Il nuovo rapporto del relatore speciale ONU per il Diritto al Cibo, Olivier de Schutter, riaccende il dibattito sulle diete disastrose dell’Occidente.

 

Una parte del mondo combatte la denutrizione, l’altra l’obesità e il diabete, mentre il fenomeno strisciante della “fame nascosta” – causata dall’apporto deficitario di micronutrienti – dilaga in ogni dove. Olivier de Schutter è molto critico e getta benzina sul fuoco di alcuni dibattiti in corso, come quello sui junk food. Ilfattoalimentare.it illustra in anteprima il rapporto [1] presentato oggi dal Relatore speciale alle Nazioni Unite.

 

De Schutter, che é anche professore di diritto all’Università cattolica di Lovain-La Neuf (Belgio), offre la propria lettura sull’evoluzione del diritto al cibo dagli anni ’60 ad oggi: la questione si sarebbe spostata dalla quantità alla qualità degli alimenti e quindi dal diritto a nutrirsi a sufficienza, verso il diritto a una ‘dieta adeguata’. Un miliardo di persone sul pianeta è sovrappeso, 300 milioni sono obese, mentre un essere umano su sette è denutrito. E il deficit di vitamine e minerali colpisce centinaia di milioni di individui, soprattutto bambini.

 

L’attenzione di questo nuovo rapporto, curiosamente, non è tanto focalizzata sulle crisi alimentari in corso – dal Corno d’Africa  al Sahel, per non dire della malnutrizione cronica in vari Paesi dell’Asia – quanto piuttosto sulle diete “disastrose” dei Paesi sviluppati e in quelli dalle economie emergenti (come il Messico, ad esempio). Ove si annota la crescente incidenza delle malattie non trasmissibili come obesità e diabete, e le loro ripercussioni sulla spesa sanitaria pubblica.

 

Il giurista internazionale propone quindi di:

 

tassare i prodotti ad alto contenuto di grassi, zuccheri e sale. Destinare i proventi di queste nuove entrate a campagne di informazione e/o alla diffusione dei “cibi sani”,

 

imporre la riformulazione degli alimenti per ridurre i valori di grassi, zuccheri e sale. Le iniziative volontarie si sono rivelate insufficienti,

 

proibire la pubblicità di cibi “spazzatura” rivolta ai bambini, [2]

 

rivedere i meccanismi di sussidio alla produzione agricola in modo da ridurre il sostegno a mais, soia e allevamenti, incentivare invece le produzioni locali di cibi freschi.

 

Secondo de Schutter: “Urbanizzazione, supermercatizzazione e diffusione globale degli stili di vita moderni hanno scosso le tradizioni alimentari”. Il problema è “di sistema” e trova le sue cause nel commercio globale, nei cibi troppo elaborati, nelle politiche agricole attuali, nelle tecnologie con brevetto proprietario. “Il risultato è il disastro per la salute pubblica”. 2,8 milioni di persone muoiono prima dei 60 anni a causa di malattie non trasmissibili collegate alla dieta (saranno 5,1 milioni nel 2030, secondo l’OMS).

 

La visione del Relatore per una volta appare ideologica e discutibile, considerato che:

 

è forse prioritario occuparsi di quel miliardo e quattrocento milioni di esseri umani che ora vive al di sotto della soglia di povertà, condannato a fame e malnutrizione cronica, rispetto a 2,8 milioni di morti a causa di stili di vita errati. La proporzione è 500 a 1, e soprattutto i primi sono del tutto privi di scelta, i secondi qualcuna ce l’hanno: mangiare meno, muoversi di più, smettere di fumare.

 

gli stili di vita moderni hanno consentito un sensibile miglioramento della sicurezza degli alimenti in molte aree del pianeta. Sono ancora parecchie le sfide da affrontare, soprattutto riguardo la distribuzione e la conservazione dei cibi nei Paesi in via di sviluppo, ma é proprio la condivisione di tecnologie e buone prassi igienico-sanitarie ad aver consentito i progressi sinora registrati,

 

il dibattito sui “Junk food” infiamma la politica di diversi Paesi europei, [3] eppure la stessa comunità scientifica esprime dubbi sull’opportunità di distinguere i cibi in ‘buoni’ e ‘cattivi’ sulla sola base dei loro tenori di alcuni nutrienti. Un esempio su tutti, il parmigiano: potrebbe venir essere inserito nella lista nera, eppure alcuni medici o consigliano. C’é invece unanimità nel valorizzare stili di vita salutari, diete varie ed equilibrate, consumo di alimenti stagionali e locali e regolare esercizio fisico.

 

Dario Dongo e Angelo Di Mambro

 

Per saperne di più:

 

[1] il rapporto De Schutter (in inglese)

 

[2] Il Relatore speciale ha denunciato, in termini generali, la sproporzione tra gli investimenti pubblicitari nel ‘food’ (8,5 miliardi di US$, negli Stati Uniti, nel 2010) e i modesti budget per l’educazione alimentare pubblica (nello stesso anno, 44 milioni di US$ per il programma Nutrition, Physical Activity, and Obesity)

 

[3] Precedenti articoli de ilfattoalimentare.it sulla tassazione supplementare degli alimenti:

 

Danimarca e Ungheria: tasse su grassi, zuccheri e cibi confezionati. Dovrebbero promuovere la salute, ma penalizzano i meno abbienti. E, spesso, gli alimenti sani

 

Primi risultati dello studio europeo Eatwell sulle politiche nutrizionali per un’alimentazione più sana: quanto piacciono ai cittadini le direttive dei governi

 

In Europa la povertà aumenta, ma nonostante ciò i governi aggiungono tasse sul cibo