Le zuppe di verdure e le minestre pronte nel banco frigorifero dei supermercati sono a rischio botulino. È assolutamente necessario farle bollire prima di servire a tavola
Le zuppe di verdure e le minestre pronte nel banco frigorifero dei supermercati sono a rischio botulino. È assolutamente necessario farle bollire prima di servire a tavola
Roberto La Pira 10 Aprile 2014La storia del giovane 33enne ricoverato in gravi condizioni all’ospedale di Verona dopo aver mangiato una zuppa contenente la tossina del botulino si potrebbe ripetere con altre minestre comprate al supermercato. Purtroppo è proprio così, perché il trattamento termico durante il processo produttivo non è programmato per eliminare le spore del botulino. Per questo motivo se il vasetto è conservato male, fuori dal frigorifero o si verificano altre condizioni favorevoli lungo la filiera, le spore possono germinare e produrre la pericolosissima tossina del botulino con il serio rischio di causare anche la morte a chi dovesse consumare la minestra. Certo le probabilità sono poche, ma esistono e il rischio non è quello di un mal di pancia.
Quanto accaduto con la zuppa Zerbinati rappresenta un grave episodio che nel contesto della sanità pubblica viene definito un “evento-sentinella”, utile per attivare una verifica e un confronto ad alto livello tra autorità sanitarie e rappresentanti delle imprese.
Prima di procedere va ribadito come nelle tossinfezioni da botulino, l’unica cosa certa è che le spore sono già presenti nel vasetto quando il prodotto esce dallo stabilimento. Questo può verificarsi perché l’unico trattamento che neutralizza le spore è un riscaldamento a 121°C per tre minuti che le aziende non fanno (*).
A riprova di quanto sia seria la situazione lo dimostra la stessa Zerbinati che in questi giorni ha modificato le diciture in etichetta. Se prima invitava a “versare nella pentola e scaldare a fuoco lento per alcuni minuti”, adesso consiglia di “scaldare a fuoco vivo fino ad inizio ebollizione”. Si tratta di un cambiamento fondamentale perché portando il contenuto all’ebollizione, l’eventuale tossina del botulino presente nel minestrone o nella zuppa di verdure viene neutralizzata. Questa sicurezza non si ha invece scaldando la vaschetta a fuoco lento per alcuni minuti.
Il problema non è marginale visto che questi prodotti classificati come REPFED (Refrigerated Processed Food with Extended Durability), ovvero cibi refrigerati pronti all’uso chiamati anche di quinta gamma, sono molto richiesti dal mercato perché non contengono conservanti e sono comodi da usare.
“Tale trattamento termico non è in grado di eliminare le spore dei clostridi produttori di tossine botuliniche eventualmente presenti – precisano dal Centro Nazionale di Riferimento per il Botulismo dell’Istituto Superiore di Sanità – quindi al fine di garantirne la sicurezza microbiologica, questi prodotti devono essere necessariamente mantenuti in condizioni di refrigerazione per tutta la loro vita commerciale. Infatti, fino a quando le confezioni restano in frigorifero non ci sono problemi, perché le spore non sono in grado di germinare, moltiplicarsi e produrre le tossine. Il rischio si può manifestare quando la catena del freddo viene interrotta durante la vita commerciale del prodotto dalle fasi di post produzione fino alla conservazione domestica. Nonostante la temperatura media dei frigoriferi di casa sia maggiore di quella raccomandata (come emerge da studi effettuati a livello europeo) i casi di botulismo certamente correlati al consumo di questa tipologia di alimento sono rarissimi. In Italia, paese in cui la prevalenza del botulismo è tra le più alte in Europa, la malattia è comunque rara (circa 20 casi/anno) e quasi esclusivamente correlata al consumo di conserve alimentari di preparazione domestica.
Alla luce della situazione ora descritta è assolutamente necessario – continuano gli esperti – leggere attentamente e applicare scrupolosamente le prescrizioni riportate in etichetta in merito alle modalità di conservazione e preparazione. Sarebbe, altresì, auspicabile che i produttori, nello studio dei loro processi tecnologici, considerando anche gli eventuali rischi associati all’inosservanza delle loro prescrizioni, implementassero strategie per ridurre ulteriormente o eliminare il già basso rischio botulismo”.
Prendendo atto di queste considerazioni e notando che alcuni produttori consigliano la conservazione in frigorifero a + 2°C (standard molto difficile da garantire) è vivamente consigliato fare bollire la zuppa o la minestra prima di metterla nel piatto (come indica Zerbinati nelle nuove etichette, prontamente modificate dopo l’incidente dei giorni scorsi).
Negli ultimi anni sono stati registrati due casi di botulino proprio su queste zuppe e il motivo è sempre lo stesso, la presenza delle spore nel vasetto confezionato perché le aziende non effettuano l’unico trattamento termico in grado di eliminare tutte le spore del botulino,121°C per tre minuti.
Un’alternativa valida sarebbe aggiungere alla minestra un additivo come il sorbato di potassio (E 202) , ma questo inficerebbe la natura salutistica del prodotto pubblicizzato come minestre senza additivi. Infine un’ultima nota dell’Istituto Superiore di Sanità consiglia, dopo l’apertura, di conservare la zuppa in frigorifero e di consumarla entro due giorni.
(*) Per garantire la sicurezza microbiologica Zerbinati fa una prima cottura delle verdure per 55 minuti a 101°C, poi mette insieme tutti gli ingredienti nei singoli vasetti dove vengono nuovamente sottoposti ad un trattamento di 55 minuti a 101°C per poi essere raffreddate e conservate in frigorifero, ma questo non elimina le spore del botulino.
AGGIORNAMENTO E APPROFONDIMENTO
Per le notizie più aggiornate sulla vicenda del giovane e sulle precauzioni d adottare nei confronti di queste minestre refrigerate leggi l’articolo del 11 aprile 2014 .
Roberto La Pira
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
@giuliano: certo, non intendevo che la responsabilità sia solo della GDO, come ho citato i produttori, le stesse responsabilità le hanno i trasportatori, i centri logistici, e ovviamente i consumatori.
@enrico: sono d’accordo con lei. Quello che però non condivido è che si facciano (giustamente) “le pulci” ad un produttore per un evento raro (gravissimo eh, sia chiaro!), mentre non si dica niente per mancanze altrettanto gravi nella gestione della catena del freddo da parte di tutti gli operatori che mettono potenzialmente ogni giorno a rischio la vita dei consumatori. Non si muore di solo botulino…Non voglio tediare ancora con la listeria, ma si muore anche di quella e la troviamo citata praticamente ogni settimana nelle allerte del RASFF…Quei morti si devono considerare accettabili e inevitabili come si accettano le temperature non conformi dei banchi frigo dei punti vendita? Lo ripeto e so di essere noioso, ma sono ancora in attesa di una risposta a questa domanda: perchè viene imposto di bollire il prodotto di Zerbinati (e va benissimo, la sicurezza prima di tutto), mentre invece si tollera che un consumatore possa acquistare un prodotto potenzialmente a rischio listeria (gorgonzola, pancetta, briè…) che quasi certamente consumerà tal quale e non cotto o bollito?? Perchè questa differenza?
E lo ripeto, non è una domanda polemica, è solo una domanda…
Relativamente alla Listeria ci sono comunque linee guida europee per la determinazione della shelf-life, che prevedono di considerare le cosiddette “temperature di abuso” sia presso la distribuzione, sia presso il consumatore. Per brevità diciamo che viene richiesto che gli studi siano effettuati fino a 12 °C, verificando che nel corso della shelf-life attribuita al prodotto sia comunque rispettato il criterio di sicurezza microbiologica.
Mi meraviglia comunque che per prodotti di questo tipo la cui sicurezza, legata ad eventuale sviluppo di microflora patogena per interruzione della catena del freddo, vuoi nella fase distributiva, vuoi in modo ancor più incontrollabile presso il consumatore finale, una seria e corretta analisi HACCP non preveda una misura preventiva costituita da qualcosa che in carenza di freddo impedisca tale sviluppo microbico. Sto parlando di banali ed innocui antifermentativi, come il sorbato. Il fatto è che la presenza di questi UTILISSIMI “conservanti” (per lo più di origine naturale)è stata demonizzata a tal punto da stampa e consumeristica da far diventare il claim della loro assenza (senza conservanti) perfino un prerequisito irrinunciabile tale da incidere in modo abnorme ed enorme sul successo commerciale dei prodotti. Al punto che qualunque pubblicità, e moltissime etichette recano la scritta “senza conservanti” anche dove non ce n’è bisogno(e in questo caso fuori legge ma senza che la magistratura intervenga), ed è diventato il ritornello di tutti i dettaglianti.