne ha esportato quasi 1.900 tonnellate, proveniente per il cinque per cento proprio dalla zona di Fukushima. Al di là dei divieti, secondo le associazioni dei coltivatori la produzione della zona è già sensibilmente calata perché i consumatori diffidano e secondo stime ufficiali il raccolto del 2012 sarà il più scarso degli ultimi quattro anni.

Inoltre uno studio   effettuato da un team internazionale  di ricercatori e appena pubblicato su PNAS ha concluso: “La dispersione del cesio 137 nella zona non è stata anco ra quantificata con precisione ed è quindi difficile esprimersi  sui  livelli di contaminazione del suolo. Tuttavia le misurazioni a campione mostrano un’elevata quantità di cesio nel terreno in diverse zone del Giappone nordorientale e sudorientale, mentre le zone più a ovest sono state preservate grazie alla pres enza dei monti. Attorno alla  centrale il livello di cesio raggiunge i 100.000 Becquerel per chilometro quadrato, e nella fascia più esterna scende a 10.000; laddove tale contaminazione non scenda sarà indispensabile rimuovere il terreno. In definitiva, la situazione è grave ed è probabile che essa danneggi gravemente la produzione agricola”.

 

Agnese Codignola.