Le zuppe di verdure e le minestre pronte nel banco frigorifero dei supermercati sono a rischio botulino. È assolutamente necessario farle bollire prima di servire a tavola
Le zuppe di verdure e le minestre pronte nel banco frigorifero dei supermercati sono a rischio botulino. È assolutamente necessario farle bollire prima di servire a tavola
Roberto La Pira 10 Aprile 2014La storia del giovane 33enne ricoverato in gravi condizioni all’ospedale di Verona dopo aver mangiato una zuppa contenente la tossina del botulino si potrebbe ripetere con altre minestre comprate al supermercato. Purtroppo è proprio così, perché il trattamento termico durante il processo produttivo non è programmato per eliminare le spore del botulino. Per questo motivo se il vasetto è conservato male, fuori dal frigorifero o si verificano altre condizioni favorevoli lungo la filiera, le spore possono germinare e produrre la pericolosissima tossina del botulino con il serio rischio di causare anche la morte a chi dovesse consumare la minestra. Certo le probabilità sono poche, ma esistono e il rischio non è quello di un mal di pancia.
Quanto accaduto con la zuppa Zerbinati rappresenta un grave episodio che nel contesto della sanità pubblica viene definito un “evento-sentinella”, utile per attivare una verifica e un confronto ad alto livello tra autorità sanitarie e rappresentanti delle imprese.
Prima di procedere va ribadito come nelle tossinfezioni da botulino, l’unica cosa certa è che le spore sono già presenti nel vasetto quando il prodotto esce dallo stabilimento. Questo può verificarsi perché l’unico trattamento che neutralizza le spore è un riscaldamento a 121°C per tre minuti che le aziende non fanno (*).
A riprova di quanto sia seria la situazione lo dimostra la stessa Zerbinati che in questi giorni ha modificato le diciture in etichetta. Se prima invitava a “versare nella pentola e scaldare a fuoco lento per alcuni minuti”, adesso consiglia di “scaldare a fuoco vivo fino ad inizio ebollizione”. Si tratta di un cambiamento fondamentale perché portando il contenuto all’ebollizione, l’eventuale tossina del botulino presente nel minestrone o nella zuppa di verdure viene neutralizzata. Questa sicurezza non si ha invece scaldando la vaschetta a fuoco lento per alcuni minuti.
Il problema non è marginale visto che questi prodotti classificati come REPFED (Refrigerated Processed Food with Extended Durability), ovvero cibi refrigerati pronti all’uso chiamati anche di quinta gamma, sono molto richiesti dal mercato perché non contengono conservanti e sono comodi da usare.
“Tale trattamento termico non è in grado di eliminare le spore dei clostridi produttori di tossine botuliniche eventualmente presenti – precisano dal Centro Nazionale di Riferimento per il Botulismo dell’Istituto Superiore di Sanità – quindi al fine di garantirne la sicurezza microbiologica, questi prodotti devono essere necessariamente mantenuti in condizioni di refrigerazione per tutta la loro vita commerciale. Infatti, fino a quando le confezioni restano in frigorifero non ci sono problemi, perché le spore non sono in grado di germinare, moltiplicarsi e produrre le tossine. Il rischio si può manifestare quando la catena del freddo viene interrotta durante la vita commerciale del prodotto dalle fasi di post produzione fino alla conservazione domestica. Nonostante la temperatura media dei frigoriferi di casa sia maggiore di quella raccomandata (come emerge da studi effettuati a livello europeo) i casi di botulismo certamente correlati al consumo di questa tipologia di alimento sono rarissimi. In Italia, paese in cui la prevalenza del botulismo è tra le più alte in Europa, la malattia è comunque rara (circa 20 casi/anno) e quasi esclusivamente correlata al consumo di conserve alimentari di preparazione domestica.
Alla luce della situazione ora descritta è assolutamente necessario – continuano gli esperti – leggere attentamente e applicare scrupolosamente le prescrizioni riportate in etichetta in merito alle modalità di conservazione e preparazione. Sarebbe, altresì, auspicabile che i produttori, nello studio dei loro processi tecnologici, considerando anche gli eventuali rischi associati all’inosservanza delle loro prescrizioni, implementassero strategie per ridurre ulteriormente o eliminare il già basso rischio botulismo”.
Prendendo atto di queste considerazioni e notando che alcuni produttori consigliano la conservazione in frigorifero a + 2°C (standard molto difficile da garantire) è vivamente consigliato fare bollire la zuppa o la minestra prima di metterla nel piatto (come indica Zerbinati nelle nuove etichette, prontamente modificate dopo l’incidente dei giorni scorsi).
Negli ultimi anni sono stati registrati due casi di botulino proprio su queste zuppe e il motivo è sempre lo stesso, la presenza delle spore nel vasetto confezionato perché le aziende non effettuano l’unico trattamento termico in grado di eliminare tutte le spore del botulino,121°C per tre minuti.
Un’alternativa valida sarebbe aggiungere alla minestra un additivo come il sorbato di potassio (E 202) , ma questo inficerebbe la natura salutistica del prodotto pubblicizzato come minestre senza additivi. Infine un’ultima nota dell’Istituto Superiore di Sanità consiglia, dopo l’apertura, di conservare la zuppa in frigorifero e di consumarla entro due giorni.
(*) Per garantire la sicurezza microbiologica Zerbinati fa una prima cottura delle verdure per 55 minuti a 101°C, poi mette insieme tutti gli ingredienti nei singoli vasetti dove vengono nuovamente sottoposti ad un trattamento di 55 minuti a 101°C per poi essere raffreddate e conservate in frigorifero, ma questo non elimina le spore del botulino.
AGGIORNAMENTO E APPROFONDIMENTO
Per le notizie più aggiornate sulla vicenda del giovane e sulle precauzioni d adottare nei confronti di queste minestre refrigerate leggi l’articolo del 11 aprile 2014 .
Roberto La Pira
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Buongiorno,
interessanti le considerazioni ma una cosa mi sfugge…
Essendoci stata crescita, visto che la produzione di tossina avviene solitamente al termine della fase di crescita esponenziale, il consumatore non avrebbe dovuto notare il bombaggio della confezione? Una delle regole base sulla sicurezza alimentare è di non consumare confezioni gonfie.
Stefano abbiamo risposto in un articolo di oggi 11 aprile al suo quesito
At what temperature was the soup stored by the consumer? For shelf lives greater than 10 days a process of at least 90C for 10 mins (or equivalent) is required by European industry guidelines. Was that used by the manufacturer?
At what temperature was the soup stored by the consumer? We don’t know
For shelf lives greater than 10 days a process of at least 90C for 10 mins (or equivalent) is required by European industry guidelines. Was that used by the manufacturer?
To ensure the microbiological safety Zerbinati is a first cooking of the vegetables for 55 minutes at 101 ° C, then puts together all the ingredients in individual jars where they are again subjected to a treatment of 55 minutes at 101 ° C and then cooled and stored in refrigerator, but this does not eliminate the spores of the botulinum toxin.
Nelle produzioni industriali il fenomeno del botulismo era virtualmente scomparso, e non perché le istruzioni al consumatore fossero chiare, ma perché l’industria aveva adottato procedure adeguate. Se tutte le persone bollissero il latte, non servirebbe la pastorizzazione.
Non si può scaricare sul consumatore un rischio di questo tipo.
I casi in Italia sono rari, ma è anche uno dei pochi paesi in cui si continuano a segnalare casi o rischi legati a prodotti industriali. Abbiamo più casi degli altri anche perché a livello industriale si sono introdotti prodotti – è anche il caso del pesto ligure di qualche mese fa – che non danno le stesse garanzie di sicurezza dei loro predecessori? Bisognerebbe avere accesso ai dati per dirlo.
Condivido il messaggio dell’ISS, ma non basta: se un alimento non è acido, ci vogliono i conservanti.
Io aggiungerei anche che in molti prodotti nelle diciture in etichetta, relative alle modalità di preparazione, andrebbe chiarito se lo scopo è quello di garantire la sicurezza del prodotto oppure solo quello di ottenere le migliori caratteristiche organolettiche. Credo che il consumatore non sempre sappia se il mancato rispetto di un indicazione sulla preparazione comporta un rischio sanitario; quindi qualcuno potrebbe anche decidere che preferisce la zuppa “fredda” se non è chiaro che il trattamento termico fatto prima del consumo serve a garantire la sicurezza del prodotto. Spesso le etichette di molti prodotti RTE enfatizzano la velocità di preparazione e il fatto che il prodotto è “già pronto” quindi il consumatore è indotto a ritenerlo un prodotto che si può consumare “tal quale” come una scatoletta di tonno o fagioli sterilizzata.
L’analisi dell’articolo è ineccepibile, tra l’altro pensavo che il trattamento termico di quel tipo di prodotti fosse più blando. Nel momento in cui arrivano a 101 °C credo che potrebbero arrivare tranquillamente a 121 °C senza degradazione organolettica del prodotto, quindi se non lo fanno probabilmente il problema è di natura tecnologica. Ma non è questo il punto.
Io resto qui, pazientemente ad aspettare e assolutamente senza intenti polemici, che qualcuno mi spieghi perchè ci devono essere prodotti di serie A e di serie B e, di conseguenza, morti di serie A e di serie B.
La listeriosi, come ho avuto già modo di scrivere, ha causato, nel 2011, 134 decessi segnalati da 19 paesi membri UE. Utilizzando quindi lo stesso criterio usato per il caso Zerbinati, mi aspetterei che, visto che la listeria si elimina a 65 °C, venisse imposto che sulle confezioni di gorgonzola del supermercato ci fosse scritto “consumare previa cottura”.
I morti sono morti in entrambi i casi…o no?
Voi che ne sapete certamente più di me, potete spiegarmi dove sta la falla in questo mio ragionamento? Grazie
Grazie per l’input.
Alessandro, anche io pensavo il trattamento fosse più blando. Sarebbe interessante avere più notizie sulle caratteristiche del botulino implicato.
Esistono morti di serie A e di serie B? No, ma il terreno dei paragoni è sempre eticamente scivoloso: se muiono più persone per incidenti d’auto, perché interessarsi della sicurezza alimentare?
In questo caso specifico, esiste da decenni una possibilità semplice di eliminare un rischio grave; una nuova tecnologia/minore attenzione (olive)/nuovi prodotti (pesto a rischio di tempo fa) hanno reintrodotto un rischio che era stato eliminato. Il piano è, secondo me, completamente diverso. Per questo, morti o casi di malattia sono ancora meno accettabili di quelli per listeriosi, problema sul quale, è vero, si fa poco e sul quale in parte non c’è una soluzione del tutto soddisfacente. Altrimenti, d’altro canto, si dovrebbe dedurre che si potrebbe ridurre ogni misura di sicurezza alimentare finché non è peggio della situazione attuale per epatite A, listeria, ecc, e allora tanto varrebbe ignorare limiti su metalli pesanti, diossine, e così via.
Invece la promessa – anche legale – degli alimenti è che chiunque possa consumarli senza preoccupazioni (il che non significa che ogni rischio teorico sia a zero, ma che i rischi reali siano praticamente non rilevabili).
121C/3 mins is the standard process for production of canned/ambient-stable foods, i.e. targeting mesophilic/proteolytic C. botulinum which grows above 10C. For chilled foods the target sporeformer is psychrotrophic/non-proteolytic C. botulinum, which grows at ca 2.5C. Chilled storage is required plus a standard minimum process of 90C/10 mins. For Listeria control a minimum of 70C/2 mins is the standard process. Delivering a botulinum-targeted process will deal with Listeria as long as post-process contamination does not take place.
Gentile Alessandro, comprendo l’input ma dissento sull’esempio del gorgonzola: avete mai provato a cuocere il gorgonzola prima di consumarlo? Non avrebbe senso. E la storia del gorgonzola come di tutti gli altri formaggi è nettamente + lunga di quella delle zuppe pronte non appertizzate, con una tradizione che dovrebbe essa stessa suggerire le GMP da utilizzare per evitare la listeria. Si tratta di prodotti completamente diversi.
A mio avviso tra cuocere a 101 gradi e a 121 gradi la differenza, invece, c’è, a non solo di carattere economico, ma anche organolettico. Diciamo piuttosto che l’analisi del rischio sulle zuppe non è esaustiva, non ha preso in considerazione il botulino in tutte le fasi: forse andrebbe ripensata, ma sul come lascio la parola agli esperti del settore.
Sig. Guido, è ovvio che non ha senso cuocere il gorgonzola prima di consumarlo. Come è ovvio che i 134 morti causa listeria nel 2011 non sono dovuti tutti (o forse nemmeno uno) al gorgonzola. La mia era una provocazione per spiegare il mio concetto.
Il gorgonzola ha storia e tradizione, non ci sono dubbi. Proprio basandoci sui dati storici possiamo tranquillamente affermare che la listeria nel gorgonzola è sicuramente molto più frequente di quanto non sia il botulino in prodotti come quelli di Zerbinati…e allora come la mettiamo? Non trovo uniforme il criterio secondo il quale da una parte si “obbliga” a sterilizzare un prodotto (e ben venga la sicurezza eh, non vorrei essere frainteso), mentre, dall’altra, non si fa nulla perchè non ci sono alternative (perchè è evidente che nel processo produttivo del gorgonzola la listeria non si può eliminare se c’è…). Per questo parlo di morti di seria A e morti di serie B. Capisco e in parte condivido il punto di vista di Luca, ma non la conclusione…E’ proprio perchè chiunque dovrebbe avere la garanzia di consumare prodotti salubri che la questione listeria e la questione botulino dovrebbero essere trattate alla stessa maniera…
E lo ribadisco di nuovo: io non ho niente contro il gorgonzola che adoro e divoro ogni volta che ne ho la possibilità…
Alessandro, capisco il tuo punto di vista. Ma seguendo il tuo ragionamento, visto che gli avvelenamenti o anche i casi teorici da additivi sono molto meno dei casi di salmonellosi, si dovrebbero eliminare limiti e controlli sugli additivi – anche così quasi sicuramente la salmonellosi farebbe più danni. Vogliamo tornare indietro?
La raccomandazione di bollire la zuppa vale anche per quelle che non prevedono conservazione in frigorifero? Per capirci, tipo le zuppe pronte della Knorr, in brick o lattina.
Grazie.
No solo per quelle da conservare in frigorifero e che si trovano nel banco frigo dei supermercato
Le discussioni che leggo sono appassionanti ma su alcune delle questioni poste dissento.
Innanzi tutto spezziamo, almeno una volta, una lancia in favore dell’Italia. Rispetto ad altri paesi qui da noi la sorveglianza è ben fatta e il numero dei casi di botulismo è maggiore soprattutto per questo motivo. Vagonate di letteratura scientifica dimostrano che nei paesi in cui esistono programmi di sorveglianza specifici per il botulismo (ciò è valido anche per altre patologie) il numero dei casi è maggiore. Se si cercano…. si trovano!!!!!!
Rispetto ai trattamenti termici penso che se si applicasse un processo di sterilizzazione commerciale (121°C) il prodotto risultante sarebbe una conserva poco acida e non un REPFED. Maggiormente sicura ma non un prodotto fresco. Forse bisognerebbe aumentare l’informazione ai consumatori rispetto a questi prodotti REPFED, in modo che possano essere consumati in tutta sicurezza, al pari delle conserve. A questo proposito Il Fatto Alimentare, considerata la sua grande diffusione, potrebbe svolgere un importante ruolo. Spero che il Dr La Pira voglia dare a questo argomento ancora più spazio.
Non sono in grado di giudicare la sorveglianza di botulismo degli altri paesi, salvo osservare che il botulismo ha una tale gravità da sfuggire meno facilmente alla sorveglianza. Sulle altre malattie trasmesse dagli alimenti, non certo per colpa dell’Istituto Superiore, facciamo una pessima sorveglianza: è ampiamente documentato per la listeriosi (sulla quale pure l’Istituto si è impegnato molto), alcune proprio non le sorvegliamo (campilobatteriosi, per esempio), su altre (salmonellosi) i dati dimostrano che la sorveglianza è scarsa, e non certo per colpa – lo dico di nuovo – di chi questi dati li raccoglie.
Non sono esperta delle filiere alimentari ma, studiando medicina, con la microbiologia me la cavo e ho anche fatto due stage in un laboratorio d’analisi alimentare, dove si analizzavano campioni di formaggi e alimenti vari. Andavamo a ricercare il Campylobacter, lo Pseudomonas, le aflatossine, la Listeria, muffe e lieviti, per cui non penso che la sorveglianza sia così pessima… Voglio dire che c’è chi analizza dei campioni per verificarne la presenza (non penso che fosse l’unico laboratorio a farlo).
La sorveglianza si fa sui casi umani, non sui microorganismi negli alimenti.
Luca, non vorrei essermi espresso male.
Io non sto dicendo che visto che i casi di botulino sono più rari non vadano applicate le soluzioni affinchè anche questi rari casi vengano ridotti a zero! Su questo è ovvio che sono d’accordo: c’è un modo per eliminare il rischio, usiamolo! Dall’altra parte però mi fa specie pensare che ci siano prodotti a rischio listeria (e quidni, perdonatemi l’esagerazione, potenzialmente killer) che sono liberamente acquistabili ogni giorno, e per i quali il rischio è tollerato solo perchè non c’è a disposizione una soluzione che lo elimina (perchè appunto il gorgonzola non si cuoce)…
Poi, io non sono un tecnico, uso soltanto il mio buon senso, quindi può essere che non abbia inteso correttamente il tuo ragionamento…
Signori, giusto per entrare in discorso… lascereste mai una giornata fuori dal frigo un pezzo di gorgonzola per poi mangiarlo????
Un trattamento termico di 90°Cx10′ è sufficiente a dare 6 rid di Cl Bot. non proteolitico; il Cl Botulinum proteolitico non cresce sotto 10°C, quindi non necessariamente c’è bisogno di una sterilizzazione. Sterilizzare un prodotto del genere significherebbe stravolgerne le caratteristiche sensoriali, oltre che conferire un costo maggiore (tempi di trattamento, consumo di vapore e nuovi materiali)ed inutile all’azienda.
E ancora…Il trattamento 101°Cx55′ è il trattamento nel prodotto o il processo impostato dall’autoclave?
Non è necessario tenere il gorgonzola fuori dal frigo, considerando il range di temperatura di crescita della listeria la temperatura media rilevabile nei frigoriferi di casa…
Se il prodotto ha subito i trattamenti termici previsti di 10 F 90 al cuore, è privo di spore botuliniche capaci di accescersi nel prodotto mantenuto refrigerato.
Non è però privo di altre spore botuliniche capaci di accrescersi a temperatura ambiente (sopra i 10 °C), ma che un prodotto destinato al frigorifero diventi pericoloso fuori dal frigorifero è una (mortale) ovvietà.
Non aiuta la chiarezza il riferiento ai trattamenti termici applicati, decritti come coppie tempo/temperatura che non dicono nulla, e non come valore di sterilizzazione fornito al cuore del prodotto: l’unico dato che ci possa indicare la correttezza del trattamento.
In sintesi: se l’industria applica in modo stringente le GMP sul trattamento termico dei prodotti refrigerati e se il prodotto è correttamente conservato in frigorifero entro la data di scadenza, allora è sicuro.
Se si mette in dubbio (magari a ragione) la sicurezza della la catena del freddo, allora TUTTI i prodotti refrigerati con pH superiore a 4.6 devono essere considerati pericolosi, non solo i minestroni.
Vogliamo bollire anche il pesto alla genovese?
Nel caso specifico, l’individauzione del tipo di botulino coinvolto indicherebbe con certezza se il problema è originato dal processo industriale o dalla cattiva conservazione.
Sono convinto che una verifica rigorosa dei trattamenti industriali applicati ed una verifica capillare della gestione della catena del freddo non sia più dilazionabile.
marco.luzzini@fastwebnet.it
tel: 335 8251749
Condivido parola per parola l’intervento del sig. Luzzini e lo ringrazio per aver espresso in un modo decisamente più chiaro ed efficace di quanto sia riuscito a fare io alcuni punti fondamentali nella discussione, ovvero: che tutta la V gamma refrigerata con ph superiore a 4.6 sia a rischio (secondo la logica utilizzata per questo caso) e l’importanza dei controlli della corretta applicazione della catena del freddo in tutte le fasi, compresi i banchi frigo della GDO.
Interessante discussione!
Mi intrometto anch’io nei vostri condivisibili ragionamenti tecnici dicendo che bisognerebbe INIZIARE a migliorare la comunicazione per far comprendere ai consumatori l’importanza delle modalità di conservazione e delle date di scadenza.
Informare cioè sui reali rischi che incorre un consumatore se non rispetta tali indicazioni (anche la morte sì, esattamente come si fa sulle sigarette!).
Ho la sensazione da addetto del settore che manca questa percezione nel consumatore medio (quante volte ci sentiamo dire frasi tipo “non mi ha mai fatto male” o peggio “non è mai morto nessuno”…).
Bisogna educare anche alla corretta gestione oltre che migliorare i controlli e ridefinire i parametri di processo.
Forse così tra qualche anno avremo tutti frigor di casa con display di temperatura…
Buongiorno, dal punto di vista tecnico ciò che dice Luzzini è corretto, ma visto che nei supermercati le temperature di refrigerazioni sono molto variabili, a volte superano addirittura i 10°C, perché gli stessi gestori non conoscono la pericolosità di questi prodotti.
Io ritengo che il ministero dovrebbe “obbligare” i produttori ad immettere sul mercato un prodotto esente da rischi per il consumatore, quindi con un F121 di almeno 3 minuti, che inattiva le spore botuliniche.
La quinta gamma, sui prodotti non acidi ( pH >4,6) è veramente molto a rischio.
Non è possibile che il ministero della salute, abbia continuato a far vendere a Zerbinati, facendo apporre un bollino che ribalta la responsabilità al consumatore, cioè che deve bollire il prodotto…. è veramente ASSURDO.
Mi scusi Enrico, ma se i banchi frigo non rispettano le corrette temperature di stoccaggio vogliamo o non vogliamo controllare e sanzionare chi ne è responsabile, cioè la GDO? Perchè non si fa questo? Trovo assurdo che si chieda che i produttori vengano “obbligati” a riconsiderare e stravolgere i loro processi, invece di chiedere che i punti vendita vengano obbligati a rispettare la legge che regola le temperature di stoccaggio…
Si torna sempre al solito discorso: non si possono trattare tutti i prodotti di V gamma a 121° C, e allora cosa si fa? se ne vieta la vendita?
Alessandro, ma anche i frigoriferi di casa non rispettano le temperature . E poi perché i produttori non scrivevano sull’etichetta di fare bollire prima del consumo?
Ognuno deve fare la sua parte!
Le aziende devono continuare a migliorare i loro processi. Questo nella gran parte dei casi viene fatto, nessun operatore di settore vuole essere coinvolto in casi come quello di Zerbinati.
Dalla loro i trasporatori, i concessionari, i rivenditori (GDO e piccoli esercenti) ma anche i consumatori devono rispettare la catena del freddo!
Per farlo bisogna meglio sensibilizzare sui rischi che si corrono se non vengono rispettate le giuste regole di conservazione.
E su questo punto siamo più deboli.
Come si può fare?
Facendo inFORMAZIONE attendibile.
Dott. La Pira, non voglio insistere, ma mi scusi, non credo che il problema dei frigoriferi di casa debba essere l’alibi che consente alla gdo di non rispettare le temperature…il discorso è diverso: se l’Asl durante un controllo in un’azienda qualunque riscontra la temperatura delle celle di stoccaggio fuori norma secondo lei cosa fa? Lascia perdere perchè tanto i frigoriferi di casa sono a 10 gradi? Mi augurerei di no…Tutti i prodotti che per loro natura sono a rischio (ph alto, impossibilità di sterilizzazione, anaerobiosi…), come li gestiamo allora? Non tutti si possono bollire o sterilizzare…e allora chiedo ancora, cosa ne facciamo? Ne vietiamo la vendita perché i frigoriferi di casa sono a 10 gradi o pretendiamo che OSA rilevanti come la gdo utilizzino strutture che garantiscano il rispetto delle temperature secondo le norme previste dal pacchetto igiene? L’ho già chiesto in passato: perchè questa reticenza a trattare questo aspetto? Perchè le mancanze della gdo (verificabili ogni giorno, basta fare la spesa) devono essere tollerate e date per scontato? E questo ovviamente non scagiona Zerbinati dalle proprie responsabilità, ma il problema va trattato nella sua completezza, andando anche oltre il caso specifico…
Alessandro, proprio per completezza e guardando oltre come dici, è giusto soffermarsi su tutta la distribuzione del prodotto.
Il problema non riguarda solo la GDO come dici.
Credo che la carenza di sensibilità e coscienza coinvolge tutto il collettivo che si occupa della catena del freddo, consumatore non escluso.
Ma se io devo andare al supermercato, perdere almeno 20 minuti là dentro, consumare carburante e molti più soldi di quanto costino in realtà le materie prime, tornare a casa e far bollire la zuppa (altri 10 minuti)così si ritira e anzichè una ne dovrò comprare due… Ma non faccio prima a farmela da sola?
E’ mai possibile che siamo arrivati al punto che nemmeno un uovo sodo ci facciamo più da soli?
Buongiorno Alessandro,
concordo con lei che i banco frigo dovrebbero rispettare le temperature indicate in etichetta dei vari prodotti, purtroppo le posso assicurare che ciò non accade e che nessun ente di controllo è mai intervenuto.
A questo punto, o qualcuno si sveglia e sanziona tutta la GDO e la obbliga a rispettare le temperatura e sicuramente sarebbe la cosa più giusta, oppure in alternativa dobbiamo richiedere ai fornitori che questi prodotti non abbiano rischi letali, in caso di temperatura non corretta.
Non basta mettere in etichetta l’avviso di bollire il prodotto è veramente troppo rischioso.